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Fuorimondo di Ornela Vorpsi: tra parola e immagine

Sapete è Dio che mi opprime

E che mi avviluppa nella sua rete.

Libro di Giobbe, 19,6

Ornela Vorpsi, scrittrice e pittrice albanese emigrata a Parigi che scrive in italiano: ‹‹una lingua di casa, e di libri›› pubblica nel 2012 per Einaudi Fuorimondo: Storia di una ragazza di oggi.

Conosciuta in Italia per il romanzo Il paese dove non si muore mai può essere accostata alle altre due scrittrici albanesi: Elvira Dones (Vergine Giurata) e Anilda Ibrahimi (Rosso come una sposa) per i temi affrontati e per l’uso della lingua. 

Il verso biblico (Libro di Giobbe, 19.6) divarica una porta: la parola e l’immagine. Il verso biblico trascina con sé l’immagine che segue per tutto il romanzo Tamar, ‹‹nata sotto il segno del tormento›› (5) della ‹‹tela›› (6) della Madonna lacrimante, un ‹‹dipinto vigile e controllava la stanza››. È quest’immagine che salta all’occhio: la Madonna lacrimante con il suo bambino, e un nome: Maria. La Vorpsi mette in scena un dipinto che fa da sfondo è l’immagine che parla. 

“Malgrado crescessi sotto gli occhi di quella tela, malgrado fossi a casa di Maria quasi ogni giorno, non mi ero mai abituata alla serietà del Dio bambino, aveva sempre un non so che di nuovo. Quegli occhi mi facevano sentire in colpa” (7)

La colpa di Tamar, un nome e nata sotto il segno del tormento, è una strada che la porta a diventare una ‹‹spettatrice››, è consapevole di esserlo e che non potrà mai ricevere l’amore di sua madre Esmé. L’Albania che la Vorpsi mette in rilievo: è l’immagine della donna distribuita al ruolo dettato dal suo genere, quello di essere madre-moglie. Questa visione della donna non è mai scissa dal suo genere, è attaccata, rappresentata da Maria e Hera, sua nuora. Hera rappresenta il simbolo della “Madonna con il suo bambino”: ‹‹Certe donne erano nate per essere mogli come Hera e lavare tutti i panni di una famiglia senza fine […] Nasciamo e tutto è già determinato, i ruoli sono distribuiti›› (20)

Uno dei Leitmotiv nella prosa della Vorpsi è indubbiamente quello della condizione della donna (Pinzi A., corpi-cerniera, in Il confine liquido, Rapporti letterari e interculturali fra Italia e Albania [cura] di E., Bond, Nardò 2013, p. 167-184)

Tamar, nome biblico è solo una spettatrice che segue con lo sguardo dalla sua stanza, il mondo di Dolfi e di Manuela.  È un nome e un corpo in perenne conflitto con la madre Esmé, che evoca solo l’immagine del suo bambino defunto, il piccolo Rafi annegato. È un nome che la condanna all’esistenza di non poter amare e di essere solo spettatrice e contenitrice delle confidenze di Dolfi. 

Il mondo circondato da Tamar è rappresentato dalla bellezza e morte, un binomio fortissimo che esplode nell’immagine suicida di Manuela, ‹‹una grazia nata dalla mancanza della bellezza›› (23). La bellezza denota la ‹‹puttaneria›› (come la zia Lali che ‹‹colleziona cuori››) termine usato dalla Vorpsi ne Il paese dove non si muore mai (Einaudi 2005) che raffigura la possibilità di rovinarsi la reputazione accogliendo sguardi desiderati e (in)discreti degli uomini, rappresenta però anche la libertà di sciogliersi dal binomio di madre-moglie. Le bambine vengono sin da piccole erotizzate e sessualizzate, ma anche demonizzate per la loro bellezza; è il caso della bambina prostituta nel romanzo di Ornela Vorpsi, Il paese dove non si muore mai.

La figura di Manuela davanti alla porta di Maria per vedere il suo Dolfi, il figlio bello violinista(ex) di Maria denota la staticità raffigurata dal suo genere. 

“Manuela veniva tutti i giorni nella nostra via, era lei la ragazza che indugiava di più nella terra dello smarrimento” (22)

La terra dello smarrimento: è così che Tamar disegna l’immagine della “staticità” delle donne, in cui la terra elemento femminile che riproduce la fertilità, va a rappresentare anche l’elemento della morte. La terra dello smarrimento trascina Manuela alla morte, davanti alla casa del suo Dolfi. La follia per amore è un tema che fa s’incastra nella trama travagliata di queste donne. 

Il dipinto che vediamo sin dall’inizio del romanzo, Madonna lacrimante, sorveglia la colpa di Tamar, non le permette di espiare la propria colpa: il dono di “profetizzare” gli eventi. 

L’immagine dell’acqua è una costante nella scrittura della Vorpsi, si pensi alle due ragazze suicide ne Il paese dove non si muore mai

Ornela Vorpsi con Fuorimondo dipinge la follia rappresentata da Tamar che la trascina nel ‹‹fuorimondo››, l’Albania dalle tante donne in ‹‹fila›› e ‹‹racchiuse nelle mura domestiche›› con la possibilità di essere ‹‹qualcuno›› nel periodo della vecchiaia come Maria e come in un altro caso, Rosso come una sposa di Anilda Ibrahimi.

“Mi butterò dalla finestra Tamar! Mi avrai sulla coscienza! Nera sarà la tua vita! Non venire a piangere sulla mia tomba. Non venire a cercarmi, sarà tardi! È già tardi! Cosa sto facendo di così terribile mamma? Non mettere piede sulla mia tomba! Lo scriverò nel mio testamento, hai capito? Esmé, per favore, dimmi cosa ti ho fatto di così terribile. Lo sai. E lo sai molto bene” (69)

L’immagine della Madonna Lacrimante che sorveglia e punisce Tamar, esplode nel momento in cui Tamar si avvicina e la guarda, come per chiedere un segno

“La Madonna lacrimante mi ha ascoltato con il figlio sempre tra le braccia, e non so dire perché ma quel giorno mi è sembrata stupida, gli occhi blu erano vuoti, non c’era niente dietro” (155)

Emilia Pietropaolo

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Emilia Pietropaolo

Emilia Pietropaolo, laureata in Lettere moderne, attualmente si sta specializzando in Filologia Moderna alla Federico II. Ama da sempre la letteratura slava e quella balcanica. Collabora con le case editrici, scrive per Bibliovorax e per il foglio letterario. Collabora con le case editrici, scrive per Bibliovorax e per il foglio letterario. Ama mangiare e parlare di Fedya M. Dostoevskij.
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