Arte & CulturaPrimo Piano

Kate Chopin: Il risveglio – L’esistenza incolore di Edna

La casa editrice “Galaad edizioni” pubblica il romanzo di Kate Chopin (Katherine O ‘Flaherty) scrittrice e traduttrice statunitense (1850-1904) The Awakening (Il risveglio, 1899) con la traduzione e post-fazione di Paolo Ruggieri. 

Il risveglio è un romanzo che tratta tematiche che riguardano la condizione della donna, e possiede diversi livelli di lettura. 

“Quell’estate a Grand Isle le donne-madri sembravano prevalere. Era facile riconoscerle, mentre svolazzavano qua e là con ali distese e protettive ogniqualvolta un pericolo, reale o immaginario, minacciavano la loro preziosa nidiata. Erano donne che idolatravano i figli, adoravano i mariti e consideravano un sacro privilegio annichilirsi come individui e farsi spuntare le ali come angeli custodi” (21)

La storia di Edna Pontellier potrebbe sembrare una cosa già sentita e letta, per certi versi è vero, ci sono alcuni temi come il tema della condizione della donna che viene vista solo nel cerchio di donna-madre. L’esistenza della donna che va a stabilirsi nell’ambiente domestico come evento della sua grande felicità. Questo evento tanto “atteso” non vale per tutte, di certo, non vale per Edna. Si è già visto con la situazione di Nora di Ibsen ma anche con le donne di Alba de Céspedes, e con quelle di Elena Ferrante

Edna è una donna sposata di ventotto anni con l’uomo d’affari Léonce Pontellier e con due figli, Etienne e Raoul, non c’è niente che faccia presagire un baratro coniugale. La stessa autrice Kate Chopin entro i ventinove anni riuscì ad avere sei figli, in questo, probabilmente (è un’ipotesi) assomiglia al personaggio di Madame Ratignolle, migliore amica di Edna Pontellier, anche se le cose poi andranno a cambiare con il processo della rinascita di Edna. 

La rinascita di Edna parte anche dall’onomastica che non è casuale, secondo me, poiché sta a significare “colei che è vera” e fa riferimento anche alla maternità. Nel romanzo di Chopin il tema della maternità viene trattata come ad esempio nel III capitolo, in cui si fa una distinzione tra donne-madri e donne-non madri che ricorda molto il romanzo distopico della Atwood, The Handmaid’s Tale (il racconto dell’ancella, 1985), poiché va a trattare la tematica in base alla struttura cromatica dell’abbigliamento delle donne, vale a dire che le “Non-donne” sono vestite di grigio. Non solo ricorda il romanzo di Margaret Atwood ma anche il romanzo (distopico) della scrittrice e attrice slovena Berta Bojetu con Filio ni doma (Filio non è a casa, 1990) le donne della Bojetu sono donne che hanno solo un unico scopo: riprodursi. 

Dall’inizio del romanzo di Kate Chopin sono presenti indizi rivelatori, dettagli a cui bisogna fare attenzione, poiché esplicano il processo di rinascita della protagonista Edna. 

“Il suo matrimonio con Léonce Pontellier fu un puro caso, sotto quest’aspetto simile a molti altri matrimoni che si spacciano per decreti del Fato. […] Lui s’innamorò, come gli uomini hanno l’abitudine di fare, e la corteggiò con ardore e una sincerità che non le lasciarono null’altro da desiderare. La compiaceva; la sua devozione assoluta la lusingava. Edna credette che ci fosse tra loro una conoscenza di gusti e di pensieri, ma si sbagliava” (39)

Quando comincia il romanzo non vediamo ancora Edna, ma il marito che tenta di leggere il giornale sotto il frastuono dei pappagalli dei vicini, una scena che ricorda un poco il caro personaggio di Stiva Oblonskij in Anna Karenina. Léonce Pontellier, da come l’autrice ce lo descrive: “portava gli occhiali. Era un uomo di quarant’anni, leggermente curvo, di media altezza e di corporatura piuttosto snella. I capelli, castani e lisci, erano separati da una scriminatura laterale, e la barba era corta e tagliata con cura” (10). 

Non ha nulla di fuori posto il marito di Edna, non solo ha qualche somiglianza con Stiva Oblonskij per quanto riguarda il suo modo di condurre la vita (con la differenza che non commette adulterio) ma anche con il marito di Anna, Aleksej Karenin. Ricordiamoci di quando Anna da ritorno dal suo viaggio, appena scende dal treno, in seguito all’incontro fatale con Vronskij, guarda il marito e nota: “ma come mai ha le orecchie che gli sporgono così stranamente da fuori?”. Il marito di Edna è “un uomo meraviglioso e leale” è così che la moglie lo vede. Edna come Anna muta in seguito all’incontro con il vicino di casa, Robert Lebrun. Edna però non ha nulla a che a fare con l’adulterio, potrebbe sembrare un romanzo alla Karenina, non è così, è di più. 

Ci sono molti dettagli che fanno presagire la fine di Edna, a partire da questo, potrebbe sembrare una scena di poco conto. Non solo il marito non ha nulla di fuori posto ma si adatta al suo ruolo, quello di un patriarca, e questo va in frantumi nel momento in cui Edna si sottrae al suo ruolo “femminile”. Per Léonce Pontellier la moglie è “un bene prezioso di proprietà personale” (11), non solo la vede come lui guarda gli oggetti, commette anche l’errore di andare dal medico per far ristabilire la moglie. La figura del medico nei romanzi è sempre presente, e questo ha un suo perché. Ricordiamoci dei romanzi di Luigi Capuana, il medico è sempre presente, intraprende il ruolo di “osservare”, di “comprendere” le donne. Tutto in questo romanzo ha a che a fare con un plot patriarcale, per poi andare a definirsi nel femminismo, mi spiego meglio. Edna in seguito all’incontro con Robert Lebrun che diventa qualcosa di più di un’amicizia e non solo con lui, in mezzo alla natura che ha un ruolo fondamentale e simbolico come anche il mare/acqua, muta la sua personalità, muta la sua esistenza che lei vedeva come inautentica.

 Comincia a dare la priorità a sé stessa, a non credere più nel valore del matrimonio, lo vede come un’ennui (come succede nel capitolo XXIV quando rifiuta di andare al matrimonio di sua sorella). La personalità complessa di Edna fatta di riflessioni e lacrime, di passeggiate in mezzo alla natura, la trascina in un nuovo cammino attraverso l’acqua. Nel capitolo XVI Edna prende fiducia in sé stessa, imparando a nuotare e questo, diventa per lei il suo nuovo cammino, cioè un “piacere”, qualcosa che lei ha ottenuto da sola solo con i suoi sforzi. L’acqua nella letteratura è un topos, questo lo sappiamo. In questo caso, l’acqua va a simboleggiare una nuova rinascita: un battesimo. 

L’acqua simboleggia anche la morte, ricordiamoci della scena delle gemelle Farival che suonano canzonette che hanno come lo scopo di “guidare” il lettore, o perlomeno è quello che penso io.

Il matrimonio di Edna si spezza dal ritorno di Grand Isle all’ambiente domestico, un luogo che per lei diventa un sollievo quando i suoi bambini partono per andare dalla nonna. Valeria della Céspedes (quaderno proibito) diceva: “voi figli non avete pietà”. A causa dei figli Léonce Pontellier si scontrava con la moglie Edna, vedendola come una madre “diversa” da Madame Ratignolle. Le sarte cucivano vestiti sulle madri, vedendole solo come madri e mai donne. (Ferrante). Le donne di Kate Chopin le vediamo con il cucito in mano, tranne Edna, che guardava in un modo “strano” Madame Ratignolle, poiché non smetteva un attimo di cucire. 

L’anello nuziale calpestato da Edna: “a un certo punto si fermò, si sfilò dal dito l’anello nuziale e lo scaraventò sul tappeto” (101) simboleggia la rottura di un simbolo sacro. Sono le mani di Edna che guardiamo: “sulle sue dita gli anelli scintillavano” (12). Le mani di Dolly (Anna Karenina) non c’è una somiglianza con le mani di Edna?

“Si stringevano le mani smagrite con gli anelli che scivolavano dalle dita ossute” (Anna Karenina, Tolstoj) 

Scintillavano-scivolavano sono simboli sacri che agli occhi del marito, l’anello di Edna scintillava per il suo potere, mentre nel caso di Dolly è diverso, scivolavano perché quel simbolo dal potere sacro era diventato qualcosa di “falso”. La vita  conduce Edna sul sentiero della morte, i presagi come i sogni-acqua svelano questo. Edna cerca disperatamente di distaccarsi dagli obblighi per sentirsi e vedersi solo come “individuo”, parola chiave del romanzo. Desiderava essere solo libera. 

“Ogni passo che intraprendeva per liberarsi dai suoi obblighi le conferiva nuova forza e la faceva crescere come individuo” 

Emilia Pietropaolo

Leggi anche: Il mostruoso femminile: la maternità

Emilia Pietropaolo

Emilia Pietropaolo, laureata in Lettere moderne, attualmente si sta specializzando in Filologia Moderna alla Federico II. Ama da sempre la letteratura slava e quella balcanica. Collabora con le case editrici, scrive per Bibliovorax e per il foglio letterario. Collabora con le case editrici, scrive per Bibliovorax e per il foglio letterario. Ama mangiare e parlare di Fedya M. Dostoevskij.
Back to top button