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Fino alla fine della musica, tu, respira 

Cosa supera i limiti della nostra tolleranza? Riusciranno una tartaruga e un mazzo di carte a scuotere un amore durato una vita?

Una coppia di anziani e una testuggine d’acqua a bordo di una vecchia Ford del Rey familiare si muovono al confine tra Brasile e Argentina, tra risonanze linguistiche provenienti da terre tra loro lontane (portoghese misto a dialetto veneto) in squilibrio tra location e corpi reali, da una parte, e finzione, dall’altra. 

Un bel viaggio a cavallo tra verità storica e sospensione magico – religiosa, in un mondo che ci risulta familiare ed estraneo allo stesso tempo, e che alla fine, intercetta la vita nella sua purezza. Ognuno, ogni giorno, deve opporsi e resistere. Ogni giorno bisogna puntare i piedi su questa terra.

Fino alla fine della musica è la storia di Chiara e Alfredo, un’anziana coppia che, trovatasi ad affrontare la scomparsa di un figlio e la partenza di un altro, carica e prende il via da presupposti diversi, incamminandosi con pacatezza lungo la strada predisposta dalla sua autrice.

Chiara, dopo che l’ultimo figlio se n’è andato di casa, decide di accompagnare il marito nei suoi viaggi come commesso viaggiatore nei bar della Serra Gaúcha, sfruttando sia momenti di sottile umorismo e realismo magico, che tematiche ben più profonde.

Trovare qualcosa in cui credere, qualcosa di nuovo, attraverso una favola umana contemplativa che indaga l’etica e la complessità dell’amore. E poi, convincersi del fatto che una piccola tartaruga che il marito ha portato a casa qualche giorno prima, e con cui viaggia in macchina, possa essere la reincarnazione del figlio deceduto.

È per questo che Chiara sceglie di accompagnare Alfredo durante i suoi viaggi per i bar di Serra Gaúcha. Chiara scoprirà i segreti del marito e rivaluterà le sue concezioni nei confronti della vita, della morte, dei peccati e della religione.

È la religione, appunto, uno dei cardini del film: la morte di un figlio, la solitudine, il desiderio di andare avanti e, al tempo stesso, del non voler dimenticare. Il tutto sempre con un occhio rivolto verso la prospettiva cristiana.

Cristiane Oliveira sceglie di rappresentare una storia che parte dal piccolo per ampliare un discorso più profondo. Alla solitudine si mescola il lutto.

Una vita di silenzi e respirare con la natura poi. La stessa che gode della lentezza, dei sussurri del vento e del rumore dei grilli. 

E poi, alla fine, quello che davvero conta, è avere il coraggio di affrontare quei fantasmi che diventano parte della nostra quotidianità. 

Pensare che ci sia un Dio da pregare sì, e abbandonandosi alla fede in una riconciliazione impossibile, ma liberatoria.

Francesca Scotto di Carlo 

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Illustrazione di Francesca Scotto Di Carlo

Francesca Scotto di Carlo

Ventinove anni, napoletana. Di sé dice di essere un «cumulonembi», testarda, indistruttibile, assertiva. Scrittrice, umanista, attivista, è una di quelle persone con la voglia di cambiare il mondo, un passo alla volta.
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