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Le cose che vorrei indietro

«Noi ci portiamo dentro tutte le meraviglie che cerchiamo all’esterno: in noi c’è tutta l’Africa con i suoi prodigi…».

Le parole di Sir Thomas Browne: la cura per la mia aura emicranica. Qui, dentro, c’è un’autentica Africa di cose meravigliose. Qui, con l’esperienza e l’introspezione, ho disegnato la mappa di un intero mondo: la cosmografia di me stessa.

Leggendo di uno zampillo nero e lustro che uscì dal terreno, qualcosa si insidia fra i pensieri; domande grandi, pesanti, di quelle che ti costringono a fare di conto. Un treno. Il treno.

E poi, un sogno che coincide freudianamente con la realizzazione di un desiderio mancato. Il treno per raccontare la vita. Quella che mentre scorre vorresti cambiare, ma che, appena ti fermi un attimo, ti sorprende di quei momenti che non torneranno più, e alcuni di quei personaggi che popolavano la storia se ne sono andati per sempre.

Vi capita di provare nostalgia? È che siamo umanamente umani, nei nostri desideri reconditi, nelle nostre fragilità. Il sapore cambia e muta inesorabilmente. Il tempo è maledetto. Provo ad incastrarlo con le mie liste, con la mia maniacale organizzazione, eppure le cose che veramente contano troppo spesso non sono in queste liste. Vorrei indietro quello che cambiò tutto. Ecco.

Vorrei indietro nonna A. Per chiederle di più. Le chiederei di più. Per ricordarne di più. Nonna A. Non ha più visto l’acqua, vuole vederla e ritornare, vuole ricordare di farlo, ma non sa se succederà.

Vorrei indietro le foto a sorpresa. Il ritorno lento, lentissimo. Le miniature. I piccoli mondi. Le piccole cose. Ho sempre amato le piccole cose. E la neve. Vorrei indietro la neve e il bianco.

Non posso dire che vorrei indietro i soldi spesi per le sigarette, quelli no. Non l’ho fatto perché non avevo scelta, perché ogni cosa ha iniziato a crollare, a scomparire. I polmoni e pure il corpo senza nessun problema, quelli sì. Sono loro a farsi avanti.

Vorrei indietro la bambina che ero, delicata e sensibile, testarda e imperfetta ma sempre sincera, guerriera con il cuore sempre troppo scoperto. Nei miei luoghi. Il mio essere itinerante e le mie radici che continuano sempre a cercare un terreno solido.

Vorrei indietro l’amico che si trasforma in famiglia. Il mondo era per me un segreto. Non importava dove saremmo finiti, perché tutti quanti i luoghi dov’ero stata con lui erano stati una casa da divinare.

Vorrei indietro mille e più tramonti. Il giorno che lascia spazio alla notte. Il ricordo più dolce che c’è. Parola dopo parola. Goccia dopo goccia. Ricominciare a portare il mare dove il mare non c’è.

Ho messo una T-shirt e dei jeans, i miei preferiti. Libera uscita. Tutto mi sembra accessibile ed altrettanto irraggiungibile. Vorrei tornare a sbattere quella porta ancora più forte.

E le ciliegie rubate. Vorrei indietro anche quelle.

Francesca Scotto di Carlo

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Francesca Scotto di Carlo

Ventinove anni, napoletana. Di sé dice di essere un «cumulonembi», testarda, indistruttibile, assertiva. Scrittrice, umanista, attivista, è una di quelle persone con la voglia di cambiare il mondo, un passo alla volta.
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