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Sogni, impegno e proprietari supponenti: intervista ad Angelo Giordano, veterinario

Quante bambine e quanti bambini sognano di lavorare a stretto contatto con gli animali?

Abbiamo fatto una chiacchiera con il giovane e simpatico Angelo Giordano, che ha realizzato questo suo desiderio di sempre e lavora oggi in un ambulatorio veterinario.

Ciao Angelo! Ci racconti il tuo percorso formativo e lavorativo? 

«Mi sono sempre piaciute le materie scientifiche, ho fatto il liceo scientifico e poi il test per veterinaria. Non essendo riuscito a entrare ho frequentato un anno di scienze biologiche durante il quale ho stretto anche dei bellissimi rapporti, l’idea era quella di rimanerci, ma lo avevo fatto per poter poi convalidare degli esami. Il secondo anno infatti riprovo il test di veterinaria e riesco a entrare, lacrime infinite.»

Quando hai capito di voler diventare un veterinario? 

«Da piccolo guardavo per esempio “Il libro della giunga”, il mio sogno era quello di far parte della mandria degli elefanti, per me il veterinario era quello che cavalcava gli elefanti, un po’ all’ Annibale, se così possiamo dire. La tesi di laurea volevo farla sugli elefanti, anche se purtroppo non è stato possibile. Ho una fissazione per queste creature super longeve, enormi, meravigliose, con una società matriarcale, quindi già più avanti dell’essere umano, una cura parentale meravigliosa… in più pare che nel loro codice genetico ci sia una proteina che inibisce lo sviluppo di tumori, insomma sono straordinari. 

La passione per gli animali in generale è radicata in me, ho sempre voluto fare quello, non ho memoria di aver mai voluto fare altro nella vita. Non so quale sia il primo ricordo con un animale che abbia generato questa cosa, forse un collie di un’amica di famiglia, bellissimo, il primo cane di cui ho memoria.»

C’è stato un momento in cui hai pensato che questa strada non facesse per te? 

«Sì, tante volte durante tutto il percorso universitario. Purtroppo la struttura universitaria è fatta male per tutti, molto spesso ti scoraggia. Parlando del mio ambiente i posti a Napoli erano cinquanta, quindi alla fine il mio corso era una sorta di classe di liceo, si creava molto un ambiente liceale che da una parte ha le sue negatività – screzi, invidie – e dall’altra un rapporto a tu per tu con il professore, per il quale non sei semplicemente un numero ma hai un nome e un cognome, e anche questo rende tutto a volte più facile o più difficile. I momenti di sconforto ce li hai, soprattutto quando arrivi alla fine perché pensi “e poi? Una volta che ho questo pezzo di carta chi mi vorrà?”»

Nel tuo lavoro è necessario creare un rapporto di fiducia sia con gli animali sia con i loro proprietari: ti è mai capitato di avere problemi con questi ultimi? 

«Molto bella questa domanda. Potrei parlare per ore di questa tematica, cercherò di essere sintetico. I problemi con i proprietari sono all’ordine del giorno e sono i più disparati, dall’incapacità a volte di farsi riconoscere come un esperto di medicina e non una persona che fa solo siringhe e antibiotici, finanche al fatto che molti proprietari non sanno cosa significa avere un animale, cane o gatto che sia. Inizialmente avevo un approccio sbagliato, avevo uno scontro con questo tipo di persone ed era sbagliato perché loro si mettono sempre sulla difensiva.

Inoltre spesso il proprietario sa qual è il problema – magari gli ha dato il pollo fritto, l’hamburger con ketchup e maionese, la cioccolata – e non te lo dice perché sa che è sbagliato, perciò glielo devi tirare fuori. Col tempo ho applicato un altro tipo di atteggiamento, cioè cerco di far ridere, di rendere una visita un momento divertente. Spesso il proprietario con cui vai a scontro è il proprietario che soffre di un disagio e che in qualche modo lo sfoga negli animali. Poi ci sono i supponenti, quelli che gli dici una cosa e non la fanno e la colpa ovviamente è sempre tua… Per carità, gli errori si fanno, ma nove volte su dieci sono proprietari che non ti ascoltano proprio, non ti danno attenzione.


Per esempio una cosa che io non tollero è il sovrappeso, quando vedo animali in sovrappeso mi viene una cosa al cuore. Il cane in sovrappeso (ovviamente sto parlando del cane non con problematiche alla tiroide o altro) è un cane che viene ingozzato come un tacchino e non ci si rende conto di quanto sia grave questa problematica: tu, padrone, fai ingrassare il cane, tu lo porti a mangiare l’impossibile. Molto spesso si hanno problemi di percezione con i cani di piccola taglia: è difficile far comprendere al proprietario di un chihuahua che se quest’ultimo pesa 6 kg quando dovrebbe pesarne 2, quei 4 kg in più non sono i nostri 4 kg, ma il triplo del suo peso.


Poi ci sono le persone che si occupano di gatti di strada o si intestano colonie feline che hanno difficoltà a comprendere che la tipologia di vita dell’animale di strada comporta inevitabilmente delle problematiche e che nel momento in cui queste siano infettive, parassitarie, virali o batteriche, significa diffonderle a tutta la colonia, la quale diventa quindi un problema epidemiologico.


Ci sono anche le persone che vogliono far fare le gravidanze a tutti i costi… Una volta è venuta una signora che ha fatto fare una gravidanza a un cane di 14 anni. Questo cane ha avuto un parto prematuro e sono andati in aborto tutti i cuccioli, quindi con una putrefazione interna… e ti dicono pure “me lo salvi?”, ma se tu ci tieni all’animale allora lo segui e inoltre non te ne prendi un centinaio perché prendere tanti animali non è gestibile, a stento ci si riesce con due o tre…»

C’è bisogno di sfatare molti miti per quanto riguarda l’assistenza ai nostri animali domestici, quali sono quelli più comuni? 

«Uno dei miti più comuni direi che è l’antiparassitario. I proprietari sono convinti che va dato solo d’estate, invece va dato sempre. Le pulci hanno un metabolismo che si ferma sotto ai tre quattro gradi, temperature che qui al sud non ci sono mai. Un altro, cruciale, è l’uso dell’antibiotico, che va dato solo se il veterinario lo ritiene necessario, non a caso. Recentemente sono stato a un convegno sull’antibiotico resistenza, quel fenomeno secondo cui a causa dell’uso smodato che si fa degli antibiotici (e non lo facciamo solo noi veterinari, un altro mito da sfatare: i primi prescrittori a vuoto – è stato fatto uno studio – sono i medici umani, molto spesso i pediatri) sta rendendo resistenti tanti batteri, l’antibiotico non funziona più e la gente muore per malattie oggi facilmente curabili. Questa è una vera problematica, se ne parla molto poco perché in questo paese, in questo mondo, bisogna arrivare alla tragedia prima che qualcuno si attivi in maniera adeguata per risolvere un problema.»

Si crede anche che mettere il microchip ai nostri animali o castrarli siano pratiche crudeli.

«Microchippare i cani è obbligatorio da diversi anni, perché dal punto di vista dello stato il cane è una res, cioè non è diverso da una macchina, motivo per cui va intestato. In più l’uso del microchip non solo è atto al conteggio di un’anagrafe canina per rendersi conto di quanti cani ci sono in un territorio, ma anche e soprattutto per il controllo delle malattie infettive e delle zoonosi, quelle malattie che possono colpire sia gli animali che gli umani (come il Coronavirus che pare venga dal mondo animale e che abbia fatto il cosiddetto salto di specie, adattandosi ai recettori umani).

Tanto è vero che io proporrei l’obbligo di microchip anche per i gatti, nonostante sarebbe molto più complicato perché i gatti di strada sono tantissimi e in più il cane si sta, il gatto no. Non sono pratiche crudeli, anzi, è solo una punturina. Ovviamente l’assenza di consapevolezza fa in modo che il cane si muova, può uscire un po’ di sangue dalla puntura quindi è comprensibile che il proprietario, soprattutto se molto apprensivo, si preoccupi, ma non è assolutamente una pratica crudele, così come non lo sono la castrazione e sterilizzazione. I proprietari sono molto più propensi a sterilizzare piuttosto che a castrare, c’è maschilismo anche nel mondo della veterinaria. Spesso se chiedi a qualcuno se il suo cane è castrato ti guardano e rispondono come se fossi pazzo a domandare una cosa del genere, perché anche il cane deve avere le palle. Io, comunque, favorisco tantissimo queste pratiche soprattutto per i gatti di strada, la renderei proprio obbligatoria, perché nove volte su dieci di quei gattini vanno a finire sotto le macchine. Per quanto riguarda invece gli animali padronali noi non la spingiamo come scelta, a meno che non ci siano problematiche particolari per cui sia necessario.

Esiste per esempio una patologia che si chiama piometra, un accumulo di pus a livello dell’utero tipica delle cagnoline non sterilizzate che vanno incontro a pseudo gravidanze o gravidanze isteriche. In quel caso noi lo consigliamo per prevenire delle problematiche: fare un intervento di sterilizzazione controllato e in un ambiente sicuro è una cosa, fare un intervento d’emergenza è un’altra.»

Hai deciso di aprire una pagina social per fare divulgazione, sicuramente anche per sfatare questi miti. A chi ti rivolgi e che tipi di contenuti pubblichi? 

«La mia pagina social in realtà si rivolge un po’ a tutti, voglio creare curiosità nei proprietari ma anche pubblicare per i colleghi casi particolari. Il mio obiettivo sarebbe cercare di raggiungere quante più persone possibili per spiegare quante più cose possibili anche in parole semplici, non per forza super tecniche che magari renderebbero il tutto molto noioso.»

Per quanto sia importante seguire professionisti come te informandosi anche online, ricordiamo che sono necessarie visite veterinarie regolari. 

«Sì, assolutamente. È sbagliatissimo informarsi solo su internet. Ci sono i proprietari consapevoli che vengono e ti dicono “ho letto questo, è effettivamente così?” ma è una piccolissima percentuale. È necessario visitare regolarmente il cane, obbligatorio, mai documentarsi esclusivamente su internet e mai utilizzare terapie in maniera autonoma. Mai prendere queste tipologie di iniziative e riferirsi sempre a chi ci ha buttato il sangue sui libri…»

La Testata ha molto a cuore i diritti e la protezione degli animali: recentemente abbiamo anche attivato un teaming con il Rifugio A.R.P.A.D. di Pozzuoli. Secondo te perché molte persone non hanno ancora capito l’importanza dell’adozione e preferiscono acquistare i loro amici a quattro zampe?

«Perché il cane purtroppo è d’esposizione, per molte persone. C’è molta pubblicizzazione dei cani di razza e il cane che sta in canile viene visto con un certo distacco, come un problema, come qualcosa che deve essere gestito di più. Inoltre le persone vogliono i cuccioli, non i cani già adulti, se li vogliono crescere come i bambini. D’altro canto, uno dei problemi principali di questa società è che purtroppo con l’obbiettivo di tutelare la vita del cane molto spesso si eccede tantissimo: i controlli periodici che i canili fanno a casa per assicurarsi che il cane adottato stia bene sono leciti ma possono sfociare nell’eccesso e spaventare il proprietario.

Sono d’accordissimo con l’idea che si debba fare un profilo della persona che vuole adottare un cane, ma secondo me dovrebbe essere fatto dagli esperti, magari psicologici, non da chi gestisce un canile. Sarebbe quindi utile creare una sorta di patentino per l’adozione, ma non facendo passare quest’autorizzazione per gli animalisti, perché se molti di loro hanno un importante ruolo per la protezione degli animali e sono in buona fede, ve ne sono altri che approfittano di tante situazioni e molto spesso si ergono a giudici di un’idoneità o meno di una determinata famiglia per l’adozione.»

Grazie per aver risposto alle nostre domande. Vuoi salutarci lasciando un consiglio in particolare a chi ha un animale domestico o vorrebbe prenderne uno? 

«Il consiglio che posso dare è: siate consapevoli. Siate consapevoli del fatto che vi state prendendo carico di un’altra vita che dipenderà da voi al 100% e armatevi di pazienza.

Le soddisfazioni arrivano, il rapporto è meraviglioso, consiglierei un animale a tutto il mondo. Io sono stato malissimo durante il COVID per tutta una seria di motivi personali, poi ho preso Nala e la mia vita è proprio cambiata radicalmente. Mi migliora le giornate, non c’è cosa più bella che tornare a casa dopo una giornata distruttiva e mettere la faccia nel pelo di Nala a mo’ di cuscino, con lei che fa le fusa. È proprio terapeutico, a proposito di pet therapy

Giulia Gennarelli

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Giulia Gennarelli

Protratta verso l’arte in tutte le sue forme fin dalla culla, sono mossa da una spiccata curiosità e un incontenibile amore. Le donne, la letteratura e le lingue sono il mio mondo e l’oggetto principale dei miei studi.
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