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Non è destino: la violenza non è scritta nel firmamento

Tante donne sono sopravvissute alla violenza, riscrivendo le pagine della loro vita. Tante donne sono riuscite a liberarsi. Tante donne non sono morte. 

Conosciamo il fenomeno della violenza tramite i volti tumefatti delle donne, rappresentate come soggetti passivi che subiscono violenza, inermi, da sopraffare e sopraffatte, senza la forza di reagire. 

Possiamo ribaltare la narrazione raccontando storie di forza, di cambiamento, se le andiamo a cercare le scopriamo. Troviamo queste donne e facciamole parlare, urlare, gridare, perché il telegiornale non sia più la commemorazione di morte, di lutti, un bollettino di guerra di donne abusate che non ce l’hanno fatta. Diamo voce a quelle donne che invece sono riuscite a ricucire, sugli strappi del dolore, una vita felice

Andiamo a scovare come dei cacciatori di tesori quelle storie dove la forza di una è quella di tutte le donne.

Donne che non denunciano al primo schiaffo, ma dopo anni di agonie e abusi, per il 42% dei casi dopo cinque anni dai primi episodi. Cinque anni sull’orlo del baratro, umiliate e svilite, sfatte, stanche. 

Chiudete gli occhi e pensate cosa avete fatto gli ultimi cinque anni. Provate adesso ad immaginare cinque anni di botte

Non è amore, non diamo spazio alla falsa narrazione dell’“amore tossico”, quella parola è sacra. Non è amore. E reagire dopo cinque lunghi anni non fa di loro delle sfigate, deboli o vigliacche, fa di loro delle sopravvissute che hanno avuto il coraggio di dire basta. Di avere la forza di cercare relazioni libere, rispettose, basate sulla fiducia e l’uguaglianza.
Il coraggio di scappare.

Le donne che sopravvivono non sono monadi isolate, ma ce la fanno grazie a un elemento in comune, la solidarietà, l’ascolto

Sono state tutte screditate, criticate per non aver reagito, di non aver chiesto aiuto subito, di aver tollerato troppo o troppo poco, di essere esagerate, ma perché non lo hai lasciato prima? 

Umiliate, offese, vittime di generalizzazione, rimproverate come bambine capricciose che non sanno scegliere. Che non sanno essere felici, e sembra solo colpa loro.

La rete di supporto è l’arma per salvarsi.
Nei CAV – Centri Anti Violenza – sul territorio italiano, gli operatori sono donne, spesso volontarie. Donne che accolgono donne, donne che curano, donne che ascoltano e che sanno, donne forti, insieme, coro di voci di solidarietà che risuona all’unisono. 

Proodos cooperativa sociale gestisce quattro centri antiviolenza. Per tutte le informazioni visita:

Centro Antiviolenza Eirene

CAV Annabella Cozzolino

Centro Antiviolenza Vite di Giada

CAV Estìa

Elisabetta Carbone 

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Elisabetta Carbone

Sono Elisabetta Carbone, classe ’93, milanese di nascita ma cittadina del mondo. Mi sono diplomata al conservatorio per scoprire che volevo laurearmi in storia. Mi sono laureata in storia per scoprire che volevo laurearmi in psicologia. Dopodiché ho scoperto la sessuologia, ma questa è tutta un’altra storia. Non faccio un passo senza Teo al mio fianco, la mia anima gemella a 4 zampe. Docente, ambientalista, riciclatrice seriale, vegetariana.
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