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Leonida, l’eroe della seconda guerra persiana

Serse, figlio e successore di Dario, decise di raccogliere l’eredità paterna anche nel disegno di sottomettere la Grecia. Prima però dovette far fronte alla rivolta dell’Egitto e di Babilonia.

Dopo aver pacificato l’Egitto e la Caldea e aver negoziato un’alleanza con Cartagine, si assicurò inoltre l’alleanza della Tessaglia, della Locride e della Beozia.

Questa seconda minaccia era peggiore della prima, perché Serse preparò un doppio attacco, sia per terra che per mare e con un grande dispendio di energie e di risorse economiche.

Su insistenza di Atene, fu convocata a Corinto una assemblea panellenica per creare una confederazione tra Atene, Sparta e i suoi alleati del Peloponneso, gli Euboici, i Beoti e i Tessali. Gli Spartani volevano concentrare il grosso delle truppe sull’istmo di Corinto a difesa del Peloponneso, ma gli Ateniesi si opposero perché in questo modo sarebbero stati costretti ad abbandonare Atene e l’Attica agli invasori. Si decise allora di sacrificare la Tessaglia, rinunciando alla difesa della Grecia settentrionale e di cercare di fermare l’invasore al passo delle Termopili, uno stretto passaggio obbligato per accedere alle regioni centrali della penisola ellenica. Avviata la spedizione persiana con mezzi giganteschi, come il taglio dell’istmo del Monte Athos e la costruzione di un doppio ponte di barche sull’Ellesponto, Serse lanciò sulla Grecia, sotto il suo diretto comando, un esercito di quasi 400mila uomini e una flotta di circa 800 navi. 

Frattanto Atene, sotto l’impulso di Temistocle, aveva sviluppato la sua flotta, dedicando alla costruzione di questa le risorse delle miniere d’argento del Laurio. Modesta fu invece la mobilitazione di Sparta, che non inviò che un contingente di 300 opliti a difendere le Termopili, dove questi furono schiacciati dai persiani dopo memorabile resistenza. 

Difatti, giunto senza resistenza alle Termopili, i Persiani erano attesi dagli Spartani guidati dal re Leonida. Essi, in netta inferiorità numerica, furono accerchiati e sterminati dopo una eroica resistenza. Nel frattempo anche la flotta greca fu costretta a ripiegare: Atene era perduta. Gli Ateniesi, costretti ad abbandonare l’Eubea e ad evacuare l’Attica e la stessa Atene, concentrarono la flotta nella rada di Salamina, da dove assistettero impotenti alla distruzione di Atene e all’incendio dell’Acropoli. Lì Temistocle attese l’urto della flotta persiana in un tratto di mare assai ristretto, dove essa non poteva giovarsi della sua superiorità numerica. Salamina fu così per i Greci una vittoria clamorosa, dovuta alla loro abilità di manovra e alla dedizione degli equipaggi: nello stretto braccio di mare la pesante flotta persiana non riuscì a manovrare, mentre le agili triremi greche la attaccavano da più fronti. L’indomani, l’esercito persiano abbandonò Atene e ripiegò verso nord, mentre lo stesso facevano i resti della flotta.

L’anno dopo, i Persiani rimasti accampati in Tessaglia sotto il comando di Mardonio, vennero sconfitti a Platea il 27 agosto 479. Ai Persiani non restava altro che evacuare completamente la Grecia e ritirarsi in Asia. Era la fine della seconda ed ultima guerra persiana. Con l’insperata vittoria greca le città greche della Ionia riacquistarono la loro libertà, ma le vere vincitrici furono proprio Sparta ed Atene. Le conseguenze del successo greco, e specie ateniese, furono enormi. D’ora in poi i Greci saranno certi della loro assoluta superiorità sui barbari. Allo stesso tempo, si ponevano le premesse dell’egemonia di Atene, che sarebbe durata sino alla Guerra del Peloponneso. 

I Barbari che erano con Serse avanzarono e gli Elleni con Leonida, come se uscissero verso la morte (…) E del resto, sapendo che la morte sarebbe loro venuta da quanti circondavano il monte, spiegavano contro i barbari quanta più forza avessero senza economia e con disperazione. Per la maggior parte di essi le lance si spezzarono e allora dovettero combattere i Persiani con la spada, e in questa azione cadde Leonida, che si rivelò uomo coraggiosissimo…

Erodoto VII

Lucia Russo

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Lucia Russo

Lucia. Amante della luce per destino: nomen omen. Tuttavia crede che per arrivare a quella luce ci sia bisogno del caos e della contraddizione, scrutarsi dentro, accettarsi e avere una profonda fiducia in sé stessi. Il rimedio a tutto il resto: una buona porzione di parmigiana di melanzane.
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