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Elisa Claps: la cronaca che si ripete

Domenica 12 settembre 1993, Elisa Claps ha sedici anni ed esce per andare a messa con una sua amica. La messa finisce, le campane rintoccano, dalla chiesa escono tutti tranne Elisa.

Da quella chiesa Elisa non uscirà per altri diciassette anni, non uscirà viva.

È uno dei casi di cronaca nera più oscuri ed eclatanti che l’Italia abbia conosciuto a cavallo tra ventesimo e ventunesimo secolo. Il “mistero” comincia quella domenica mattina, con il fratello Gildo che la aspetta a casa e i genitori che aspettano entrambi nella casa in campagna, e trova una sua, seppur parziale, conclusione solo nel marzo del 2010 con il ritrovamento del corpo di Elisa, nel sottotetto nella Chiesa della Santissima Trinità a Potenza.

A ripercorrere le tappe di una vicenda lunga quasi due decadi è ancora una volta Pablo Trincia, in una storia italiana fatta di depistaggi, segreti, incuranze e disattenzioni commesse durante le indagini e gli interrogatori. Non sarebbe la prima volta – per chi ascolta il podcast Indagini di Stefano Nazzi è un fatto noto – che la giustizia fa un corso molto più lento di quello che gli indizi e le testimonianze suggerirebbero fin dalle prime ore. Complottismi a parte, arrivare a vicenda conclusa e risalire pian piano fino al principio, è diverso da partire dall’inizio e cercare di trovare la soluzione all’enigma. Soprattutto quando l’enigma, seppure sotto gli occhi di molti, è così difficile da dimostrare. E, in altre occasioni, da comprendere.

Noi arriviamo alla fine dell’enigma.

Un caso che, secondo queste premesse, si sarebbe potuto chiudere in pochi giorni, è diventato un giallo durato più di 17 anni, nonostante il killer fosse stato segnalato dalla famiglia della vittima alla polizia già nelle prime ore successive alla scomparsa. Danilo Restivo, questo il suo nome, verrà arrestato solamente molti anni dopo, forzato a tornare in Italia dall’Inghilterra, dove ha avuto l’occasione di sposare Fiamma, costruire una nuova vita, continuare con le sue ossessioni e uccidere. Ancora.

La metafora su cui si costruisce Dove nessuno guarda – Il caso Elisa Claps è quella del quadro: una rappresentazione della città di Potenza in cui a camminare al centro della scena c’è un ragazzo, poi un adulto, l’assassino, con le mani sporche di sangue e il volto spaventoso della consapevolezza e della sfida.  Intorno a lui, la sua famiglia: i genitori e la sorella che hanno tentato di proteggerlo fin da bambino, nascondendone la natura e occultandone le manie. Più lontano, la famiglia di Elisa: papà Antonio, che non ha più sorriso dopo quel 12 settembre, mamma Filomena che non ha smesso di lottare fino al ritrovamento del corpo, i fratelli, Gildo e Luciano. Dietro di loro, si erge imponente la Chiesa della Santissima Trinità, con l’ambigua figura di Don Mimì. Allargando lo sguardo, c’è tutta la città di Potenza, cattolica e laica, e i suoi cittadini, a osservare il ragazzo, poi adulto, l’assassino che, con le mani sporche di sangue, continua a camminare al centro. Tutti lo guardano. Lo conoscono. Ne parlano.

Perché tutti hanno parlato. Non tutti hanno detto la verità. Molti hanno parlato senza sapere, tanti altri hanno taciuto pur sapendo, raccontando altre storie, seminando altro odio, sotterrando sotto polvere e tegole il corpo di una ragazza troppo giovane e troppo innocente, come se questo potesse bastare. Per diciassette lunghissimi anni, effettivamente è bastato a proteggere il colpevole. Non è stato sufficiente però a far dimenticare Elisa, la sua voglia di aiutare gli altri, il suo sorriso.

Non è stato sufficiente a spegnere la sua luce, che migliaia di persone hanno acceso, una candela a testa, in sua memoria davanti alla Chiesa della Santissima Trinità, chiusa, dopo il ritrovamento del corpo.

Poi riaperta, nel silenzio, il 24 agosto 2023. A tredici anni da quel giorno di orrore nel sottotetto, a trent’anni da quella vita interrotta perché troppo. Troppo giovane, troppo indipendente, troppo gentile.

Riaperta, nel silenzio. Prima luogo di culto, poi luogo di macabro pellegrinaggio, ancora oggi nascondiglio di verità occultate.

Vorrei che per Elisa venisse fatto qualcosa di bello”, ha detto Filomena.

Per quella Elisa che è in tutte le donne. Per quella ragazza, il suo sorriso, la sua energia, la sua ingenuità, il suo vedere e volere il bene. Per lei, ogni settembre, ogni giorno, dovrebbe essere fatto qualcosa di bello.

Stefania Malerba

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Stefania Malerba

Sono Stefania e ho poche altre certezze. Mi piace l’aria che si respira al mare, il vento sulla faccia, perdermi in strade conosciute e cambiare spesso idea. Nel tempo libero imbratto fogli di carta, con parole e macchie variopinte, e guardo molto il cielo.
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