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Da quando il corpo è politico?

Un’estate di violenza. Un’estate di fatti di cronaca che colpiscono e sconvolgono. 

Sono dei ragazzi, quelli che, continuano a morire nel nostro paese, quelli che, perdono la loro vita, perché vittime di una tragedia culturale.

Siamo all’ennesimo episodio di criminalità. Dopo la rabbia forte, molto forte, e il dolore terribile, con Benedetta, abbiamo deciso che, no, non è possibile restare in silenzio. 

È qualcosa che ha a che fare con la sensibilità e la consapevolezza. È qualcosa che non può e non deve essere rubricata a fatto di cronaca semplice. 

Dobbiamo abituarci a notizie del genere? No, questo è morire due volte. E non si può morire così. Non si può morire a ventiquattro anni per un parcheggio. Non si può morire sparati, da un minore che, gira armato di pistola a due passi dalla piazza più importante della città. 

Ma come si può fronteggiare tutto questo? Con la lettura? Con la scuola? Con il lavoro? Con l’attivismo sociale? La sicurezza di questo paese, senza strumentalizzazioni, deve essere una priorità per tutte le istituzioni, occorre agire con urgenza rispetto ad una emergenza comportamentale la cui premessa deve essere il rispetto della persona umana.

Sono tanto arrabbiata. Abbiamo perso un giovane che aveva deciso di restare nella nostra città. Nella mia Napoli. E nessuno potrà restituire Giovanbattista alla propria famiglia, alla sua compagna, ai suoi amici, alla sua musica e nemmeno a te.

A te che, in un quadro sociale e politico desolante, con uno scenario che va combattuto, con un governo incapace di pensare a politiche di prevenzione, l’informazione non è in grado di offrire narrazioni a fuoco. 

A te che, stai facendo più danno che brillante informazione. Anziché dare voce a chi conosce il fenomeno, alle associazioni, alle giornaliste davvero competenti sulla tematica, si preferisce offrire spazio a un sempreverde vittimismo. 

Questa è una guerra vera. Questa morte non sarà l’ultima. Questa scintilla non sarà la volta che fece scoppiare una guerra sociale. Questa volta, a quelli che, consentono, in un attimo, per mano di un pregiudicato di sedici anni, che vadano in frantumi i progetti di un ragazzo sano di ventiquattro anni. Questa volta, a voi che, potete e non fate niente, chiudete lo zoo in cui vi piace tanto vivere. 

Questa volta, a voi che, il sangue innocente di Giovanbattista Cutolo, vi deve macchiare le coscienze in modo indelebile. Non vengo qui a spiegarvi nulla. Siete poveri. 

Giovanbattista Cutolo aveva un sogno. Mi piace pensare che il suo sogno continui a vivere. La musica lo sa.

Ma c’è di più. C’è un messaggio straziante di Cutolo. I giovani vanno protetti dall’influenza della criminalità organizzata. Per lui che, la cultura è la medicina dell’umanità, e dove manca, c’è barbarie. Il suo grido è quello di un padre innamorato e disperato. Il suo grido è un appello alla responsabilità e all’azione. 

Tre colpi di pistola in piazza Municipio. Vani tutti i soccorsi. La fidanzata ha visto morire Cutolo davanti ai suoi occhi su un marciapiede, senza poter far niente per salvarlo, a pochi passi dal municipio, dalla stazione marittima e dal teatro Mercadante tanto caro alla vittima.

“I 24 anni più belli della mia vita. A presto Giò”: questo lo straziante saluto del padre, Franco Cutolo, noto regista teatrale.

I messaggi di dolore sui social si sovrappongono a quelli carichi di rabbia, la nostra, per una morte assurda. L’ennesima.

Francesca Scotto di Carlo 

ILLUSTRAZIONE DI ALICE GALLOSI

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Francesca Scotto di Carlo

Ventinove anni, napoletana. Di sé dice di essere un «cumulonembi», testarda, indistruttibile, assertiva. Scrittrice, umanista, attivista, è una di quelle persone con la voglia di cambiare il mondo, un passo alla volta.
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