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A Giovanbattista Cutolo

Quando il mago Virgilio nascose l’uovo nelle segrete del Castello, rese Napoli la città più vulnerabile del mondo.

Allora, Partenope, inventò molti modi per evitare all’uovo di rompersi, inventò l’arte di arrangiarsi, chiese l’aiuto di San Gennaro e, in cambio di una vita piena di bellezza, chiese ai suoi figli di rispettarne la fragilità.

Il sei settembre del duemilaventitré a Piazza del Gesù fa caldo, tira un vento ruvido e afoso, la gente parla e ricorda. Se fai silenzio, puoi sentire le voci, scindere le parole e poi, tra una cosa e un’altra, uno scricchiolio.

Qualcosa nell’aria traballa, trema leggermente la terra, ma solo chi sta in ascolto se ne accorge.

Uno, due e tre, al terzo colpo si è sentito.

Un dolore forte, la terra che tocca la bocca.

Ventiquattro anni per sempre e sedici anni a vita, questo è il “crack” che mi sembra di sentire. A pochi passi da me, ci sono io, nella bara, col completo che mamma mi ha preparato per andare a suonare. Mi trasportano col mio corno e me ne vado piena di musica.

Sono io lì dentro, potevo essere io lì dentro.

La città applaude, “GIUSTIZIA” si grida, ma se stai bene ad ascoltare, lo puoi sentire, è il rumore della fragilità che si rompe, è il rumore dell’uovo che non regge, è un pezzo che inizia a sfuggire.

Poggiando la città sulla fragilità di un guscio, il mago Virgilio giustificò Partenope e chi con lei per essere sempre tra le più precarie del mondo. Ma Partenope non si sentì in dovere di essere giustificata e cresciuta, iniziò a pensare:”se io esisto e sono così, se il mago Virgilio mi ha dato quest’uovo, ci deve essere un motivo più grande.”

“Sono persone che leggono, che non ascoltano musica, che non vedono il bello, che vivono in luoghi bruttissimi, pertanto quando escono fuori e vedono il bello, lo vogliono abbattere”.

Mentre la bara di suo figlio si innalza su piazza del Gesù, penso alle parole di Daniela, la mamma di Giovanbattista Cutolo.

Così, Partenope decise che lo scopo più alto della sua vita sarebbe stato quello di capire, capire perché ella dovesse reggersi su un uovo piuttosto che sentirsi sicura, solida per i suoi figli. E passarono gli anni, i secoli e le dominazioni e molti fecero traballare la povera Partenope che, esausta e frustrata dal non riuscire mai a trovare una risposta, decise di ritirarsi e aspettare, lasciando ai suoi figli una raccomandazione: cercate sempre di portarci la bellezza o l’uovo creperà inghiottendoci senza via d’uscita.

La rabbia, i nervi, il sangue al cervello e la voglia di dimostrare cìdi essere più forte, contro chi? Contro uno che di forza non ne ha bisogno, perché alla vita non deve dimostrare di essere il più uomo. Si scaglia contro persone che non farebbero male a nessuno, perché la paura del vigliacco è più forte di quella della vittima.

Uno sparo, due e la fine di molte vite.

Perché non uccidi solo un giovane, uccidi la parte bella della tua città.

Ma la mano che preme il grilletto è l’unica colpevole?

Quando cammini a Napoli ti rendi conto che sei dentro una torta piena di strati. A pochi passi le une dalle altre vivono realtà disparate e in conflitto e possibilità umane che, spesso, a distanza di un vascio e un terzo piano, vedono la depressione, il collasso di famiglie della subcultura, senza reddito, senza speranza, senza istruzione e sogni, non necessariamente disoneste, ma prive di possibilità.

E allora, se la famiglia manca, chi si occupa dei figli di Partenope?

Partenope addormentata raccomandò ai suoi figli di non sfregiarla, ma i suoi figli, rancorosi per il lungo sonno della madre, andarono a forgiare il cucchiaio per distruggere l’uovo che la sosteneva, così le avrebbero dimostrato il dolore che aveva arrecato loro scomparendo per decenni.

Questa è la “Napoli bastarda”, quella figlia di nessuno e senza possibilità che partorisce e lascia al caso, quella Napoli che ucciso Giovanbattista, quella Napoli dimenticata da tutti. Perciò non basta, no, non basta condannare un assassino, non basta incutere timore al prossimo sedicenne, non basta, noi questa città la dobbiamo cambiare con la speranza, con la possibilità di migliorarsi, con l’istruzione, con la cultura nel nome di Giovanbattista, martire ucciso dallo Stato.

Perciò i governi passati, il governo presente e i futuri non si dimentichino della città che poggia sull’uovo, delle associazioni, delle chiese, delle cooperative e anche dei singoli individui che sul territorio tentano di offrire un’alternativa alle paranzelle, affinché nessun figlio di Partenope muoia con la pistola e in mano e per mano di una pistola.

C’era un caldo ventoso per la città, il cucchiaio era forgiato e i figli pronti a spaccare il guscio.

A un certo punto, un suono nelle segrete, un corno francese.

Le orecchie della Sirena si aprono, una polvere portata dal vento sporca il suo sonno.

Alle 16.30 del sei settembre duemilaventitré Partenope e i suoi figli si guardano, nessuno si muove, ma entrambi sanno che è il momento, l’uovo ha fatto crack.

Stavolta,

Partenope,

o ti svegli o muori.

Benedetta De Nicola

Illustrazione di Alice Gallosi

ndr: di consiglia la presa visione di questo video

Benedetta De Nicola

Prof. di lettere, attivista fan Marvel da sempre. Ho fondato La Testata e la curo tuttora come caporedattrice e art-director.

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