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Fabrizio Bandini: “L’archetipo della femme fatale e la crisi del patriarcato”

Una Cleopatra in copertina fa intuire bene di cosa tratta il libro di Fabrizio Bandini, edito da Midgard, che non è un romanzo ma un intenso e breve saggio sulla figura della femme fatale e della sua crisi all’interno del patriarcato. 

È potente e molto originale, perché tratta delle donne “affette” dalla sindrome della donna seducente che con un solo sguardo rapisce e distrugge l’uomo. 

Nelle sue manifestazioni la femme fatale si presenta principalmente come donna afroditica, seducente e lasciva, ma alcune volte assume anche le sembianze donna demetrica, autoritaria e imperiosa, e di donna artemidea, amazzonica e guerriera.

La femme fatale mette in crisi l’uomo, ed è capace di farlo attraverso le doti seduttive. 

Bandini inizia a parlare di Keats e della sua bella dama senza pietà, una femme fatale spietata e perversa, della Carmen di Mérimée, una ladra e prostituta ma ecco che arriviamo alla parte interessante:

-Una donna che preferisce farsi uccidere piuttosto che sottostare alla volontà dell’uomo-

Qui ci troviamo di fronte a una donna che cerca in tutti i modi di uscire fuori dagli schemi imposti dalla società, che desidera vedere la donna solo come moglie e madre. 

È un saggio ben fatto che porta a conoscere in un modo approfondito le figure della femme fatale dell’Ottocento e del Novecento: in particolare, usa come esempio il romanzo di Nabokov, Lolita, come può essere usato come esempio anche il Professor Unrat di Mann. 

Un nuovo potente archetipo di donna afroditica, quello della giovane ninfetta, terribilmente seducente, che provoca la pazzia negli uomini, destinale e fatale […]

La figura della ninfetta si ritrova nel cinema americano con American Beauty: come dimenticare il grande attore Kevin Spacey, che perde letteralmente la testa per questa tipologia di donna?

C’è una frase idiomatica che ormai diciamo in modo spropositato: perdere la testa

Cosa significa perdere la testa? Lo diciamo spesso nella nostra quotidianità ma in ambito sessuale assume altro significato, una forte attrazione per una persona, capace di portarci alla pazzia. 

L’idea di perdere la testa in senso stretto (la decapitazione cioè), per l’uomo è associata all’evirazione. Il rischio, se si vuole, di perdere il proprio potere fallico, di incontrare una femminilità tagliente e dura, non più accogliente e arrendevole.

Non troviamo donne che stanno al loro posto, che assumono il ruolo di moglie e madri, no, troviamo donne dominatrici e sanguinarie, come la mitica figura di Salomé,  che chiede la testa del Battista o la Judith di Klimt. 

L’arte come la letteratura si fanno carico di queste donne voluttuose, lussuriose, dominatrici, sanguinarie ma anche donne che lottano per i propri diritti, in quell’era del femminismo. 

Il corpo femminile è stato per così tanto oltraggiato e umiliato considerato come oggetto e portatore di prole, un involucro di seme. Il maschio è cacciatore e la femmina è preda: ma vediamolo al contrario.

L’uomo diventando preda perde la sua virilità, si sente venire meno al suo ruolo, diventa passivo e debole davanti alla donna, diventa schiavo. 

Schiavo come Schiavo d’amore di William Somerset Maugham che rappresenta proprio la figura dell’uomo che soccombe davanti alla figura di Mildred, fatale, bella e crudele. 

Per conoscere meglio queste donne, è bene leggere questo breve e intenso saggio, per me che sono ossessionata da queste figure, è stato un colpo al cuore. 

Aggiungo una curiosità mia: esiste la figura della femme fatale intesa come Rusalka, la rusalka di Gogol presente nei suoi racconti, una donna capace di distruggere l’uomo. 

Emilia Pietropaolo

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La Redazione

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