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Emily in Paris best personaggio tossico ever

Emily cara, se non hai colleghi stronzi, amici stronzi, fidanzati stronzi, vuol dire che la stronza, mi spiace dirtelo, sei tu!

È dai primi anni ’90 ormai che Darren Star ci regala serie TV e personaggi iconici che accompagnano le varie e complesse tappe della nostra vita: da Beverly Hills a 90210 a Melrose place, da Sex and the city al suo sequel And just like that, passando per Emily in Paris.

Ognuna di queste serie, ognuno dei suoi protagonisti ha raccontato una fase della nostra vita, una sensazione, una relazione, un momento complesso o viceversa felice. Quale donna della mia generazione può dire di non essersi immedesimata almeno una volta nella vita in una delle quattro giovani donne protagoniste di SATC, o chi non ha vissuto o assistito ad un triangolo sofferto e doloroso come quello tra Dylan, Brenda e Kelly? Risposta: nessuno.

Darren Star è, dunque, da decenni uno dei più acuti e brillanti autori e sceneggiatori, capace di intercettare gusti e preferenze del suo pubblico, in grado di captare cambiamenti storici e culturali e di descriverli felicemente attraverso i suoi personaggi e le loro storie.

Ma quello in cui meglio riesce Star è senza dubbio la caratterizzazione dei personaggi femminili: le donne giovani o meno giovani che popolano le sue sceneggiature rappresentano perfettamente il loro tempo, la loro condizione sociale e culturale, sono figlie delle loro ambizioni così come dei loro fallimenti.

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Dunque Carrie Bradshaw e le sue amiche fidate sono le trentenni che fanno i conti con le pressioni sociali, con le aspettative che una società ancora maschilista e patriarcale esercita su di loro. Naomi Clark e il suo ricco (in tutti i sensi) gruppo di amici altro non sono che l’espressione di un’élite drogata dai soldi, dal lusso e dal benessere. Brenda, Dylan, Brandon e il gruppo di ragazzi di Beverly Hills altro non sono che adolescenti ricchi alle prese con tutto ciò che l’adolescenza comporta. Ed Emily in Paris, invece? Chi è Emily Cooper, l’americana direttrice marketing a cui Lily Collins presta il volto?

Vi avverto: sarò impietosa, spietata, al limite del crudele con quello che è uno dei personaggi più odiosi e tossici che Darren Star potesse creare. Sì, perché Emily altro non è che quell’amica falsa, quella collega stronza, quella fidanzata tossica che è meglio non incontrare mai sul proprio cammino.

Ma quello che più mi irrita di questo personaggio e, in generale, della serie, è che c’è il disperato e sfacciato tentativo di spacciare Emily Cooper per un’eroina del terzo millennio, per una donna geniale e self-made, per una lavoratrice instancabile da prendere come modello, addirittura per una donna che segue istinto e cuore oltre ogni ostacolo.

Ho divorato le tre stagioni di Emily in Paris, le ho viste con il distacco con cui di solito guardo quelle serie stupide davanti alle quali puoi finalmente spegnere il cervello e de-pensare. È forse proprio questo distacco, assieme alle evidenti falle della serie e dei personaggi (questa volta meno riusciti a Star), che mi ha permesso di non immedesimarmi in Emily, di guardarla per quello che è.

Emily è quella che non ha un’etica del lavoro, che sfiora il limite della molestia pur di accalappiare clienti, che spesso e volentieri scavalca colleghi e superiori in nome di idee discutibilmente geniali. Emily è la stessa persona che tradisce l’amica Camille portandosi a letto prima il fratello praticamente minorenne e poi il fidanzato, quella che tende un agguato al nuovo fidanzato dell’amica e coinquilina Mindy. Emily è quella che, davanti all’impossibilità di avere Gabriel, ripiega miseramente e meschinamente sul malcapitato Alfie.

Insomma Emily è un coacervo di disonestà, di opportunismo, di autocompiacimento e di una serie infinita di altri comportamenti e costumi che in estrema sintesi potremmo definire semplicemente tossici. Eppure? Eppure nessuna delle persone che ruota attorno a lei, almeno fino alle ultime puntate della terza stagione, sembra accorgersene.

Diciamo che, volendo essere buoni, potremmo vederci una prospettiva in tutto ciò: una volontà autoriale di far evolvere il personaggio nel corso delle serie, di far uscire pian piano la sua vera natura e produrre poi uno scontro tra questa è la realtà circostante. Ribadisco: potrebbe essere una volontà autoriale, ma potrebbe anche essere semplicemente il primo dei personaggi scritti male da Darren Star.

Aspettiamo la quarta stagione per toglierci questo dubbio!

Valentina Siano

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Valentina Siano

Valentina Siano, classe ’88, professoressa per amore, filologa per caso. Amo la scrittura come si amano quelle cose che ti riescono al primo colpo, non sapresti dire bene come. Scrivo di cultura e spettacolo perché amo il cotone verde del mio divano e il velluto rosso dei sediolini dei teatri. Leggo classici, divoro serie, colleziono sottobicchieri. Sono solo all’inizio della mia scalata alla rubrica gossip di Vanity Fair.
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