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Freaks out, buona la seconda per Gabriele Mainetti

Vincitore di ben sei David di Donatello (su 16 candidature), vincitore di altri numerosi premi (tra cui 6 dal Festival di Venezia) Freaks out è un gioiellino tutto italiano del 2021, ora anche su Prime video, diretto da Gabriele Mainetti. 

Il cinema italiano è spesso sottovalutato. La possente produzione filmografica americana sembra oscurare con prepotenza il cinema europeo, ragion per cui anche il cinema italiano risente di una forza più possente quale quella americana. A volte, è lo stesso pubblico italiano a sottovalutare una filmografia di tutto rispetto che sta avanzando con forza e coraggio (è proprio il caso di dirlo) nel Belpaese. 

Gabriele Mainetti è il regista di Lo chiamavano Jeeg Robot, film del 2015 con un tormentato e romanaccio Claudio Santamaria ed un talentuoso quanto pazzo Luca Marinelli. Da quell’anno, Mainetti si è conquistato di diritto un posto nel “nuovo giro” di registi italiani (per esempio, Matteo Garrone e Sydney Sibilla) dalle idee fresche, innovative. 

Quando il tuo primo film è un grande successo, non è facile riottenere quella gloria. Eppure, il regista Mainetti ci è riuscito con il suo bellissimo fantasy Freaks out. Con un budget di 13 milioni di euro e una produzione italo-belga, Freaks out vanta un cast molto valido, dalla forte chimica tra gli stessi attori. 

L’ebreo Israel (Giorgio Tirabassi) è il capo del Circo Mezzapiotta, formato da quattro freaks: Fulvio (Claudio Santamaria), l’albino Cencio (Pietro Castellitto), il nano Mario (Giancarlo Martini), Matilde (Aurora Giovinazzo). Israel è l’unico a non avere poteri particolari. Fulvio è un uomo-lupo (è affetto da ipertricosi) ed ha una forza sovraumana, Cencio sa governare gli insetti, Mario è una calamita umana e Matilde è capace di produrre scariche elettriche.

Siamo in piena Seconda guerra mondiale, nel 1943, a Roma. Consapevoli di poter morire da un giorno all’altro, il Circo decide di scappare in America. Sarà Israel a raccogliere i risparmi del gruppo, a compiere un breve viaggio e poi a sparire nel nulla. Alla ricerca del loro capo-padre, i freaks decidono di trovare Israel a tutti i costi. Ma il gruppo si separerà. 

Una macchia nera minacciosa metterà in pericolo i nostri freaks: è Franz, un pianista tedesco esadattilo e gestore del Berlin Zircus. Franz ha una visione: l’unico modo per aiutare il suo amato Führer è grazie ai quattro personaggi dai poteri sovraumani. Franz scova e tortura, al fine di saggiarne la forza, ogni freak che giunge al Zircus. Se il freak non è forte come Franz credeva, allora Franz uccide il freak. Sfortunatamente, Cencio, Mario e Fulvio cercheranno lavoro proprio da Franz, il quale riterrà utili al suo scopo i tre (a cui si aggiungerà Matilde). L’avventura continua da quest’altra svolta narrativa, e Matilde avrà un ruolo cruciale.

Freaks out merita tutta la nostra attenzione

Freaks out conquista perché i suoi eroi sono un po’ naїf. Sono impacciati, molto coraggiosi, genuini ma anche leggermente fortunati. Il rapporto che li lega è inossidabile e profondo, con Ismael in qualità di guida saggia e gentile. 

Freaks out è un film dove il bene e il male si rapportano in maniera dicotomica, ma questo non rende affatto il film superficiale o banale. Il cuore del film è l’avventura, il magico, il fiabesco e la lotta tra il bene e il male nella sua forma più evidente.  

Come per ogni fantasy che si rispetti, anche Freaks out ha un villain, e che villain! Franz, il tormentato, alienato e folle pianista (che ha tratti dello stereotipo dello scienziato pazzo) dalle 6 dita non è poi così diverso dai protagonisti, perché Franz è un freak. Desideroso di servire la sua Germania, Franz ha cercato di diventare militare, ma l’unica cosa che ha ottenuto dalla sua valutazione fisica è stata la derisione dei medici, per via di quel dito in più. Allora Franz è deciso a riscattarsi, e utilizzerà tutti i mezzi necessari per farlo. Ma in guerra nessuno è davvero vincitore…

Spiccano nella pellicola, poi, anche i partigiani: tutti del sud Italia, molti spezzati fisicamente dalla guerra (il loro capo è il rude Gobbo, interpretato da Max Mazzotta). 

Per una rivoluzione cinematografica italiana

Per quanto il cinema italiano, lo si ripete, sia meritevole di rispetto, purtroppo sembra essere carente in alcuni generi cinematografici. Uno di questi è il fantasy. Non ci sono state molte produzioni cinematografiche italiane appartenente a questo genere, se si escludono i numerosi remake di Pinocchio, oppure la miniserie televisiva Fantaghirò. Più in generale, il cinema italiano sembra molto prolifico in due generi: la commedia e il dramma. 

Però, diciamocelo francamente, dopo un po’ questi due pilastri hanno pure stancato. L’Italia vanta una tradizione monumentale sia della commedia che del dramma, ma il cambiamento è necessario per non far incancrenire una produzione satura e dalle idee ormai impantanate in un passato che non potrà tornare. O almeno, potrà tornare solo ciclicamente, ed è per questo che il lungo filo commedia-dramma si dovrà pur spezzare.

Lo sanno bene Garrone, con il suo Il racconto dei racconti (tratto da Lo cunto de li cunti di Giambattista Basile) e lo sa bene il nostro Mainetti. Per questa rivoluzione cinematografica, fortunatamente ben accolta dalla critica, il miglior augurio è che possa continuare in modo sempre più gagliardo e rigoglioso, per dare finalmente al bel cinema italiano una ventata d’aria fresca. 

Freaks out non ha nulla da invidiare ai film d’oltreoceano, anzi, è un film perfettamente in grado di competere con le migliori produzioni cinematografiche del fantasy. 

Di commedie (a volte pecorecce), di drammi sui borghesi annoiati o periferie disastrate ne abbiamo a iosa, ora dateci un po’ di fantasy, magari anche di fantascienza, tutto italiano! 

Aurora Scarnera 

In copertina locandina ufficiale del film

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Aurora Scarnera

Classe 1998, frequenta il primo anno di Filologia Moderna presso l’Università di Napoli Federico II. Giornalista pubblicista dal 2020 e cantante occasionale, scrive articoli dai tempi del liceo. Curiosa del mondo, crede fermamente nel valore dell’informazione e nella forza del suo veicolo trasmissivo.
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