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Focus on: Vivian Maier, emblema della street photography

Vivian Maier può essere annoverata tra i più grandi fotografi del 900. 

Schiva e riservata nel corso della sua esistenza, ha scattato centinaia di migliaia di fotografie, senza però mostrarle mai a nessuno.  

Con la sua opera, riscoperta per caso solo nel 2007, è entrata di prepotenza nel panorama della street photography, assumendone un ruolo centrale. 

Ma chi era Vivian Maier? 

Poco si conosce di lei poiché non aveva famiglia e sembra nessun amico, la sua vita è stata faticosamente ricostruita in gran parte dallo storico John Maloof.

Nata a New York nel 1926 da padre americano di origine austriaca e madre francese, quando nel 1929 i genitori si separano va a vivere con la madre presso un’amica di quest’ultima, fotografa di professione. 

All’età di 25 anni circa comprò una Rolleiflex, macchina fotografica di alta qualità, che l’accompagnerà nei suoi viaggi e cominciò a lavorare come bambinaia presso alcune famiglie di New York. 

In seguito si trasferì a Chicago lavorando sempre come bambinaia, mestiere che porterà avanti per tutta la vita. Per le strade di queste città, nelle sue ore libere, la Maier immortala la quotidianità delle persone, nei suoi scatti di considerevole bellezza e spesso d’ironia, si coglie il suo originale sguardo, la grande capacità che aveva di osservare attentamente ciò che la circondava. 

Ci sorprende sapere che non possedeva nessuna formazione specifica in questo settore, era una autodidatta, ma la qualità dei suoi lavori è pari a quella di un fotografo professionista.

La vasta quantità di ritratti che ci ha lasciato ci fornisce il quadro di un’epoca, la descrizione attraverso le immagini della società americana e delle sue contraddizioni, dei costumi e dei modi di vivere ed il loro progressivo cambiamento.

Le persone ritratte sono varie, dai borghesi che camminano di fretta per andare al lavoro sui marciapiedi, alle ricche signore accuratamente acconciate, dai poveri e mendicanti, ai bambini intenti a giocare, palazzi fatiscenti e i nuovi in costruzione

Le grandi capacità della Maier consistevano in un occhio attento ai dettagli e nel tempismo, la prontezza di scattare e di cogliere momenti che altrimenti sarebbero stati perduti, come una gonna alzata dal vento, l’abbraccio fugace tra due persone o un edicolante assopitosi aspettando il prossimo avventore. 

Nei suoi scatti c’è la vita, un mondo di sentimenti e di spontaneità a cui lei partecipa con discrezione, il suo modo di segnalare al mondo la sua presenza, registrando con cura e spesso con ironia ciò che passava dinanzi i suoi occhi.

Numerosi sono anche i suoi autoritratti scattati sempre attraverso lo specchio.

Sappiamo, attraverso la testimonianza lasciata dalle sue foto, che nel 1959 intraprese un viaggio di sei mesi intorno al mondo, prendendosi un permesso temporaneo presso la famiglia in cui lavorava, ma non rivelando mai ai suoi datori di lavoro dove fosse stata. 

Negli anni seguenti cambiò molte famiglie portando sempre con sé il suo archivio con i negativi delle foto che arrivò ad occupare 200 scatole di cartone. Alla fine degli anni Novanta sistemò in un deposito tutto il lavoro di una vita, insieme a libri e giornali.

Caduta in gravi difficoltà economiche fu aiutata dai figli di alcune famiglie presso cui aveva lavorato e che a lei erano rimasti legati.

Il box e il suo contenuto però furono dimenticati e nel 2007 avvenne l’esproprio, con la conseguente vendita all’asta dei beni ivi contenuti a causa degli affitti non pagati. 

Fu ad un’asta che John Maloof, storico e scrittore, che in quel periodo conduceva delle ricerche sulla storia degli abitanti di una zona di Chicago per un libro, acquistò una cassa contenente i lavori fotografici di Vivian Maier.

Questa fortuita scoperta ed il seguente impegno di Maloof per far conoscere al mondo questa encomiabile fotografa, ha fatto sì che ben presto il nome della Maier cominciasse a circolare e che non pochi si interessassero ai suoi lavori, fino ad ottenere il plauso entusiasta del mondo della fotografia e del pubblico.

Maloof non incontró mai la Maier che morì nel 2009 all’età di ottantatré anni. 

Come diceva Alan Turing : “Sono le persone che nessuno immagina che possano fare quelle cose che nessuno può immaginare”. 

La vita di questa donna ci indica quanto vera sia questa frase, vissuta sempre nell’ombra e lavorando come semplice bambinaia, custodiva però un’enorme talento, che forse per mancanza di sicurezza e propensione alla solitudine non ha mai divulgato. 

La storia però con questo inaspettato colpo di scena le ha dato giustizia ed ora si conosce il suo nome. 

Beatrice Gargiulo

Vedi anche: Elenco (parziale) delle foto più famose della storia | Parte prima

Beatrice Gargiulo

M. Beatrice Gargiulo, studentessa di archeologia, ama l’arte, la storia e dedicare il tempo libero alla lettura.
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