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Chi ha detto la prima parola? Spoiler: l’Homo habilis

Proprio così: la prima parola in assoluto fu pronunciata dall’Homo habilis.

Come facciamo a saperlo? Grazie ai resti cranici rinvenuti di quest’Homo, che presentano le impronte delle aree preposte al linguaggio verbale

Ci riferiamo all’area di Broca e all’area di Wernicke, due zone del cervello che hanno due funzioni specifiche: elaborare e comprendere il linguaggio verbale. 

Oltre a queste due aree del cervello, per poter parlare bisognava avere la laringe posizionata in basso e, probabilmente, l’Homo habilis aveva proprio questa caratteristica. 

L’insieme delle due aree sopracitate e la particolare posizione della lingua portano alla prima produzione di suoni, anche detti grida vocali. In questo contesto è stata studiata anche la comunicazione tra scimmie, capaci di produrre ben dieci grida vocali differenti, che danno vita a risposte diverse e ben precise.

È più che probabile, tuttavia, che il linguaggio dell’Homo habilis non fosse formato da frasi articolate e complesse come lo è il nostro oggi, ma comunque poteva formulare le prime parole mono o bisillabiche. 

Più la specie umana progrediva, comunque, più il linguaggio cominciava ad articolarsi, passando da una sola parola, all’accostamento di due parole, alla composizione di semplici frasi. 

Ma cosa c’era prima della parola?

Le prime forme di comunicazione furono i gesti, caratteristici anche del nostro modo di comunicare odierno (spesso, infatti, solo dei semplici gesti bastano a comunicare interi concetti senza l’ausilio della parola). 

Già con gli scimpanzé i gesti erano strumento di comunicazione ed è proprio da quei gesti rudimentali (tendere la mano per chiedere del cibo, ad esempio), che si è poi man mano sviluppata la capacità di comunicare verbalmente.

Tuttavia, come afferma la maggior parte dei linguisti, il linguaggio primitivo – quello sviluppatosi con l’Homo habilis – non costituiva una vera e propria lingua. Si può parlare, infatti, di un lunghissimo stato di pre-lingua, che intercorre tra le prime forme di comunicazione dei primati e le lingue sviluppate che abbiamo oggi. 

Questa tematica fu affrontata in particolar modo da Schelling, importante filosofo dell’idealismo, e da Grimm, glottologo nonché famosissimo autore di fiabe insieme al fratello. I due hanno posizioni contrastanti sull’origine del linguaggio. 

Per Schelling, infatti, ci sono tre ipotesi che spiegherebbero l’origine del linguaggio – anche se la base teorica di queste ipotesi non trova un vero e proprio riscontro oggettivo: 

  1. L’ipotesi teologica: il linguaggio, secondo questa ipotesi, avrebbe origine divina e verrebbe tramandato di generazione in generazione;
  2. L’ipotesi istinto-naturalistica: quest’ipotesi proporrebbe la nascita del linguaggio quale conseguenza diretta dell’istinto, qualità innata dell’uomo;
  3. L’ipotesi, quella più plausibile, secondo cui l’uomo ha iniziato a parlare col tempo, progressivamente, partendo quindi dai gesti, fino ad arrivare a costruire un linguaggio sempre più articolato.

La tesi di Grimm, invece, parte proprio come risposta alla tesi di Schelling. Il glottologo, dunque, analizza per bene le tre tesi del filosofo arrivando ad un’unica conclusione, in contrapposizione specialmente con la prima ipotesi di Schelling (quella teologica): il linguaggio, per Grimm, non è che una prerogativa della specie umana e, dunque, una conquista dell’uomo. Senza alcun intervento divino che la giustifichi. 

Grimm, inoltre, suddivide l’evoluzione linguistica in tre stadi:

  1. Le prime produzioni vocali, prevalentemente monosillabiche;
  2. Il passaggio dai monosillabi alle parole con due o più sillabe. Qui, il linguaggio non è più “a casaccio”, ma assume una prima struttura sintattica, arrivando ad esprimere ordini e pensieri ben precisi;
  3. Stadio finale in cui, al livello massimo di sviluppo, si può esprimere qualsiasi tipo di pensiero e di concetto liberamente. 

A prescindere dalle differenti teorie e dalle differenti correnti di pensiero, però, è indubbio il fatto che il linguaggio umano era – ed è – necessario all’uomo per arrivare a comunicare dei concetti complessi che dei semplici gesti non avrebbero mai potuto comunicare efficacemente.

Il progresso e il costante sviluppo della specie umana ha portato ad un indubbio proliferare di tesi, storie e anche “favole” sulla creazione delle diverse lingue del mondo. La più amata – anche se si capisce il suo valore favolistico – è sicuramente quella secondo cui le diverse lingue si sarebbero sviluppate in seguito al crollo della famosa torre di Babele

Anna Illiano

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Anna Illiano

Anna Illiano (Napoli, 1998) è laureata in Lingue e Letterature euroamericane e si sta specializzando in editoria e giornalismo presso La Sapienza di Roma. Ha un blog personale “Il Giornale Libero” ed è articolista per il magazine La Testata. Dal 2021 collabora occasionalmente col giornale “il Post Scriptum”
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