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Non ditelo ai boomer! 6 culture antiche che abbracciavano la gender fluidity

Negli ultimi anni l’identità di genere è diventata un argomento particolarmente caldo.

Termini come gender-fluid e non-binary sono messi in continua discussione da chi non riesce a concepire il genere al di fuori di uno schema biologico.

Eppure il concetto di fluidità di genere non è affatto nuovo e trova riscontro in molte culture sparse per il mondo, compresa – udite udite – quella napoletana.

Da italiani, avrete sentito parlare almeno una volta nella vita del femminiello associato da secoli alla tradizione partenopea. Il termine, che richiama per l’appunto un concetto di femminilità volta al maschile, si riferiva a uomini che facevano sfoggio di atteggiamenti e vestiario tipicamente femminili. Al contrario di quanto transfobici & co. potrebbero sostenere, i femminielli erano rispettati dalla comunità, spesso venivano incaricati di badare alle case e ai bambini insieme alle altre donne, ed erano considerati portatori di grande fortuna. 

Ma sono tante le culture nel mondo che hanno adottato i concetti di gender-fluid e non-binary assai prima che noi Occidentali decidessimo di darci una svegliata per guardare al di là del binomio maschio-femmina assegnato alla nascita. Vediamo insieme quali. 

  1. L’India degli Hijra

Da qualche anno riconosciuta come “Terzo Genere”, quella delle Hijras è una figura secolare, descritta già nell’antichissimo Kamasutra per illustrare i rapporti di uomini con altri uomini dalle sembianze femminili. Associabili alla figura occidentale dell’eunuco o dell’ermafrodita, le Hijras erano un tempo venerate come portatrici di fertilità, dato anche il richiamo alla mitologia induista che racconta di divinità maschili trasformatesi in esseri femminili per unirsi ad altre divinità maschili con cui procreare. Con l’arrivo degli Inglesi, purtroppo, il modo di concepire queste figure ha subìto un ribaltamento, e ancora oggi le Hijras fronteggiano discriminazione, vergogna e abbandono da parte delle famiglie per il loro sentirsi donne. 

  1. I Due Spiriti dei nativi americani

Dal 1990 i nativi del Nord America utilizzano il termine “Due Spiriti” per riferirsi ai membri della loro comunità di genere non-binary, ovverosia che si riconoscono in entrambi i generi o in nessuno dei due. 

Il termine Due Spiriti, pur essendo recente, identifica un terzo genere che i nativi americani riconoscevano già secoli fa, ma il cui nome variava in base alla tribù di appartenenza. Visti come conduttori tra il mondo materiale e quello spirituale, i Due Spiriti erano assai rispettati dalle comunità e non era affatto insolito affidargli posizioni di potere nella tribù. 

  1. I Waria dell’Indonesia

Come gli Hijra indiani, le Waria sono donne transgender riconosciute dalle comunità indonesiane almeno dal 19° secolo. Il termine stesso combina la parola wanita, donna, con pria, uomo. In passato, erano membri attivi della comunità, assunti come sacerdoti, sciamani e medium, pur non essendo del tutto estranee alle discriminazioni che ancora oggi la comunità transgender è costretta a fronteggiare.

  1. Il Messico e le Muxes

Specifiche della regione Juchitán, le Muxes esprimono la loro identità di genere in modi variegati e spesso assai personali, e come i femminielli napoletani sono ritenute portatrici di fortuna. Purtroppo, non sempre sono state ben viste al di fuori della regione Juchitán, ma negli ultimi anni la causa della comunità LGBTQ+ ha contribuito a un’apertura mentale da parte dei messicani più giovani. Piccoli passi.

  1. Fa’afatama e Fa’afafine delle Isole Samoane

Nella cultura samoana ci sono quattro generi riconosciuti. Oltre a maschile e a femminile, esistono fa’afatama e fa’afafine, i generi fluidi. I membri di questa categoria si occupavano solitamente dell’educazione sessuale della comunità poiché i discorsi sul sesso erano considerati inappropriati per uomini e donne cis, e a loro veniva affidata la cura degli anziani. 

Bene accette dai conterranei, le fa’afafine oggigiorno partecipano ogni anno al concorso di bellezza Miss Fa’afafine, che celebra per l’appunto il terzo genere.

  1. Māhū delle Hawaii

Nelle comunità hawaiane le persone che mostravano tratti sia maschili sia femminili venivano chiamare māhū. Prima della colonizzazione americana, erano figure rispettate e accettate dalla comunità come guaritrici e infermiere, nonché come insegnanti, depositarie delle più antiche tradizioni hawaiane. 

Purtroppo, come accaduto per le altre culture citate, l’influenza occidentale ha portato sentimenti di intolleranza nei confronti di queste figure, ma si spera che l’odierno dibattito sul gender possa ripristinare gli antichi sentimenti benevoli di questo popolo.

E al diavolo i boomer!

Claudia Moschetti

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Claudia Moschetti

Claudia Moschetti (Napoli, 1991) è laureata in Filologia Moderna. Ha insegnato italiano a ragazzi stranieri e scritto per un sito universitario. È attualmente recensora presso il blog letterario Il Lettore Medio e redattrice per il magazine La Testata. Dal 2015 al 2021 ha collaborato alla fiera del libro gratuita Ricomincio dai libri, di cui è stata anche organizzatrice.
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