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Donne, li avete esasperati

83 le vittime di femminicidio dall’inizio di questo 2021.

Sette soltanto nella settimana compresa tra l’8 e il 15 settembre e per Barbara Palombelli ci si deve chiedere se queste donne non abbiano esasperato gli uomini, portandoli ad ucciderle.

Giuseppina Di Luca, 47 anni, e Alessandra Zorzin, 21 anni. 

Solo due nomi sulle ottantatré vittime di femminicidio dall’inizio del 2021. Di queste ottantatré oltre la metà è stata uccisa dai propri partner. 

Due nomi, ma diverse decine di volti destinati ad una tragica fine. Una fine che, a quanto pare, per Barbara Palombelli a volte è da imputare alle donne stesse, che magari hanno esasperato gli uomini portandoli a compiere un gesto estremo. 

Già me le immagino, tutte queste donne morte per mano di pazzi assassini, soffrire e piangere anche dopo la morte. Sentirsi incolpate anche quando il sangue versato è costato loro la vita. 

Già me le immagino, condannate a non avere pace neanche dopo aver abbandonato una vita che è stata troppo crudele con loro. I mostri – che siamo noi vivi – non le lasciano in pace neanche mentre riposano i loro corpi martoriati in una bara, o in un’urna. Neanche quando l’unica parvenza di calma e tranquillità, per loro, era dormire sul letto della morte. 

E invece no: costrette a sentire le voci cattive dei vivi, così cattive che superano i confini tra vita e morte e arrivano fino alle loro orecchie stanche, che forse sperano in una seconda morte.

Forse quest’anno più che mai è giusto parlare di femminicidio. Roberto Lodigiani dà una definizione azzeccata – e, proprio per questo, straziante – di questo termine:

«Un termine forte ma che rende l’idea: «femminicidio». È l’olocausto patito dalle donne che subiscono violenza: da Nord a Sud, per aggressioni domestiche o fuori di casa, per casi meno eclatanti o finendo all’ospedale quando non al cimitero. Per mano di famigliari, compagni, congiunti, per lo più.»

Sono spaventosamente tanti i nomi delle donne che, ahimè, rientrano in questa definizione. Sono tante le vittime uccise dai partner per motivi assurdi: eccesso di gelosia, incapacità di accettare una rottura o, peggio, che l’ex partner si faccia una nuova vita con qualcun altro, la rabbia che scaturisce dal fatto di non poterle controllare a dovere. 

Eppure, la conduttrice e giornalista Barbara Palombelli si chiede se non sia lecito pensare che forse le donne, le povere martiri accoltellate, sparate, uccise, non abbiano avuto comportamenti tali da esasperare i propri uomini. 

No, cara Barbara, non è lecito pensare una cosa del genere. Non è lecito, nel 2021, giustificare il femminicidio. Non è lecito, anzi diventa persino assurdo e umiliante se questi pensieri vengono dalla bocca di una donna. 

Centinaia di donne hanno perso la vita e anche dopo la morte si vedono incolpate di colpe che non hanno, né potranno mai avere, a prescindere dalle parole di noi vivi senza cuore. 

No, cara Barbara, non è l’essere esasperante da parte delle donne che le condanna per sempre. Piuttosto è il loro essere che le condanna: come dice Massimo Gramellini nel suo Caffè «È la perdita di possesso e del controllo a scatenare la reazione omicida del maschio, non il carattere più o meno “esasperante” della donna.»

La rabbia cieca degli uomini di fronte a delle donne forti, coraggiose, che non si lasciano controllare né possedere. È quello il vero problema. Noi donne possiamo essere o meno esasperanti, ma questo indica forse che meritiamo o meno di essere brutalmente assassinate? 

No, cara Barbara. Non funziona così. Ed è triste pensare a tutte quelle povere donne che, in una pozza di sangue, morenti, si chiedono se per caso siano state loro il problema. 

In fin di vita, le donne potrebbero persino dare la colpa a sé stesse. Non è triste? 

Ancora più triste è pensare all’effetto che le parole di Barbara Palombelli abbiano potuto avere sulle donne ancora vive, quelle che ogni giorno vengono picchiate, violentate, quelle che potrebbero morire da un momento all’altro. 

Ma mettiamoci anche nei panni dei loro partner violenti: chi dice che non si sentano più giustificati, più incoraggiati a picchiare le loro mogli, le loro compagne, o peggio ad ucciderle? 

No, cara Barbara, non ne hai detta una giusta. Anzi, le tue parole avranno un effetto devastante – se non l’hanno già avuto – su centinaia e centinaia di donne che ogni giorno lottano e pregano per rimanere ancora in vita. 

“Alcune di noi, lo sono.
Forse molte.
Sicuramente troppe.

Effettivamente siamo esasperanti, è così, siamo un ammasso di rotture di scatole che di giorno in giorno tedia il prossimo recitando la parte della vittima, lo siamo.

Noi vogliamo essere uccise, vogliamo che qualcuno ci prenda e ci levi il peso di essere un problema e lo vogliamo ora.

Quindi fatelo, uccideteci, pugnalateci, regalateci la fine della sofferenza e, quindi, lasciateci in pace.

Basta parlare, lasciateci riposare sotto le macerie di tutto questo insopportabile contesto, lasciateci. 

Lo ammettiamo, e ora, per cortesia, uscite dalla stanza, pulite il coltello e tornate a lavorare come “giornalist*”, tornate a fare quello che facevate, querelate chi dice che avete sbagliato e soprattutto rimanete al vostro posto, davanti a tutti, a raccontare di quanto dolore si provi ad esser carnefice inascoltato, andate e agite, questo è il vostro ruolo.

Noi, intanto, ce ne stiamo qui, nella pozza di sangue, tanto ora non siamo più di carne, ascoltiamo solamente.

Peccato, speravamo che dopo la morte saremmo potuto diventare sorde.

da Benedetta de Nicola, caporedattrice e art director de “La Testata – Testa l’informazione”

Anna Illiano

Vedi anche: Io posso: due donne sole contro la mafia – il libro di Pif che racconta la storia delle sorelle Pilliu

Anna Illiano

Anna Illiano (Napoli, 1998) è laureata in Lingue e Letterature euroamericane e si sta specializzando in editoria e giornalismo presso La Sapienza di Roma. Ha un blog personale “Il Giornale Libero” ed è articolista per il magazine La Testata. Dal 2021 collabora occasionalmente col giornale “il Post Scriptum”

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