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Cosa c’è nel caleidoscopico mondo di Love, Death & Robots?

Love, Death & Robots è una serie antologica composta da episodi brevi retti da un unico filo conduttore evidente già nel titolo: amore, morte e robot. Tuttavia, prevalgono i toni cupi, il cinismo nei riguardi dell’umanità, lasciando poco spazio all’amore.

La serie è una creazione di Tim Miller, sotto la supervisione di David Fincher. Gli episodi sono caratterizzati da uno stile di animazione davvero notevole, nonché diverso a seconda della storia rappresentata. Si presenta come un prodotto sperimentale, di riflessione, giocando tra le svariate forme e contenuti, difficilmente classificabile.

I temi sono disparati e particolarmente forti, destabilizzanti, sicuramente rivolti ad un pubblico adulto che si ritrova immerso in scene di violenza, di sesso, turbando la sensibilità dello spettatore; molti episodi sono fini a sé stessi, quasi come se fossero un tentativo di portare sullo schermo una storia e un tipo di animazione per vedere e confutare la reazione del pubblico, al quale verrebbe voglia di scoprire di più, di fare degli approfondimenti sui personaggi, sul background delle ambientazioni scelte, sui motivi che si celano dietro ogni storia.

Love, Death & Robots è un viaggio cinematografico tra realtà distopiche e surreali – con brevi pause fra gli umani – capace di mutare radicalmente gli abituali canoni narrativi contemporanei: il fantasy, l’horror, il cyberpunk. D’altra parte, le figure femminili sono quasi spesso marginali, oggetto di perversione o sottomesse all’uomo, non per misoginia, ma per evidenziare gli aspetti negativi dell’umanità che si avvicina all’apocalisse. Alcuni temi, come la violenza, sembrano esasperati ma è proprio questo processo di esasperazione, di decostruzione dell’uomo a porre domande sull’esistenza umana e sulle pulsioni incontrollate vissute nella semplice quotidianità.

Una serie all’avanguardia e sovversiva, volta a criticare non solo l’umanità dal punto di vista gnoseologico, ma anche la stessa società che imprigiona l’uomo in quelle gabbie sociali già scoperte con Luigi Pirandello; qui però non ci sono maschere, o maschere nude, qui il mondo diventa una macchina dell’assurdo, dove gli stessi robot provano più amore e rispetto degli uomini.

Persino gli oggetti, anzi, il cibo può dominare il mondo, come nel caso dello yogurt che prevale su tutti; oppure un’app che mostra più universi dove Hitler è morto in modi ridicoli; ancora l’episodio Three Robots mette in scena per l’appunto tre robot che visitano come turisti una città post-apocalittica con l’intento di scoprire come gli umani si interfacciavano fra di loro prima che il mondo si estinguesse.

Tra palle da basket, gatti sopravvissuti e il cinismo indiscutibile di uno dei robot, l’episodio suscita un riso genuino ma, al contempo, fornisce un’accusa nemmeno troppo velata plasmando un futuro possibile e derivante dal comportamento arrogante dell’uomo nei confronti della natura – che alla fine dimostra di prendere il sopravvento.

Ci sono episodi tra anime e il videogioco in cel-shading, come nel caso di La testimone (The Witness) in cui una ragazza che, dopo aver osservato attraverso una finestra un omicidio, è inseguita dall’assassino attraverso una città da fumetto, ma brillantemente illuminata da luci al neon.

Buona caccia ricorda molto da vicino alcuni prodotti anni ’90 e inizio 2000, una storia d’amore che va avanti per diversi anni, attraverso due ambientazioni differenti. Oltre che di sentimenti, si parla di magia, tecnologia e vendetta ma ovviamente anche di sesso e violenza.

Molto interessante, sebbene molto breve è anche L’era glaciale. La storia inizia quando la coppia scopre che dentro al vecchissimo freezer vi è un intero mondo; anzi, un’intera civiltà che progredisce in modo rapidissimo dalle prime ere geologiche al mondo di oggi.

Dunque una miscela di stili, di linguaggi; parliamo di una vera e propria libertà di espressione, lontana da ciò che Netflix propone sulla piattaforma.

Siamo lontani dal mondo in cui viviamo, ma, in fondo, delle volte è proprio questo allontanamento che ci offre occhi diversi con cui osservare la realtà oggettiva.

Marianna Allocca                                                        

Vedi anche: Le interfacce cervello-computer: utopia o distopia?

Marianna Allocca

Mi chiamo Marianna Allocca e sono laureata in Filologia moderna. Nutro una grande passione per il cinema e le serie Tv. Mi piace la letteratura, l’arte, ma soprattutto amo Napoli con i suoi mille volti. Come direbbe Lars Von Trier, mi auguro di deludervi, perché credo che la delusione sia molto importante; se la si prova, vuol dire che si avevano delle aspettative.

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