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E tu come leggi? Storia e modi della lettura

Il titolo vi ha incuriosito e vi state chiedendo “WTF?!”. 

Sapete che la lettura ha una sua storia che affonda le radici negli albori della civiltà umana? 

Già, la pratica della lettura è un fenomeno ancestrale che, per forza di cose, è strettamente connesso con la scrittura.   

Se la scrittura cuneiforme, brevettata dai Sumeri, risale a circa 3000 anni fa, è logico pensare ad una simile datazione per l’invenzione della lettura. Infatti, i nuovi simboli prodotti dovevano necessariamente essere corredati da un sistema interpretativo. Non si sale in funivia sulla cima d’una montagna senza essersi prima muniti di sci, giusto? 

Per quanto riguarda le prime forme di scrittura, non abbiamo molte attestazioni. Interi linguaggi arcaici – come la famosa Lineare A parlata sull’isola di Creta da popolazioni protogreche – non sono ancora stati decifrati o lo sono stati solo parzialmente. Se abbondano le insicurezze riguardo al significato e al funzionamento di questi primordiali idiomi, nulle sono le informazioni sulle prime modalità di lettura.  

Facciamo quindi un salto più avanti, muovendoci su un terreno meno impervio e non più solcato da flotte di “forse” e di “chissà”. 

La scrittura e la lettura sono state a lungo prerogative esclusive e distintive dei ceti più ricchi e socio-economicamente benestanti. Il resto della popolazione, oppressa da povertà e fame, non avendo il tempo e i mezzi per imparare, era analfabeta. 

Anche presso la civiltà greca, nonostante una maggiore democratizzazione del sapere – soprattutto presso la polis ateniese – la cultura restava appannaggio dell’élite.  

Era l’epoca dei rapsodi e degli aedi, cantori raminghi promotori e custodi delle antiche tradizioni narrative orali. Non esistevano testi scritti sulle epiche imprese degli eroi, ma tali storie circolavano di bocca in bocca e di città in città, arricchendosi e modificandosi.  

Agli aedi non restava che provare a memorizzarle (e riaggiustarle qualora la memoria facesse cilecca) per poi riraccontarle al resto del popolo. E quale metodo migliore se non quello di riarrangiare le parole in versi e cantilene?  

È più semplice ricordare delle parole se legate ad una melodia oppure se iscritte in una lunga e incolore prosa? La risposta è scontata ed è senza dubbio la prima.  

Ecco perché la maggior parte dei primissimi testi letterari assunse una forma cantata o, quantomeno, ritmata: essa era più accessibile e più facilmente memorizzabile per una successiva rappresentazione.  La riprova di ciò sta nell’uso sproporzionato, nelle opere greche e latine, dell’esametro e di altri metri.  

Dunque, i lettori dell’antichità non si abbandonavano ai toni medi e naturali cui siamo oggi abituati per il nostro ideale tipo di lettura, ma preferivano declamare i testi sottoforma di canti e filastrocche. Peccato non poter tornare indietro e assistere a queste recitationes 

Quando parliamo di lettura, chiaramente, non pensiamo ai libi cartacei dei nostri giorni. Ricordiamo che la stampa fu inventata un bel po’ di tempo dopo: per la precisione, nel 1455, in Germania, da Johann Gutenberg.  

Il tipo di supporto condiziona la lettura. In epoca classica, il “libro” consisteva di una striscia papiracea arrotolata, nella quale il testo era disposto su due colonne affiancate con righe lunghe 36 lettere (la lunghezza dell’esametro). Il lettore svolgeva lentamente il rotolo, avendo così una porzione di testo limitata che rallentava l’operazione, rendendo difficile gli spostamenti di “pagina” avanti o indietro.   

La situazione si modificò parallelamente al cambiamento di supporto, con l’introduzione del codice tra il III e il IV sec. d.C. Questo era molto più pratico e permetteva una consultazione del testo più veloce. 

Dato che ormai abbiamo viaggiato in avanti, possiamo dire che il procedimento di lettura “classico” musicato e cantato si protrasse nei secoli fino ai trovatori e, in generale, al Medioevo.  

I primi a separare musica e versi furono i poeti della “scuola siciliana”, aprendo la strada agli stilnovisti e alla successiva lirica italiana.  

In realtà, nell’Alto Medioevo, i libri venivano prodotti più per essere conservati che per essere letti e le biblioteche non erano molto fornite, perciò le pratiche di lettura erano lente e rare.  

Fu a partire dalla creazione delle Università nel XII secolo che il bisogno di una maggiore quantità libraria si fece pressante, cosicché aumentò la produzione e si creò un modello di libro agevole alla lettura e dotato di un paratesto (titolo, commento, indice, illustrazioni).  

Se vogliamo rifarci a termini scientifici per descrivere questa prima fase, possiamo parlare di lettura esofasica.  

Il termine può essere “tradotto” con “ad alta voce”.  

Il motivo della maggiore diffusione di tale tipologia, almeno inizialmente, risiede in più motivazioni. In primis, come abbiamo già anticipato, non tutti erano capaci di leggere, per tanto, chi lo sapeva fare, non teneva solo per sé questa abilità, ma la condivideva con gli altri. Non mancano esempi (anche nella letteratura) di persone che leggono per i propri cari.  

La lettura ad alta voce, comunque sia, non è relegata solo al passato, ancora oggi ci capita di assistere a scene del genere: pensiamo ad una mamma che legge una favola per il figlioletto oppure al successo registrato, soprattutto negli ultimi anni, dall’audiolibro. 

A partire dal XIV secolo, anche grazie alla proliferazione di biblioteche private e poi, della stampa – che ovviamente aumentò la circolazione libraria – si ebbe una crescente diffusione della lettura endofasica, ovvero quella solitaria e silenziosa, svolta a mente.  

Una tale pratica ha il vantaggio di velocizzare la lettura e di non infastidire il prossimo. Forse, questo modo di fronteggiare i testi ci permette di interiorizzarli di più.  

Al di là delle questioni prosodiche, esistono mille altre possibilità di lettura. 

 Se facciamo riferimento al significato che vogliamo scorgere nel testo, avremo: 

  • lettura letterale – si ferma alla superficie, al significato esteriore delle parole; 
  • lettura allegorica – cerca i significati metaforici nascosti nel testo; 
  • lettura anagogica – va alla ricerca dell’intellegibile, del metafisico.  

E ancora, possiamo avere tipi di lettura diversi in relazione al nostro obiettivo:  

  • lettura a lepre – corrisponderebbe alla prima fase di lettura, nella quale ci si concentra sui concetti e sui significati generali. 
  • lettura a tartaruga – si procede lentamente, parola per parola, soffermandosi su ogni dettaglio. Si rivela un metodo utile per risolvere gli indovinelli; 
  • lettura a rana – detta anche a salti. Il lettore legge velocemente alcune porzioni di testo, alla ricerca di determinate informazioni.  

Senza contare che nell’era digitale il supporto cartaceo viene sempre più spesso sostituito da quello digitale, il ché scatenerebbe altre riflessioni. Limitiamoci a dire che la lettura è ormai divenuta non solo una conoscenza indispensabile (non a caso è una delle prime cose che si insegna ai bambini), agevolmente accessibile ai più (dove e quando vuoi), ma anche una capacità costantemente sollecitata nel corso delle nostre giornate, vista l’infinità di informazioni digitali e cartacee che ci circondano. 

Giusy D’Elia  

Vedi anche: (Non) si scherza con la letteratura: “i promessi sposi” come non li avete mai letti – Seconda parte

Giusy D'Elia

Disordinata, ansiosa, testarda, logorroica… ma ho anche dei difetti. I pregi scoprili leggendo i miei articoli! Sono Giusy D’Elia, classe 1997. Studio Filologia moderna perché credo nel valore della cultura umanistica. Ho un mondo dentro che ha paura di uscire, ma La Testata mi sta aiutando a farlo esplodere! Sono la responsabile di Tiktok.

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