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C’è vita oltre il capitalismo?

Alla luce dei conflitti che abitano il presente, una risposta che guarda al futuro arriva da Peter Frase, il quale pochi mesi prima della pandemia, nel giugno del 2019 pubblica Quattro modelli del futuro: c’è vita oltre il capitalismo?.  

Partendo dal presupposto secondo cui è impossibile il manifestarsi di un eterno ritorno legato al consolidamento della tradizione, bisogna guardare al futuro e chiedersi dove vorremmo andare. L’autore scrive:  

È un tentativo di usare gli strumenti della scienza sociale insieme a quelli della narrativa speculativa per esplorare lo spazio di possibilità in cui andranno in scena i nostri futuri conflitti politici”.  

Frase cerca di delineare quattro possibili scenari futuri: comunismo, socialismo, renditismo e sterminismo. I fili conduttori sono tre temi fondamentali: l’automazione delle forze produttive come costante, la catastrofe ecologica e il potere delle classi come variabili. 

Uno dei punti cardine di questo sistema è la spinta verso un lavoro sempre più specializzato, in quanto rende l’economia più efficiente. È il 1908 e dallo stabilimento di Piquette, a Detroit, esce la prima Ford-T, il prodotto di un sistema economico/lavorativo attualissimo: la catena di montaggio. Dal 1908 ad oggi la tecnologia ha fatto molti passi in avanti, motivo per cui la disoccupazione è uno dei più grandi problemi di ogni società capitalista. Il ruolo dell’uomo come risorsa ha iniziato a sgretolarsi a fronte di due momenti storici fondamentali: il primo è l’introduzione della macchina come sostitutivo di alcuni lavori di manodopera; il secondo è il passaggio da un’economia di produzione ad un’economia finanziaria.  

L’economia finanziaria guarda al capitale come un bene mobile che viaggia da una parte all’altra del mondo in pochissimi secondi. I giochi in borsa hanno piegato lo spazio-tempo al pari di Dio. Invece i lavoratori, il proletariato, oggi precariato, è una risorsa che non viaggia alla stessa velocità del denaro.  

Dunque la domanda è lecita: qual è il ruolo dell’uomo in un mondo in cui sembra essere sempre meno indispensabile? 

La struttura sociale è l’insieme di complessi fattori legati tra loro attraverso delle reti di connessione, ragion per cui ogni apparato dipende dall’altro. Uno dei pilastri della società è l’economia, la quale attualmente vacilla intorno all’emergenza Covid-19, la quale è in cerca di possibili soluzioni a problemi come il blocco di intere strutture di lavoro, dal macro delle aziende, al micro degli individui, le cui conseguenze si prospettano devastanti.  

Attualmente la società vive nell’ombra del ribaltamento di alcune convinzioni, soprattutto legate all’agire, ispirato da un positivismo tale per cui certe azioni del presente sono in grado di “controllare” il futuro. Ma il futuro nella sua definizione è imprevedibile, incerto e incrollabile. Il caos è una delle prime leggi che governa l’universo. La sfida dell’uomo mira al controllo dell’entropia dei sistemi, per cui ha introdotto il concetto di neghentropia: è possibile passare da uno stato di disordine ad uno stato di ordine? La tecnologia avrà le risposte per affrontare la crisi? E se sì, che fine farà l’uomo? Come potremmo spendere al meglio le nostre risorse, in quanto noi essi stessi risorsa? 

Per cui tornando a Frase, vediamo quattro possibili scenari. 

Nelle prime due ipotesi di società, ovvero quelle del comunismo e del socialismo, le caratteristiche fondamentali sono l’uguaglianza e il supporto di un apparato tecnologico posto al servizio della società. Nell’ipotesi socialista, secondo Frase, il cambiamento avviene più in profondità: è indispensabile cambiare la percezione comune di alcuni temi fondamentali come il lavoro e il welfare state. Sostanzialmente l’ipotesi è quella di oltrepassare l’accesso dibattito tra riformismo e rivoluzione, in virtù di una prospettiva, come sottolinea il sociologo Andrè Gorz, di un riformismo dal carattere rivoluzionario.  

Nel comunismo la prospettiva è quella di un superamento della crisi climatica e l’abolizione del lavoro salariato, in cui la sconfitta della povertà fa i conti con le gerarchie.  

Alla base di questi due sistemi vi è la necessità di combattere il capitalismo attraverso il passaggio ad un nuovo sistema egualitario.  

Il renditismo e lo sterminismo pongono le loro radici su un’impostazione gerarchica: nel primo caso la tecnologia sarebbe la soluzione al pericolo del cambiamento climatico, in cui la nascita di nuove oligarchie siede allo stesso tavolo per la ripartizione delle risorse, aumentando la disparità tra le varie classi sociali. Nell’ultimo scenario, quello sterminista, la tragicità dell’uomo si ridurrebbe alla sopravvivenza dell’élite a fronte del problema climatico, lasciando non curanti il resto del mondo in prenda alla morte.  

Temi come il cambiamento climatico, la piena automazione, le disuguaglianze prodotte dalle gerarchie, la proprietà intellettuale e la militarizzazione della vita, alla luce della situazione attuale possono essere uno spunto di riflessione per porre i primi passi dopo l’emergenza.  

Negli orizzonti descritti da Frase, il comunismo e il socialismo fanno i conti con un mondo post-capitalista, consapevole del cambiamento climatico e alle prese con una società globalizzante più giusta, mentre con lo sterminismo e il renditismo troviamo uno scenario in cui il capitalismo vince a tutti i costi. 

A fronte di queste possibili prospettive future, Frase dimostra con un’attenta analisi che è possibile l’avanzamento di una nuova forma di società che prende in considerazione ogni problema che circonda l’umano in quanto tale. Le possibilità di cambiare il futuro sono già elementi del presente, basta solo averne consapevolezza.  

Un tema fondamentale da non sottovalutare è quello delle risorse legato agli equilibri di potere ed una ridistribuzione dei ruoli e guadagni. L’uomo stesso per primo è una risorsa fondamentale, che deve necessariamente fare i conti con il contesto in cui vive, ponendo le basi per creare un nuovo sistema inclusivo, globale, non fondato sull’economia e che tenga conto dei possibili pericoli in cui potrebbe incorrere.   

Marika Micoli 

Vedi anche: L’art pour l’art: l’invisibile dell’astrattismo

Marika Micoli

Marika Micoli, ho l’età che ho, articolista, terrona, emigrata tra i boschi del centro Italia. Studio Filosofia in magistrale perché la disoccupazione è la mia più grande aspirazione. Mi piace affogare nella cioccolata a suon di Jazz aspettando il socialismo del 1975: in espansione.

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