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Trentaremi (non) è solo un sogno

Trentaremi è il nome della bellissima baia incastonata tra le rocce del golfo di Posillipo ed è la collina dove gli antichi si recavano per cercare riposo dal proprio dolore.

Lontano dalla città eppure così vicino, perché Trentaremi non è solo il gioiellino partenopeo ma anche musica e parole che corrono più veloci del mare di Napoli.

Ho conosciuto Domenico quasi per caso, anzi prima di scoprire il suo nome mi ero imbattuta nel suo progetto, curiosa di sapere cosa ci facessero trenta remi a scrivere canzoni. Era estate ed ero in treno.

Scoprire una nuova canzone dà sempre soddisfazione. Oggi però è molto più difficile imbattersi in musica che non si conosce, e le “bolle” di gusto stanno diventando sempre più impermeabili e poco in comunicazione l’una con l’altra.

Il rapporto che abbiamo con la musica potrebbe essersi alterato: non solo le canzoni sembrano aver assunto nuove risonanze data la situazione attuale, ma è che ci si trova inaspettatamente inclinati verso un certo tipo di musica.

Domenico con il suo progetto musicale Trentaremi è stato uno di quelli che ha reso la fine in un indimenticabile 2020 più sopportabile, si è guadagnato il mio cuoricino su Spotify per il singolo Bagno Sirena e si è posizionato nella mia playlist un passo dopo i Twenty One Pilots e uno prima di Colapesce.

Poi ho deciso di scrivergli.

Ciao Trentaremi!

Non conoscevo il tuo vero nome ma la genesi che si cela dietro è davvero interessante, perciò partirei da lì: un luogo che è un piccolo gioiello abbracciato da grotte tufacee e alte falesie, tra Nisida e la Gaiola.

Come mai questa identificazione tra la scelta di un nome d’arte e una delle baie più caratteristiche di Napoli?
«Anzitutto un saluto a te Serena, La Testata e tutti i lettori. In realtà il nome è nato per caso; avevo appena registrato il primo singolo “Bagno Sirena” e con alcuni amici si cercava di pensare ad un nome che richiamasse il mare e allo stesso tempo Napoli. Mentre scrivevamo decine di nomi su una lavagna saltò fuori “Trentaremi”; adesso non ricordo chi lo propose, ma appena lo vedemmo scritto in corsivo ci convincemmo. Trentaremi è una baia stupenda, piena di cave dalle quali si estraeva il tufo per costruire la città; oggi è interdetta alla balneazione e questo rendeva il nome ancora più interessante».

Posto che l’ibridazione musicale oggi è un processo inevitabile, grazie anche all’attuale molteplicità di proposte nel panorama della scena contemporanea, trovo la tua scrittura molto fresca e pienamente in linea con le tendenze, ma allo stesso tempo consapevole e matura.

Come nasce il tuo progetto e che tipo di contaminazioni credi che abbia?

«Ti ringrazio per aver definito la mia scrittura consapevole e matura, per me è un complimento importante. Per quanto riguarda contaminazioni e ascolti riesco a spaziare molto tra generi diversi ma credo che la musica che produco venga collocata nel cantautorato italiano e/o nell’indie pop, per cui gli artisti di riferimento sono più o meno facili da intuire. Ciò nonostante, quello che nell’ultimo periodo sto ascoltando credo mi porterà a produrre qualcosa di diverso per le prossime uscite.

In riferimento alle origini del progetto, non era previsto nonostante scrivessi canzoni da alcuni anni e suonassi la chitarra da molto prima. Un pomeriggio svogliato, rovistando nei ricordi di famiglia, trovai delle videocassette al mare e cominciai a guardarle. Il giorno dopo scrissi “Bagno Sirena”, la registrai con il cellulare e la inviai a Stefano, un caro amico producer, per chiedergli un parere come avevo fatto in precedenza per altri brani. Mi rispose ore dopo inviandomi un file audio con tutta una produzione vintage che completava la linea di chitarra e voce. Lo chiamai e gli dissi facciamola sul serio questa canzone e di lì tutte le altre».

Il 24 febbraio è uscito Alberi. Sicuramente l’uscita del primo EP rappresenta un traguardo importante, un po’ come il primo passo per l’uomo sulla Luna e poi ogni canzone è una storia che ha la capacità di adattarsi ad ogni pelle e alle rispettive sensazioni emotive.

Per esempio, il singolo Bagno Sirena, per me, è una di quelle canzoni che se canti una volta è difficile poi smettere, non vederla nell’EP mi ha spezzato il cuore (si scherza).

Quali sono i pezzi a cui sei particolarmente legato e quali invece non avresti mai pensato di pubblicare? Quali sono quelli che hai scritto con più naturalezza e quali hanno avuto bisogno di più tempo di gestazione e di riflessione?

Cosa ha rappresentato per te il passo concreto dell’uscita di Alberi?

«Al primo singolo anche io ci sono molto legato anche se ascoltandolo adesso vedo che, soprattutto nella scelta dei suoni, sono molto cresciuto. I brani a cui sono sicuramente più legato sono “Alberi” e “Cuore d’argento”: il primo perché è stato pensato a lungo, scritto e riscritto, suonato in diversi modi, insomma ci è voluto molto tempo. “Cuore d’argento” l’ho scritto in un’ora soltanto, è uscito fuori velocemente ed è il mio preferito perchè ci sono legato affettivamente.

La produzione e l’uscita di “Alberi EP” ha rappresentato una presa di coscienza. C’è tanto lavoro dietro ogni singolo brano ed è stato anche faticoso. Ho capito che fare musica è qualcosa di molto di più di scrivere una canzone con chitarra, carta e penna, nonostante sia la parte che preferisco».

L’uscita di un EP combacia anche con le prime promozioni, i primi live e i primi feed che arrivano dal contatto diretto con il pubblico. Ora come ora che siamo costretti a rinunciare a questa parte importante della musica, numerose iniziative di concerti in streaming e dirette Facebook sono un modo alternativo per il pubblico di supportare gli artisti, anche se appaga solo in parte quella voglia di concerti a cui, piano piano, ci stiamo disabituando.

Come ti senti in un periodo come questo in cui è impossibile esibirsi e tu invece dovresti essere nella fase di lancio del tuo progetto?

Inoltre il posto in cui vivi (o meglio viviamo) Pomigliano d’Arco, è un piccolo paese che negli anni si sta espandendo, ma purtroppo e soprattutto in ambiti commerciali che distano dallo sviluppo di nuove realtà culturali. Da concittadina ti chiedo quali possibilità potrebbero nascere da una comunità come la nostra e soprattutto quale consiglio daresti a chi come te, qui, cerca di vivere di musica?

«Certo, mi piacerebbe suonare dal vivo, soprattutto per ampliare il pubblico in un mercato così concorrenziale, ma attualmente per me non è una priorità. Sono in una fase in cui voglio dedicarmi molto alla scrittura e alla produzione.

Le realtà di provincia sono state sempre emarginate dal fermento culturale delle grandi città, ma questo non significa che non si possa creare qualcosa di bello. Però vivere di musica è complicato ovunque, se parliamo in termini economici. Arrivare ad un pubblico ampio è davvero difficile. La musica bisogna produrla per passione, per esigenza espressiva, perché lo si vuole; poi tutto il resto può arrivare oppure no».

Come ti dicevo ti seguo dalle prime note e mi incuriosiva sapere una cosa più di tutte.

Cosa significa “Trentaremi è solo un sogno”? Cosa facevi prima di Trentaremi? Se ti svegliassi esattamente domani in un mondo diverso, atipico, che non ti appartiene, ma sempre pieno di musica, Trentaremi esisterebbe ancora?

«Certo che esisterebbe ancora! Scrivere ed essere riconosciuto (intellettualmente, non per strada) per quello che faccio significa molto per me. Trentaremi è solo un sogno perché prima cominciassi a pubbliare musica, avevo sempre desiderato farlo. Prima di Trentaremi facevo esattamente quello che faccio dopo Trentaremi, con uno spazio temporale dedicato alla musica più ampio.

Non troverò un modo particolare di salutare te, il giornale e i lettori; vi dico solo grazie di tutto, date un ascolto ad ALBERI EP disponibile su tutte le piattaforme digitali e tanti cari saluti a tutti».

Dalla quasi primavera imminente son sempre di meno i giorni che ci separano all’estate, la sola stagione possibile.

Io ritorno a quel viaggio in treno ma stavolta senza riproduzione casuale, almeno finché non avranno inventato un altro algoritmo in grado di sorprendermi.

ASCOLTA ALBERI EP QUI:

Serena Palmese

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Serena Palmese

Mi piacciono le persone, ma proprio tutte. Anche quelle cattive, anche quelle che non condividono le patatine. Cammino, cammino tanto, e osservo, osservo molto di più. Il mio nome è Serena, ho 24 anni e ho studiato all’Accademia di belle Arti di Napoli. Beati voi che sapete sempre chi siete. Beati voi che sapete sempre chi siete.

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