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Soddisfami, te lo dico con un plazer

Il plazer è un procedimento retorico con cui i trovatori elencano cose che gradiscono o si augurano di ricevere.

Il primo trovatore Guglielmo IX, conte d’Aquitania, lo usa nella canzone Farai un vers por mi sonelh, dove descrive i piaceri offerti da due donne nella propria dimora, bramose di consumare qualche ora lieta con lui: una tavola imbandita di cibo e vino, un camino caldo e, ovviamente, otto giorni di piacere con le due signore dopo aver superato una prova “particolare”.

La dimensione dell’amore cortese è però quella in cui il plazer si esprime al meglio.

La Contessa di Dia, una delle più famose trovatrici, nella canzone Estat ai en greu cossirier non si fa scrupoli a confessare di amare il suo cavaliere al punto che vorrebbe giacere nel letto assieme a lui, riempiendolo di baci e stringendolo al proprio petto.

Bertran de Born, ai baci e agli abbracci preferisce qualcosa che piace a poche persone: la guerra. In una delle sue canzoni più celebri, che si apre con il topos dell’esordio primaverile (tipico della lirica provenzale, che sottolinea la voglia di cantare e di amare del poeta), il nostro guerrafondaio elenca tutte le cose che si potrebbero vedere in un campo di battaglia: spade sguainate, cavalieri che cadono dai loro destrieri, crani fracassati, soldati che implorano pietà e tante altre cose molto simpatiche e piacevoli alla vista (spero si capisca l’ironia) che vengono paragonate al piacere di mangiare e di bere.

Dal medioevo a oggi

Che ci crediate o no, molti elementi della poesia dei trovatori si ritrovano anche nelle canzoni moderne. Dirò di più: vi sarà capitato di averli ascoltati e questo vale anche per il plazer. Basti pensare a I’ te vurria vasà, canzone scritta da Vincenzo Russo nel 1900 in cui la brusca fine dell’amore tra il poeta e la sua donna, per volere della famiglia di lei, provoca la nascita di un desiderio impossibile da soddisfare: quella di dare un bacio a colei che non può essere baciata.

Ma il discorso è davvero ampio e gli esempi non mancano. Nella musica italiana ritroviamo Francesco Guccini con una canzone dal titolo più che mai esplicito: Vorrei. Un inno alle emozioni che soltanto l’amore riesce a sprigionare e alla sua capacità di stimolare la fantasia di chi è perdutamente innamorato.

Persino oltreoceano i Pearl Jam con la canzone Wishlist si rifanno al plazer medievale, seppur declinandolo in una maniera più intima. Eddie Vedder costruisce la canzone ripetendo continuamente la formula I wish I was, esprimendo il desiderio di essere all’altezza della persona che ama. Una sola frase basta ad enfatizzare quanto detto:

I wish I was the verb “to trust”, and never let you down

(“Vorrei essere il verbo “fidarsi”, per non deluderti mai”)

Ciro Gianluigi Barbato

Vedi anche Dalla lirica al pop: come creare un ponte tra due mondi

La Redazione

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