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La psicanalisi di Hulk

Il famoso “mostro” verde della storia dei fumetti Marvel non ha mai rispecchiato la figura classica di supereroe e non è nato per far fronte a nemici, malvagi e cattivi.

Il compito del pericoloso alter ego di Bruce Banner è stato innanzitutto quello di trovare un proprio spazio nel mondo e una dimensione emotiva che lo giustificasse.

Creato da Stan Lee e Jack Kirby nel maggio del 1962, “mezzo uomo, mezzo mostro, il potente Hulk emerge dalla notte per prendere il suo posto tra i più stupefacenti personaggi di tutti i tempi.”


Una delle migliori storie scritte su di lui, con testi di Peter David e disegni di Dale Keown, è sicuramente “La psicanalisi di Hulk” che nell’edizione italiana compare per la prima volta in “Devil e Hulk 1” con la traduzione di Pier Paolo Ronchetti.

Si tratta di uno dei momenti più emblematici della vita di Bruce Banner che viene ipnotizzato da Ringmaster, noto illusionista ex galeotto più volte sconfitto, per consentire a Samson, amico-nemico di Hulk che ha tentato più volte di curarne la furia senza successo. Il motivo di questa seduta è la ricerca di un trauma che ha condizionato la vita dello scienziato da prima del suo contatto con i raggi gamma.

Ad accompagnarlo durante questo viaggio, ci saranno le due personalità, Hulk grigio, e Hulk verde, come a voler indicare che Bruce sia in realtà affetto da sdoppiamento di personalità o comunque non sia l’unico a controllare i suoi pensieri e le sue emozioni. Sono proprio queste ultime il problema.

Scavando nella mente dello scienziato si comprende che fin da bambino, con un padre violento che ha causato la morte della madre, Rebecca Banner, il piccolo ha imparato a sopprimere ferocemente ogni tipo di emozione divenendo un automa umano freddo e impassibile.

Allora cosa sono quelle due personalità che lo accompagnano?

Semplicemente, a differenza di quanto si è sempre creduto, Hulk non incarna la rabbia di Bruce Banner, o meglio, non solo quella. Il mostro verde è senza ombra di dubbio l’espressione dell’istinto vitale e di sopravvivenza che è sempre mancato alla personalità fragile del suo portatore che attraverso di esso riesce finalmente a reagire.

Ma perché ci sono due tipi di Hulk diversi? Come dicevamo, la personalità di Bruce è frammentata. Quello grigio rappresenta il Super Io, e ad un certo punto della saga del personaggio, ha preso il sopravvento costituendo una nuova personalità, quella di Joe Fixit.

Quello verde rappresenta l’Es e rappresenta la parte più selvaggia. Alla fine di questa storia verranno finalmente fuse nell’unica personalità dell’Hulk verde, più grande, che però acquisisce l’ingegno dello scienziato Bruce e il cinismo di quello grigio, creando di fatto un ibrido perfetto e mettendo fine allo scontro interno.


Nonostante la personalità verde sia vista come un pericolo e quindi fatichi a essere sociale, perché non si conforma alla dimensione umana e ai suoi standard civili, quella che viene considerata una bestia, una malattia da cui guarire, è in realtà l’antidoto e la salvezza alla procurata angoscia di Bruce che si ammala nel vivere civile in cui non c’è spazio per le emozioni che sono vietate e vanno nascoste.

Ecco quindi che Hulk diventa l’espressione dell’allontanamento dai condizionamenti sociali e formali e che consente la libera espressione di se stessi e quindi la guarigione attraverso un ritorno alla vita istintiva e animale.

Maria Cristiana Grimaldi

Vedi anche: Alan Moore e Stan Lee: due concezioni del mondo dei fumetti


Mariacristiana Grimaldi

Maria Cristiana Grimaldi, classe ‘92, laureata in Filologia Moderna presso l’Università degli studi di Napoli Federico II, scrive per “La Testata” e il collettivo letterario “Gruppo 9”. Docente di italiano e storia, è stata rapita dagli alieni e ha dato alla luce due gemelli eterozigoti, un maschio e una femmina, che presto domineranno il mondo.

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