Arte & Cultura

Ezio Bosso: ode ad un grandissimo uomo che faceva musica

Direttore d’orchestra, pianista, compositore: Ezio Bosso è stato intriso di musica per tutta la vita. Una vita che termina oggi, 15 maggio 2020.

Quasi cinquant’anni, 48 per essere precisi, di un uomo fragile, un corpo spezzato da una malattia degenerativa, inarrestabile.

Eppure, non ricordo di aver mai visto una fotografia o una performance in cui Ezio Bosso non aveva stampato su quel viso magro e angoloso un sorriso ampio, perfetto.

Era un sorriso, a volte, anche fastidioso.

Perché ridi, come puoi amare così tanto la vita nonostante la tua malattia?

Quello che ti è accaduto è terribile, dovresti essere “piuttosto incazzato per quello che ti è successo”, no? Non so, se lo fosse, ma anche non avendoci mai parlato posso immaginare che mi avrebbe risposto con un discorso molto simile a quello citato qualche rigo sopra, un Lester Burnham indefesso, convinto che nel mondo la bellezza sia troppa per non apprezzarla.

Così, appariva al suo pubblico, un concentrato di energia, un interruttore sempre funzionante. Il suo suono era commovente, emozionante, genuinamente altruista.

Come può, un suono, essere altruista? Non so, io non suono, ma Ezio Bosso suonava, eccome. Il suono era rivolto all’altro, l’unico scopo quello di raggiungere l’orecchio per attraversare tutto il corpo e pervaderlo, infine terminare il proprio percorso nel cuore, nell’animo.

L’energia – per quanto travolgente – aveva (e ha, perché la musica per fortuna sopravvive all’artista) sempre un languore celato, una dolcezza infinita.

Ed era in quella dolcezza che risiedeva davvero la profondità dell’opera artistica creata da Bosso, in quella innegabile, inevitabile capacità di arrivare a chiunque lo ascoltasse.

La musica che piega, consapevolmente o no.

È facile emozionare chi ne ha voglia, chi si predispone alla commozione, ma il vero valore artistico di un’opera è nella sua capacità di arrivare anche a chi è reticente, o solo distratto, inconsapevole.

Ezio Bosso metteva nelle sue note se stesso, questo è palese a chiunque lo abbia ascoltato anche solo una volta. Le sue frasi erano una visione del mondo, un dipinto, una poesia, un racconto. Non tutti gli artisti creano prodotti che sono coerenti e appartenenti al proprio ambito artistico, quelli davvero grandi riescono a trascendere i limiti e a diventare scrittori, pittori, poeti, attori. Ezio era un trasversale, un impressionista della musica contemporanea.

Era dolce come i versi di Sylvia Plath, cullava come un monologo di Shakespeare, ispirava come un quadro di Monet. La possibilità di immagini e di sensazioni presenti in questa musica delicatissima, fortissima, è sorprendente, come rinnovata ad ogni ascolto.

Sul palco, le performance di Ezio erano spettacoli, erano interpretazioni, era quasi teatro in musica. Non era ignorabile, quell’animo enorme, quella rapsodia di colori in un corpo evidentemente stroncato da qualcosa di altrettanto grande, altrettanto ineluttabile.

La musica, specchio dell’anima, era una ricerca della bellezza, ma non una bellezza algida, astratta, ideale. La ricerca di Bosso era nelle radici umane, nelle ricchezze taciute e inosservate delle fragilità umane, usando la propria come punto cardine e di partenza.

La poesia è la caccia alla perfezione, è il processo doloroso e tortuoso, pieno di imperfezioni e imprecisioni, costellato di ostacoli e fallimenti. Non siamo meno belli perché fragili, ma sapendoci accettare possiamo creare dalla nostra debolezza e insicurezza delle bellissime creature, creature che parlano all’animo di ognuno.

Il mio errore è il tuo, il tuo cadere è il mio passo falso, la mia forza di rialzarmi diventa la tua, la mano che ti rialza e ti tiene, quando tutto l’equilibrio esistente sembra svanirti davanti. Tutto questo, una sola persona lo ha sintetizzato e comunicato con la sua dedizione, il suo studio, la sua gioia, la sua arte.

Ezio era musica. E lo è ancora, grazie al nostro emozionarci, al nostro ascolto, lo sarà per sempre.

Ciao, Ezio. Insegna la bellezza a chiunque ti capiterà di incontrare lassù.

Sveva Di Palma

Sveva Di Palma

Sveva. Un nome strano per una ragazza strana. 32 anni, ossessionata dalla scrittura, dal cibo e dal vino, credo fermamente che vincerò un Pulitzer. Scrivo troppo perché la scrittura mi salva dal mio eterno, improbabile sognare. È la cura. La mia, almeno.

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