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A tutto cinema: la 65° edizione del David di Donatello candidati e vincitori

Tutti collegati per la diretta in prima serata su Rai Uno: Cont…i presenta la sessantacinquesima edizione del David di Donatello.

The Show Must Go On cantavano i Queen, per riprendere un famoso brano del mondo dello spettacolo. E in effetti, lo spettacolo è andato avanti.

Ai tempi del Covid, la data è stata spostata dal 3 aprile all’8 maggio e si è dovuto rinunciare al cerimoniale classico, ma la premiazione si è svolta lo stesso con l’inedita modalità a distanza che tutti stiamo imparando a conoscere.

Il risultato non è affatto da buttare.

Il solito abbronzatissimo Carlo Conti tiene bene, in solitaria, le redini della serata. Cerca di non far pesare l’assenza del pubblico e dei candidati, scherza con la voce fuoricampo che annuncia i premi, intrattiene con statistiche interessanti su attori e numeri social, ci ricorda le origini della cerimonia. Sapevate che la statuetta del David simboleggia lo scontro del piccolo eroico cinema italiano contro Hollywood-Golia?

La vetrina dei David diventa anche un pretesto per rimarcare la necessità di salvaguardare la cultura: numerosi e ripetuti sono gli appelli di attori e registi per dare un aiuto concreto ai lavoratori dello spettacolo, che ora si ritrovano in balia di una tempesta la cui fine sembra lontana.

La trasmissione si apre proprio con le parole di incoraggiamento del Presidente Mattarella e vede anche un breve cameo (per rimanere nel linguaggio cinematografico) del Ministro Franceschini.

Per un paio d’ore siamo stati trasportati nel magico mondo del cinema, allontanandoci dalla nostra attuale triste realtà. Abbiamo fatto il tifo per il nostro film e i nostri attori preferiti, ci siamo calati nel ruolo di critici cinematografici e abbiamo condiviso, come se fossimo stati noi i protagonisti, la gioia e l’emozione dei vincitori.

Immagini di lacrime di gioia e di abbracci (tra congiunti!) in controtendenza a quelle grigie con cui abbiamo fatto i conti nell’ultimo periodo, immagini come barlumi di luce in tutto il buio che ci avvolge.  

Sì, ma allora i premi? Chi li vince? Ecco il momento cruciale.

Non possiamo dire che non ce l’aspettavamo, premio a dir poco meritato. Il miglior film è l’ultimo capolavoro di Marco Bellocchio Il traditore, vincitore nel complesso di ben sei statuette.

Un Pierfrancesco Favino strabiliante, con un siciliano e una recitazione impeccabili, non per niente, anche nominato miglior attore. Impersona il pentito Tommaso Buscetta “il boss dei due mondi” che, collaborando con Giovanni Falcone, fornì testimonianze determinanti per ricostruire la struttura di Cosa Nostra.

Bellocchio, da parte sua, incassa i David alla miglior regia, al miglior film e alla migliore sceneggiatura originale.

La gloria spetta anche a Lo Cascio, nominato miglior attore non protagonista. L’attore sembra dare il meglio di sé nei film a sfondo mafioso: ricordiamo oggi, nell’anniversario della morte di Peppino Impastato, la sua interpretazione ne I Cento passi.

Così siamo alla quinta statuetta per Il Traditore, il cui piatto ricco è completato dal David al miglior montatore.

Un altro asso pigliatutto è il remake Pinocchio di Matteo Garrone, anche questo vincitore di sei premi: miglior scenografo, migliori effetti visivi, miglior truccatore, miglior costumista, miglior acconciatore.

Roberto Benigni, nonostante la candidatura perdente alla nomination di miglior attore non protagonista nei panni di Geppetto, come sempre strappa sorrisi, dà lezioni di stile, di eleganza, di vita, inneggiando all’amore senza frontiere col suo solito fare da bontempone.

Il primo re di Matteo Rovere si aggiudica tre David: fotografia, suono e produttore. Il lavoro dietro è sbalorditivo, una miniera d’oro per gli amanti del latino e della mitologia antica, con la trasposizione cinematografica del mito sulla fondazione di Roma.

Un intero film in latino classico ricostruito, con ambientazioni efficaci e un Alessandro Borghi da applausi e da commenti compiaciuti del parterre femminile (ammettiamolo è troppo bello!).

Tra gli altri top c’è Martin Eden di Pietro Marcello, il cui protagonista è Luca Marinelli, già distintosi nel ruolo dell’antagonista in Lo chiamavano Jeeg Robot. Purtroppo, si porta a casa un solo David: migliore sceneggiatura non originale per l’epopea di un giovane marinaio aspirante scrittore, tratta da un romanzo di Jack London.

Nella categoria dei registi emergenti, stupisce la vittoria di Phaim Bhuyian, autore-attore di Bangla: un divertente e leggero incontro tra cultura italiana e bengalese, ambientato nel quartiere romano di Torpignattara. NdR. Di certo meriterebbe il premio per la peggiore esultanza!

La Paranza dei bambini di Giovannesi resta a bocca asciutta.

Tra i non vincitori merita menzione Igort: fumettista che nel tempo libero si dedica alla cinematografia, realizzando perle come 5 è il numero perfetto, con protagonista il grande Toni Servillo. Nel cast del film c’è anche Valeria Golino che si è aggiudicata il premio come miglior attrice non protagonista.

Non manca lo zampino di Ferzan Ozpetek neanche in questa edizione. L’autore del miglior film del 2003 conquista 2 premi con La dea Fortuna: miglior musica per la canzone di Diodato e miglior attrice protagonista a Jasmine Trinca (che festeggia a suo modo abbracciando un cartonato di Angelina Jolie).

Selfie (Agostino Ferrente) primeggia tra i documentari, Inverno (Giulio Mastromauro) tra i cortometraggi.

Alla frizzante coppia Ficarra e Picone va il riconoscimento per Il primo Natale come film che ha portato più spettatori al cinema durante l’anno: categoria “David dello spettatore”, istituita solo un anno fa.

E ancora, Mio fratello rincorre i dinosauri (Stefano Cipani) ottiene il David giovani.

 L’outsider, Il flauto magico di Piazza Vittorio guadagna una statuetta per il miglior musicista.

Piccola annotazione d’orgoglio: la nostra Napoli fa da sfondo a molti dei film candidati: La paranza dei bambini, Martin Eden, 5 è il numero perfetto, L’immortale, Il sindaco del Rione Sanità.

Si conclude così, lasciando un sapore dolceamaro tra speranza, nostalgia e anormalità, uno degli eventi più attesi dal mondo della settima arte e dai suoi fedeli spettatori.  

Giusy D’Elia

Vedi anche: Oscar 2020, vincitori e vinti: un commento a freddo

Giusy D'Elia

Disordinata, ansiosa, testarda, logorroica… ma ho anche dei difetti. I pregi scoprili leggendo i miei articoli! Sono Giusy D’Elia, classe 1997. Studio Filologia moderna perché credo nel valore della cultura umanistica. Ho un mondo dentro che ha paura di uscire, ma La Testata mi sta aiutando a farlo esplodere! Sono la responsabile di Tiktok.

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