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Venere, mi fai cadere le braccia! O forse son le tue?

Siete in giardino e proprio mentre vi state godendo la calura del sole estivo il vostro cane comincia a gironzolare attorno a quell’unico albero di ciliegio che avete tanto coccolato negli anni.

Eccolo che sembra aver trovato qualcosa e, come da bravo cane da riporto, si avvicina con un braccio tra i denti mentre la bava gli scende fiera dalla bocca.

Tranquilli, non è un cadavere, ma la Venere di Milo!

Seppur la storia non sia proprio questa – vi assicuro che non ho nessun reperto esposto nella mia umile dimora! – la legenda racconta che al ritrovamento della Venere ci furono, sicuramente, un giardino, un contadino ma, ahimè, nessun braccio.

Un tale Yorgos Kentrotas, l’8 aprile del 1820 era in cerca di alcune pietre per la propria casa sull’isola di Milos in Grecia e durante l’esplorazione ebbe la fortuna di trovare una delle statue, ad oggi, più famose del mondo.

Purtroppo però, senza istruzioni per l’uso: la Venere era un enorme lego!

Non nel senso che era fatta di mattoncini, sia chiaro, semplicemente venne ricostruita per tappe. Prima il busto, poi le gambe coperte dal drappo e infine un elemento più piccolo che ha consentito di unire busto e gambe.

L’assenza delle braccia ha invece tante teorie.

C’è chi dice che le braccia andarono perse durante il trasbordo da una nave greca ad una francese durante il viaggio verso Parigi. Altri dicono che alcuni frammenti erano stati ritrovati accanto alla statua, staccati ma vicini. Almeno una mano che reggeva una mela, c’era. Venne scartata perché la qualità dell’incisione era bassa e si pensò che fosse un restauro successivo o comunque un falso.

Poi si capì che all’epoca i dettagli meno in vista della scultura venivano trattati con minor raffinatezza e che quindi la mano dell’autore era la stessa, solo più svogliata.

Ma per gli osservatori meno attenti, le braccia non sono l’unica cosa che mancano!

Anche il piede sinistro non c’è, come l’oro e l’argento che adornavano la bella Venere le cui tracce, ormai, sono solo un ricordo sul marmo elegante.

Il basamento è stato ulteriore motivo di dubbi e perplessità. Fonti ritengono sia stato ritrovato insieme alla statua ma che questo riportasse un’iscrizione che agli occhi degli acquirenti francesi sminuisse il valore dell’opera. L’iscrizione riportava l’autenticità dell’opera ovvero il nome del suo autore, Alessandro da Antiochia. Ma essendo Antiochia una città del 300 a.C. la statua non poteva essere considerata classica.

Come potevano i francesi accettare tale scempio?

Subito, i furbi, si sbarazzarono del piedistallo inciso, nella speranza di far credere al mondo che si trattasse di una statua ben più antica. Ma, sfortunatamente per le loro buon anime, dagli studi effettuati durante il secolo scorso è emerso che la statua risale al 130 a.C., si parla quindi di un’opera ellenistica, anche se fonde alcuni stili del periodo classico.

E alla fine i meriti di Alessandro di Antiochia sono stati resi ad Alessandro di Antiochia, con buona pace di tutti, anche dei francesi.

Mai nessuna statua avrà così fama nel mondo, per storia e bellezza.

…a meno che tu non sia l’Eva Green di Bertolucci!

Serena Palmese

Vedi anche: “…e poi fa l’artista” ed è subito Amore

Serena Palmese

Mi piacciono le persone, ma proprio tutte. Anche quelle cattive, anche quelle che non condividono le patatine. Cammino, cammino tanto, e osservo, osservo molto di più. Il mio nome è Serena, ho 24 anni e ho studiato all’Accademia di belle Arti di Napoli. Beati voi che sapete sempre chi siete. Beati voi che sapete sempre chi siete.

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