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Qualcosa a proposito di una rivoluzione: Tracy Chapman la mia songwriter del cuore

“Take your fast car and keep on driving/ Prendi la tua auto veloce e continua a guidare” cantava la radio quel giorno.

Ricordo di non aver mai sentito una voce tanto profonda e accogliente. Ero in macchina, di ritorno da un viaggio e le luci fuori dal finestrino erano dei piccoli puntini che fluidi correvano con me.

Nient’altro avrebbe potuto interrompere i miei pensieri se non Tracy Chapman nella mia “auto veloce”.

Speranza e fiducia in un futuro migliore sono i temi delle canzoni della cantante afroamericana nata e cresciuta a Cleveland (Ohio). Leggera e schiva dà il via alla scena folk-rock degli anni 80, additandosi fin da subito, per le melodie semplici e i contenuti forti, il titolo di “Dylan in gonnella” e sua prima erede. Sicuramente ha rivitalizzato il cantautorato folk americano divenendo ispirazione per molte colleghe delle generazioni successive. Ma il suo atteggiamento, non sempre chiaro al pubblico, colpisce e non poco.

Da bambina si approccia alla musica cominciando a suonare vari strumenti come il clarinetto, l’ukulele, il flauto per scegliere, infine, la chitarra acustica come unica compagna di armonie. Grazie ad una borsa di studio riesce a studiare alla Tufts University di Boston specializzandosi in Antropologia e Cultura Afroamericana dove approfondisce la cultura folk unendola alla sua passione per la musica. Da qui Tracy comincia ad approcciarsi al mondo fuori, parla alla gente e non più alla sua stanzetta. Si esibisce per strada e in alcuni pub di Boston riscuotendo anche un grande successo.

Niente distrae il suo nuovo pubblico, così attento a dei testi taglienti e poetici. Fortunatamente per noi, una di quelle sere Tracy Chapman è notata da Brian Koppelman che la raccomanda al padre, proprietario della casa discografica indipendente Sbk e al produttore Elliot Roberts per la pubblicazione del suo primo disco nel 1988, intitolato semplicemente Tracy Chapman. Il disco arriva a vendere oltre 8 milioni di copie solo in America e 20 in tutto il mondo. Un successo inaspettato grazie soprattutto al grande impatto di Fast Car.

La cantante lanciò per la prima volta il brano durante i festeggiamenti del settantesimo compleanno di Nelson Mandela, trionfando nella categoria di miglior interpretazione vocale femminile pop. Fast Car è un racconto dolce, melodico e doloroso. È la storia di un sogno, è la voglia di lasciare tutto per una vita migliore, è l’aspettativa di sentirsi felici. Un desiderio che si concretizza in quell’auto veloce e nella voglia di voler trovare un posto nel mondo: «We gotta make a decision, leave tonight or live and die this way/ Dobbiamo prendere una decisione, andarcene stanotte o vivere e morire in questo modo».

La cantautrice si distacca dalla linea delle grandi star vestite di glitter per la sua umiltà e impegno sociale preferendo spesso grandi eventi in cui poter lanciare grandi messaggi, affiancando anche celebri cantanti in giro per il mondo. Seppur la sua sia stata una carriera frastagliata, proprio perché lontana dalla scena del business, Tracy con gli album successivi non raggiunge l’accoglienza dell’album di debutto ma le sue canzoni continuano sempre a far breccia nei cuori come la famosa Talkin’ Bout a Revolution.

Un testo diretto e speranzoso.
Fare la rivoluzione non è da tutti, ma è per tutti!

Non so quanto oggi si parli ancora di rivoluzione ma mi piace pensare alle voci che scendono in piazza a smuovere cose. E Tracy Chapman lo canta in maniera così pacata «Don’t you know they’re talking about a revolution, it sounds like a whisper / Non lo sai stanno parlando di una rivoluzione, risuona come un sussurro», che quasi quasi il sussurro lo sento davvero.

Spesso quella voce risuona ancora nella mia testa, dice di prendere un biglietto per qualsiasi destinazione perché qualunque posto va bene, dice che c’è un’auto veloce… ma è abbastanza veloce da poter volare via?

Serena Palmese
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Serena Palmese

Mi piacciono le persone, ma proprio tutte. Anche quelle cattive, anche quelle che non condividono le patatine. Cammino, cammino tanto, e osservo, osservo molto di più. Il mio nome è Serena, ho 24 anni e ho studiato all’Accademia di belle Arti di Napoli. Beati voi che sapete sempre chi siete. Beati voi che sapete sempre chi siete.
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