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“Me ne frego”, ma non della lingua: le assurde italianizzazioni a opera del fascismo

Ferdinando Magellano? Forse cercavi Fernão de Magalhães. E non solo: cos’hanno in comune parole che utilizziamo quotidianamente come cornetto, autista o pallacanestro? Questi termini, insieme a molti altri, non sono altro che il risultato dell’opera di italianizzazione che il fascismo ha tentato di portare a termine… con risultati a tratti esilaranti.

In un regime totalitario che si rispetti, diventa una priorità assoluta impregnare di ideologia ogni ambito e aspetto della vita dei cittadini, dall’istruzione alla propaganda politica, dalle organizzazioni giovanili al mondo dello spettacolo.

Ma non è certo un caso che il fascismo, tra quelli del XX secolo, sia considerato il totalitarismo imperfetto, una sorta di fratello minore del nazismo o del comunismo, che pur essendo ideologicamente contrapposto a questi ultimi, resta un regime a tutti gli effetti.

Una delle battaglie che il fascismo ha perseguito con più foga nel corso del suo ventennio d’azione è stata quella per l’italianizzazione della lingua: diciamo “basta!” ai dialetti regionali ma soprattutto aboliamo gli esotismi – come amava definirli lo stesso Mussolini – delle lingue straniere. In particolare, tutti i termini legati al campo delle produzioni, del lavoro o degli sport appartenevano all’inglese, mentre il lessico specialistico della cucina venne acquisito prevalentemente dal francese, parallelamente ai prodotti e alle innovazioni tecnologiche degli altri paesi europei a cui questi nomi si riferivano.

I fascisti miravano infatti a raggiungere l’autarchia linguistica,a fondare su solide basi un italiano privo di contaminazioni estere che potesse rivelarsi un punto di forza per l’identità nazionale, coerentemente con il patriottismo e il nazionalismo che andavano proclamando.

Questo concetto fu già formalizzato, precedentemente, dal filosofo tedesco J.G.Fichte, ai tempi della battaglia di Jena e dell’occupazione napoleonica della Prussia, eventi che favorirono una sua evoluzione in senso nazionalistico. Nei suoi celebri Discorsi alla nazione tedesca dell’inverno tra il 1807 e il 1808 egli immaginò, per il mondo moderno, una nuova azione pedagogica tesa al rinnovamento sia materiale che psichico delle persone. Una rivoluzione dell’educazione di tale portata – e qui sta tutto il suo nazionalismo – non sarebbe potuta partire da nessun popolo che non fosse quello tedesco, proprio in virtù della lingua, che egli definisce “il carattere fondamentale” di un paese.I tedeschi sono, infatti, gli unici ad aver mantenuto la loro lingua, che è da sempre stata un tutt’uno con la vita concreta e la cultura del popolo germanico. Lo stesso non potrebbe essere detto, ad esempio, dell’Italia o dalla Francia, caratterizzate da una scissione in più piani spesso disomogenei tra cultura, lingua e popolo, proprio a causa dei numerosi mutamenti linguistici e la formazione dei dialetti neolatini che hanno fortemente minato all’identità unitaria di queste nazioni. Se il sangue dei tedeschi non è stato “contaminato” da altre stirpi, allora essi rappresenteranno il popolo per eccellenza, l’unico ad avere una patria e di conseguenza a costituire un’unità organica che si identifichi con la nazione – Fichte fa anche notare come nel suo senso letterale deutsch (tedesco) significhi originariamente volgare o popolare.

L’Italia, però, non è la Germania, ma soprattutto gli italiani non sono i tedeschi, ed è per questo motivo che quest’unità linguistica di cui potevano vantarsi i nazisti, i fascisti hanno dovuto cercare un po’ di crearsela da soli. In che maniera? Intraprendendo una lotta all’esterofilia, ovvero la tendenza a far entrare facilmente nel vocabolario termini appartenenti ad altre lingue.

“Basta con gli usi e costumi dell’Italia umbertina, con le ridicole scimmiottature delle usanze straniere. Dobbiamo ritornare alla nostra tradizione, dobbiamo rinnegare, respingere le varie mode di Parigi, o di Londra, o d’America. Se mai, dovranno essere gli altri popoli a guardare a noi, come guardarono a Roma o all’Italia del Rinascimento… Basta con gli abiti da società, coi tubi di stufa, le code, i pantaloni cascanti, i colletti duri, le parole ostrogote”.

(Il costume da Il Popolo d’Italia del 10 luglio 1938)

L’italianizzazione venne portata avanti con una serie di provvedimenti aventi forza di legge, a partire dall’intervento sulla toponomastica e sui nomi propri fino ad arrivare alla chiusura delle scuole bilingue, per non parlare poi delle disposizioni per la stampa e le case editrici, invitate a favorire la versione italiana o almeno italianizzata dei termini stranieri da tempo entrati in uso. Molti intellettuali appoggiarono l’iniziativa; si trattava prevalentemente di linguisti e letterati appartenenti a quella corrente purista che, sin dall’Umanesimo, aveva guardato con disprezzo all’eccessiva eterogeneità della lingua che si parlava in Italia al tempo. Tra questi, è importante menzionare Gabriele D’Annunzio, inventore di un gran numero di neologismi proprio in questo contesto – ricordiamo, ad esempio, velivolo che andò a sostituire macchina volante o eja eja alalà, corrispettivo italiano di hip hip hurrà.

L’opera di italianizzazione non andò esattamente a buon fine: sebbene qualche termine sia stato ben digerito dalla popolazione italiana, rileggere oggi le alternative alla lingua straniera proposte dal fascismo non può che strapparci un sorriso.

Segue un breve elenco delle più famose, miste a quelle più strane…

  • brioche: brioscia
  • champagne: sciampagna
  • croissant: cornetto
  • dessert: fin di pastoperalzarsi
  • embargo: divieto, fermo
  • film: pellicola o anche filme/filmo
  • krapfen (in pasticceria): bombola (da cui bomba e bombolone)
  • hotel: albergo
  • goulasc: spezzatino all’ungherese
  • menù: lista
  • stop: alt
  • toast: pantosto o pane tostato
  • cognac: arzente
  • panorama: tuttochesivede
  • ferry-boat: treno-battello
  • buffet: rinfresco
  • garage: rimessa
  • sandwich: traidue (poi tramezzino)
  • whisky: acquavite
  • gangster: malfattore
  • chauffeur: autista
  • insalata russainsalata tricolore
  • chiave inglese: chiavemorsa
  • bar: quisibeve
  • picnicpranzoalsole
  • cocktail: polibibita
  • plaid: scialle da viaggio
  • buffet: rinfresco o tavola fredda
  • flirt: amoretto
  • ouverture: overtura
  • pullman: torpedone
  • pullover: maglionefarsetto
  • smoking: giacchettada sera
  • soubrette: brillante
  • playboy/viveur: vitaiolo
  • sport: diporto
  • tour: giro
  • trainer: allenatore
  • football: palla al calcio (poi calcio)
  • tennis: pallacorda
  • rugbygiuoco della volata o anche giuoco della palla ovale
  • hockeyocheipalla-rotelledisco su ghiaccio
  • basketpalla al cestopallacanestro

 

Rebecca Grosso

Rebecca Grosso

Un giorno non avrò bisogno di presentazioni. Niente presuntuose ambizioni, solo una lontana speranza per una persona a cui stanno strette le definizioni. Mi piace selezionare le parole giuste ma il Negroni lo prendo sbagliato. Osservo molto, penso troppo e credo in poche cose di estrema importanza. Lascio un pezzo di me in ogni articolo che scrivo.
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