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L’anarchitettura di Gordon Matta Clark: come tagliare una casa in due

Avete mai visto una casa tagliata a metà?

O guardato attraverso i muri?

Vi siete mai messi a nudo davvero?

Gordon Matta Clark sì, attraverso i suoi tagli e i suoi fori ci guarda con quel sorrisino malizioso di chi ce l’ha fatta a spaccare tutto e fare un po’ di casino, con il chiaro intento di mettere in discussione il significato stesso dell’abitare e l’idea di privato.

Un po’ anarchico alla Sid Vicious e vulcanico come Jim Carrey, Matta Clark è uno dei primi artisti a considerare lo spazio metropolitano come campo fertile per la sua arte ma, occupandosi di fotografia, fotomontaggi, disegni non può essere definito semplicemente né un regista, né un fotografo. Tutto quello che è lo si può racchiudere nel termine public artist poiché i suoi interventi sono mirati all’azione sul paesaggio metropolitano e sull’architettura.

Laureato in architettura alla Cornell Univeristy di Ithaca, assume fin da subito un atteggiamento critico nei confronti dell’architettura dell’epoca, della cultura americana del benessere e degli stessi valori positivisti. Motivo per cui nel 1973 fonda l’Architecture Group, gruppo di artisti che utilizza la fotografia, la scultura e originali performance come mezzi espressivi per sottolineare la crisi e il fallimento dell’architettura. È così che Gordon Matta Clark lavora sull’idea di alterare visivamente il paesaggio modificandone la sua struttura portante. Se da un lato decostruisce, taglia e fora interi edifici, case e fabbriche, dall’altro costruisce la sua utopia visiva e ad un tratto la percezione dello spazio è multiforme, alterata, infinita. Lo spazio diventa un dubbio, perché si trasforma in qualcosa di totalmente soggettivo che cambia in base a ciò che vi accade all’interno.

I suoi lavori hanno però vita breve perché gli edifici sui quali opera sono destinati a essere demoliti o ristrutturati, quello che conta è lo sguardo momentaneo che fa sì che un determinato luogo assuma una sua identità provvisoria.

Splitting (1974) è forse la sua operazione più interessante e divertente, perché è una casa in piena regola con la forma della classica villetta americana. Matta Clark racconta di aver trovato all’interno gli oggetti di chi la abitava e ancora la carta da parati intatta. Quello che opera è un taglio netto, zenitale, una fessura larga due centimetri che divide la casa da parete a parete. La vista all’interno mostra la stessa fessura che diventa luce pura, la vista all’esterno mostra invece lo scheletro della casa. Le regole sono violate, il luogo privato per eccezione viene vivisezionato, aperto e mostrato dall’interno. Tagliando, forando e facendo a pezzi la materia l’intento dell’artista è sicuramente quello di scoprire com’è la vita dietro l’apparente piattezza e unicità di un muro, come sono i luoghi e chi li abita.

Lo spazio è determinato dallo sguardo e dall’osservazione perché quando uno spazio è banale e quotidiano diventa invisibile. Allora io chiudo gli occhi. Faccio un gioco. Immagino la mia casa tagliata a metà dentro e fuori e la possibilità, finalmente, di essere in due luoghi contemporaneamente.

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Serena Palmese
Vedi anche: Ho disegnato un cerchio! – Come Andy Warhol conobbe Steve Jobs

Serena Palmese

Mi piacciono le persone, ma proprio tutte. Anche quelle cattive, anche quelle che non condividono le patatine. Cammino, cammino tanto, e osservo, osservo molto di più. Il mio nome è Serena, ho 24 anni e ho studiato all’Accademia di belle Arti di Napoli. Beati voi che sapete sempre chi siete. Beati voi che sapete sempre chi siete.
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