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Il respiro della Venere 

di Luisa Ruggiero

“Visions Of Gideon” – Sufjan Stevens

Mirata e rimirata, la famosissima Venere che nasce dalle acque (1445-1510) di Sandro Botticelli nasconderebbe tra le pieghe del mantello sollevato da Flora, la dea della primavera, un misterioso dettaglio anatomico: un polmone, simbolo del respiro divino. “L’interpretazione personale e speculativa”, come sottolinea egli stesso, è di Davide Lazzeri, il chirurgo plastico, studioso di medicina dell’arte che nel 2016 ipotizzò l’artrosi di Botticelli da alcuni, prima sottovalutati, dettagli anatomici dei suoi soggetti.

Lo studio è apparso sulla rivista Acta Biomedica, ma ben si accosta alla precedente ricerca degli studiosi Blech e Doliner, i quali nel 2009 avevano rintracciato nell’altra notissima opera di botticelliana fattura La primavera (1482 circa), due polmoni nella vegetazione alle spalle della figura centrale della Venere.

“La forma strana del mantello mi ha fatto pensare: tramite una ricostruzione particolare ho eliminato la figura di Flora e ho visto che il mantello non aveva una forma proprio normale. Qualora Botticelli avesse voluto far vedere che il vento muoveva il mantello non avrebbe creato quell’incisione al di sopra del braccio della ninfa.

Poi ho studiato attentamente anche il colore che, insieme alla forma, mi hanno fatto pensare a un polmone e al suo significato allegorico” afferma il ricercatore. Il colore del mantello che andrebbe a coprire Venere prossima allo sbarco sull’isola di Cipro, è di un rosa scuro, molto intenso che ricorda quello del parenchima polmonare, mentre il particolare drappeggio, generato macchinosamente dal vento, suggerisce la forma dell’ilo polmonare, l’infossatura da cui passano bronchi nervi e vasi sanguigni.

“Ispirato dalla filosofia neoplatonica che circolava alla corte dei Medici, Botticelli potrebbe aver usato il polmone come simbolo per rappresentare la celebrazione allegorica del ciclo della vita generato dal respiro divino” sostiene ancora lo studioso.

Nonostante non ci siano fonti certe come quelle che riguardano Leonardo e Michelangelo, si pensa che anche Botticelli, facendo parte della corte dei Medici, avesse avuto modo di prendere parte alle autopsie pubbliche fatte per gli artisti: all’epoca era, infatti, consuetudine quasi obbligatoria per gli artisti assistervi, per una maggiore precisione nella rappresentazione dei corpi, “tanto è vero che nella ricerca riporto una legge di un’Accademia che imponeva lezioni di anatomia per gli artisti”, conclude Lazzari.

L’altro dettaglio che lo studioso rileva per avvalorare la sua teoria è legata alla figura e ai lavori di “Antonio del Pollaiolo, maestro di Botticelli e famoso esperto nella dissezione di corpi: potrebbe avergli mostrato un polmone in bottega”.

C’è un’altra figura, questa volta femminile, che potrebbe giocare un ruolo rilevante nell’interpretazione di questo dettaglio ricorrente nella vita artistica del pittore: Simonetta Cattaneo Vespucci, detta la Bella, che lo ha ispirato in due delle sue opere più importanti; il volto della nobildonna è presente nella Venere che esce dalle acque e in una delle Grazie ne La primavera.

Nonostante la presunta omosessualità, si pensava Botticelli si fosse invaghito di questa dama morta di tubercolosi a soli 22 anni, tanto da pretendere, 34 anni dopo, di essere sepolto accanto a lei nella Basilica di Ognissanti.

La bellezza platonica, eterea, effimera delle dee botticelliane, la continuità della linea che insegue l’idea di una malinconia sottesa, la dolcezza dei corpi nelle campiture vaste, illimitate, dunque, non sono l’unica chiave di lettura di opere che ad oggi non finiscono di stupire, nascondendo misteri che forse non smetteranno mai di rapirci e di sorprenderci.

La Redazione

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