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Alcune note sulle fiabe ed altre storie d’invenzione

di Cinzia Abis

Le fiabe, così come altre tipologie di storie d’invenzione, racchiudono in sé importanti messaggi psicologici, come certe conchiglie che al loro interno nascondono perle preziose. Questi racconti sono sistemi di metafore che aiutano a guardare da una distanza di sicurezza temi importanti e ci mettono di fronte a nodi emotivi da scogliere. I significati psicoanalitici delle fiabe, in effetti, sono molti e stratificati, come ha mostrato il lavoro di Bruno Bettelheim, psicoanalista austriaco. In questo senso, le fiabe sono irrinunciabili per l’accudimento e l’educazione di bambini e fanciulli, ma lo sono anche per altri motivi: mettendo, ad esempio, a confronto fiabe appartenenti a diverse tradizioni culturali esse diventano strumento e occasione di educazione all’interculturalità.

In certe tradizioni extra occidentali, le storie riconducibili al sottogenere della fiaba sono impiegate come “medicine”, a prescindere dall’età dei pazienti, come ampiamente argomentato da Clarissa Pinkola Estés, scrittrice e psicoanalista.

Le storie guariscono o aiutano a guarire, proprio perché trasfigurano simbolicamente tutto quanto è innominabile, conosciuto ma non pensato, motivo inconscio di sofferenza; fiabe e storie consentono altresì di apportare cambiamento e nutrimento alla propria esistenza. D’altronde un aspetto peculiare della fiaba è il lieto fine: in questo risiede la principale differenza con il mito.

È pertinente parlare di una saggezza psico-antropologica custodita e consegnataci dalle fiabe: il linguista russo Vladimir Propp ne ha delineato la struttura precipua (che consente di distinguerle dalle favole) individuandone le principali funzioni.

Se ridotta ai minimi termini, la fiaba può essere descritta in tre punti essenziali: da una situazione iniziale di apparente quiete si passa ad una situazione di crisi la cui risoluzione, grazie all’acume, all’ingegno o all’intuito del protagonista o anche all’aiuto di aiutanti magici, conduce alla lieta conclusione della storia.

C’è chi ha distinto le fiabe in due categorie, quelle femminili e quelle maschili, proprio in base alla natura delle risorse e delle modalità di cui i protagonisti si servono per uscire da una situazione difficile. In quelle femminili prevarrebbe il soccorso del magico, a riprova di una archetipica passività femminile, non per questo del tutto assente in alcuni personaggi maschili.

Per questa via è possibile tracciare un parallelismo tra fiabe e riti d’iniziazione, come suggerito dal filosofo e antropologo Mircea Eliade; il riferimento è in particolare a quei riti che sanciscono il passaggio sociale ed esistenziale dall’infanzia all’adolescenza, come pure da quest’ultima allo status di adulto. Non va, inoltre, trascurata l’identità tematica di fiabe e riti che riguardano quei processi che conducono alla costruzione sociale ed esistenziale delle identità di genere.

Particolarmente poetiche e colme di grazia sono le fiabe scritte da Hans Christian Andersen, tra le quali ricordiamo: Il brutto anatroccolo, La sirenetta, Il soldatino di piombo. Piene d’ incanto e fascino sono pure le indimenticabili fiabe della tradizione orale e popolare europea, trascritte da Charles Perrault e dai fratelli Grimm.

In origine si trattava di storie di cui ovviamente, specie nell’oralità, esistevano diverse varianti geografiche, riconducibili tuttavia a un nucleo ben preciso, così confluite e pervenuteci rispettivamente in un’unica storia.

Di queste ricordiamo le fiabe senza tempo di Cenerentola, Pelle d’asino, I tre porcellini, Cappuccetto Rosso, Biancaneve, La bella addormentata nel bosco, I tre nanetti nel bosco. Altre fiabe famose, come Alì Babà e i quaranta ladroni, sono tratte invece da raccolte di novelle, tra le quali spicca la raccolta di racconti orientali Le mille e una notte.

Del fascino delle fiabe, com’è ovvio, non è affatto trascurabile l’aspetto creativo ed estetico, l’ingegno e la poesia insiti nella fantasia con cui sono state inventate o reinventate, la grazia della penna da cui sono usciti personaggi e trame. Lo sforzo creativo dell’uditore o lettore è un’altra componente cruciale nella comprensione della fiaba, che può donare al racconto nuovi significati e valori morali.

Non va dimenticato l’aspetto storico-letterario di storie e novelle: per rendercene conto basti pensare al Decameron di Giovanni Boccaccio o a Lo cunto de li cunti di Gambattista Basile, raccolta di fiabe in lingua napoletana, intenzionalmente destinata dall’autore all’intrattenimento dei “peccerille”. Va da sé che le storie in cui l’elemento fantastico e magico è preponderante allietano i più piccoli.

Degne di nota sono anche le Fiabe italiane a cura di Italo Calvino.

La Redazione

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