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James Senese, tra jazz e Mediterraneo: un ponte senza fine

James Senese non era solo un musicista. Era Napoli intera che respirava dentro un sassofono.
Come l’amico “nero a metà” Mario Musella, voce degli Showmen, James era uno dei tanti figli della guerra nati a Napoli nel ’45. Figlio dell’amore tra un soldato afroamericano e una donna napoletana — una di quelle storie che avrebbero ispirato Tammurriata nera — è stato la voce viva, aspra e sanguigna di un’identità meticcia, mai doma.

Ha trasformato la propria dualità in forza creativa: «‘O sax porta le cicatrici della gioia e del dolore», amava ripetere. Cresciuto tra le strade di Miano, nella periferia nord di Napoli, imparò presto che il suono poteva diventare linguaggio, libertà e strumento per farsi ascoltare. In quegli anni difficili, tra pregiudizi e differenze, James trovò nel sax la sua voce, capace di raccontare rabbia e gioia, dolore e vita. «Non è stato facile crescere nero nella periferia napoletana del dopoguerra», ricordava, «ma da allora non è cambiato nulla. Il razzismo ce l’abbiamo dentro, perché non sempre riusciamo ad accettare la diversità. Per questo dobbiamo lavorare quotidianamente su noi stessi» (Anima nera – Il documentario Parthenopeius). 

Quel lavoro lo compie attraverso la musica, plasmando note che diventano carne, fiato e sudore. Il suo sax racconta rabbia e malinconia, orgoglio e dolore, “appucundria” e vita: un respiro universale che supera confini e quartieri, parlando direttamente all’anima di chi ascolta.

L’uomo dietro il mito

Non era un uomo da raccontare, ma da vivere — con quella massa anarchica di capelli, la voce cavernosa, i gesti ampi e l’intercalare che lo rendevano inconfondibile: «Alla quale, è chiaro… e capit?»
Ha lottato tutta la vita per farsi comprendere e accettare. Forse per questo finiva ogni frase con quella domanda, come a cercare conferma di essere davvero ascoltato.
Quella sua apparente durezza, quel modo di mostrarsi “forte”, a tratti burbero, era solo una corazza: la difesa di chi aveva imparato presto quanto fosse difficile sopravvivere a una vita che non gli ha mai fatto sconti.

Le origini e la scoperta della musica

Gaetano “James” Senese — Gaetano come il nonno che lo ha cresciuto, James come quel sangue afroamericano che scorreva nelle vene — nasce a Napoli il 6 gennaio 1945 e cresce a Miano, dove impara presto a usare il sassofono per farsi ascoltare.
Sono gli anni in cui la musica americana scuote i corpi: swing, boogie woogie, Glenn Miller e John Coltrane accendono in lui la passione per la musica. Sua madre Anna, intuendone il talento, gli regala il primo strumento quando ha solo dodici anni. Da allora James sa che la musica sarà la sua vita.

Dagli Showmen ai Napoli Centrale

Nei primi anni ’60 fonda gli Showmen, protagonisti del R&B in Italia. Ma nel 1974 arriva la svolta: insieme a Franco Del Prete dà vita ai Napoli Centrale, un progetto che avrebbe cambiato la storia musicale italiana. Jazz, funk, rock e dialetto napoletano diventano strumenti per raccontare la città, la fatica, le periferie, la dignità.

Con il primo singolo Campagna e l’album omonimo, la band si afferma collaborando con musicisti come Mark Harris, Joe Amoruso, Ernesto Vitolo e Walter Martino.
Nel 1978 entra Pino Daniele come bassista: nasce un vero “supergruppo” con Tullio De Piscopo, Rino Zurzolo, Joe Amoruso e Ernesto Vitolo. «Lo prendemmo come bassista anche se non aveva neanche il basso. Glielo comprammo noi. Ma ci aveva già capiti: in una cosa eravamo uguali, la ricerca, la sperimentazione», ricordava James (Pino Daniele – Nero a metà, documentario di Marco Spagnoli).

«Io canto in un linguaggio universale — diceva Senese — perché ho scelto Napoli, ho scelto il linguaggio napoletano. Napoli è l’unica città che ha questo sapore di vita che non c’è in altri posti».
Con Pino Daniele dà vita al Neapolitan Sound: il sax di James e la voce di Pino dialogano in modo crudo e autentico, raccontando Napoli e il Mediterraneo con una forza che diventa universale.

Una carriera senza compromessi

Con il suo sax, Senese attraversa cinquant’anni di musica: dalla canzone leggera italiana al funk-jazz, dal cantautorato alla sperimentazione. Sempre fedele a sé stesso, lontano dalle mode, autentico e viscerale, capace di far vibrare emozioni e radici con ogni nota.

Dopo lo scioglimento dei Napoli Centrale nel 1983, intraprende la carriera solista, per poi tornare nel 1992 con l’album James Senese.
Tra i lavori più celebri: Zitte! Sta arrivanne ’o mammone (2001), con Enzo Gragnaniello, Lucio Dalla e Raiz; È fernuto ’o tiempo (2012); e il progetto JNC con i Napoli Centrale, culminato nell’album ’O sanghe (2016), vincitore della Targa Tenco come miglior disco in dialetto.

Nel 2018 celebra i 50 anni di carriera con un doppio live al Teatro Tasso di Sorrento e sperimenta una trasposizione dei suoi brani con i Soul Six. Il 21° album, James is Back, viene presentato nel 2021 all’Auditorium Parco della Musica di Roma.

Oltre la musica

Anche il cinema fa parte della sua storia: compone colonne sonore e recita in film come No grazie, il caffè mi rende nervoso con Massimo Troisi e Lello Arena, Zora la vampira, Rosa Funzeca e Una festa esagerata di Vincenzo Salemme.
Nel 2020 il documentario James racconta la sua vita e carriera alla Mostra del Cinema di Venezia.

L’eredità di James

James Senese lascia un patrimonio immenso: non solo musicale, ma umano. Ha insegnato che la diversità è una ricchezza, che la musica può essere radice e rivoluzione, e che la coerenza, anche quando pesa, è l’unico modo per restare liberi.
Come diceva lui: «Siamo una razza sola, Dio ci ha fatto uno solo. Anche se poi siamo espatriati in tutto il mondo. Ma la diversità fa parte della natura».

Nonostante l’età, James era rimasto vivo, combattivo, ancora in tour, con la voglia di suonare e raccontare.
Ha lasciato un testamento sonoro e morale: la libertà di costruire la propria strada, l’importanza dell’identità, la musica come riscatto, la coerenza come stile di vita.
Napoli non perde solo un artista: perde un’anima che continuerà a risuonare nei vicoli, nei locali, nei vinili e nei cuori di chi l’ha ascoltato.

Note senza fine

In una delle sue ultime interviste diceva: «Dunque non ci sono più questi sentimenti d’amore. C’è una rivoluzione che non è rivoluzione».
E aggiungeva: «Se manca la voglia di capire la storia, ciò che è accaduto prima di noi, e se manca l’amore, si sopravvive in modo stagnante, effimero».

Ottant’anni di vita tra difficoltà e poesia, coerenza e umanità. Un artista che ha suonato sempre dalla parte della verità, senza mai tradire sé stesso.
Se la musica è un ponte tra chi siamo e chi potremmo essere, James Senese lo ha costruito con il sax in mano.

E se oggi tace il suo strumento, il suono resta — potente, inquieto, generoso.
Come la vita che ha vissuto.
Come l’impatto che ha avuto.

Grazie, “Jamesiello”.

Roberta Aurelio

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Roberta Aurelio

Roberta Aurelio – Comunica, scrive e respira cultura. Giornalista pubblicista (in progress), appassionata di storie fuori fuoco, concerti sudati e manifesti sbiaditi. Colleziona vinili, parole e istanti analogici. Ama i dettagli e la luce giusta. Rifiuta ingiustizie e condanna i soprusi. Quando scrive, intreccia pensiero critico e sensibilità poetica. Vive a Napoli, con lo sguardo altrove.
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