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La Germania si oppone a Chat Control 2.0: una vittoria per la privacy dei cittadini europei

Buone notizie: il governo tedesco non sostiene Chat Control 2.0, la proposta della Commissione Europea che imponeva il controllo dei nostri messaggi, foto, video e audio privati con il presunto obiettivo di combattere la pedopornografia.

Con il dietro front della Germania – conseguente all’enorme pressione pubblica contraria alla proposta – viene meno la maggioranza richiesta nel Consiglio europeo, facendo fallire il piano di far passare la nuova legge la prossima settimana.

Il 14 ottobre 2025 è infatti previsto il voto per l’approvazione della proposta di legge, ma per approvarlo serve una maggioranza qualificata che adesso non è più garantita. Siamo riusciti a difendere il diritto alla privacy e a ricordare a noi stessi che quando il popolo si fa sentire, il cambiamento è davvero possibile.

Per comprendere meglio la minaccia che abbiamo sventato – almeno per il momento – facciamo prima un doveroso passo indietro. 

Che cos’è Chat Control 2.0?

Il suo nome ufficiale sarebbe Csar (Child Sexual Abuse Regulation), ma è stato ribattezzato più semplicemente “Chat Control”. Si tratta di una regolamentazione che prevede l’obbligo per tutti i fornitori di servizi di messaggistica di controllare perennemente e continuamente tutte le nostre chat. Parliamo di whatsapp, Signal, Gmail, Facebook, Instagram, Messanger… Ogni messaggio, foto, video e audio scambiato con amici, parenti o fidanzati, in poche parole, smetterebbe di essere privato. Le confessioni intime, i messaggi di aiuto inviati allo psicologo nei momenti più vulnerabili, il sexting col partner: tutto.

Insomma, ora gli amici complottisti forse potranno dire per la prima volta che “avevano ragione loro”. 

L’obiettivo dichiarato dalla Commissione europea per giustificare quella che è a tutti gli effetti una vera e propria sorveglianza di massa è la lotta alla pedopornografia: il controllo sarebbe necessario per individuare, bloccare e segnalare l’invio di contenuti pedopornografici e tutelare i minori dal grooming (adescamenti online). 

La proposta del controllo obbligatorio era stata presentata dalla Commissione Europea già l’11 maggio 2022 e sarebbe arrivata il 14 ottobre 2025 ad una fase decisiva. Ciò che forse non sapevamo però è che in realtà alcuni servizi di messaggistica stanno già implementando da anni questa regolamentazione in maniera volontaria (esisteva dunque da anni un Chat Control 1.0). Tra questi: Gmail, Facebook, Instagram, Messanger, Skype, Snapchat, Icloud email e Xbox.

Come avviene il controllo delle chat?

Tutti conosciamo il messaggino di Whatsapp che ci informa della presenza della crittografia end-to-end, il sistema che impedisce ai gestori dei servizi di accedere ai messaggi, leggibili dunque solo dai singoli utenti, fondamentale per garantirne la privacy. Ciò che intendeva fare Chat Control 2.0 era obbligare gli operatori a introdurre strumenti che consentono di visualizzare i contenuti prima che questi vengano crittografati, in modo da individuare quelli sospetti prima che siano inviati. 

La prossima domanda, a questo punto, viene da sé: come avrebbero fatto i fornitori dei servizi di messaggistica a scansionare una tale quantità di messaggi, foto, video, audio? La proposta prevedeva che un primo screening avvenisse tramite algoritmi di AI. Successivamente, i contenuti segnalati come sospetti sarebbero stati sottoposti alle autorità umane, ma le criticità sono tutto fuorché poche: siccome alcuni fornitori, sopra citati, implementano già il controllo da anni, è stato in realtà già testato, attraverso gli studi commissionati dal Parlamento e da vari centri di ricerca, che molti dei contenuti segnalati dall’AI sono irrilevanti dal punto di vista penale. Si tratta cioè di falsi positivi: non materiale pedopornografico, ma semplice materiale privato! Flirt, sexting consensuale, nipotini al mare in costume, foto dei propri bimbi a scopo medico…

Esempi assolutamente non casuali: durante la pandemia da Covid 19 infatti, per far fronte alle difficoltà legate agli spostamenti e alle visite mediche ridotte all’osso, due genitori decidono di inviare al pediatra – sotto suo consiglio – la foto delle parti intime doloranti del proprio bimbo. La risposta arriva e il piccolo sta meglio dopo poco tempo, ma un anno dopo il padre scopre di essere indagato per pedopornografia infantile e dovrà aspettare un altro anno prima che tutto venga finalmente dichiarato un grosso malinteso. Si tratta di una delle testimonianze dell’impatto che un falso positivo può avere sulla sfera personale di un cittadino vittima di errore, e non è l’unica. 

Una lettera aperta della comunità scientifica indirizzata alla Commissione Europea ha fatto luce su un altro importantissimo rischio che potrebbe ledere i cittadini: il facile accesso per gli hacker. In poche parole, se la legge crea una porta per accedere ai nostri contenuti privati, dobbiamo anche aspettarci che possa essere scassinata. 

Parliamo di efficacia: sacrificare la nostra privacy riuscirebbe almeno a combattere la pedopornografia?

La risposta è no: gli studi commissionati dal Parlamento e dai centri di ricerca non hanno solo evidenziato che i sistemi producono molti falsi positivi, ma anche che sono facilmente eludibili da chi vuole diffondere contenuti illeciti. Basta sgranare qualche pixel o utilizzare qualsiasi altro metodo per distorcere anche minimamente l’immagine. 

Il dato più rilevante però riguarda il modo in cui i criminali si scambiano materiali pedopornografici: di certo non tramite email o whatsapp, bensì attraverso forum segreti e autogestiti senza algoritmi di controllo. 

Tra coloro che si sono espressi contro Chat Control 2.0 ci sono anche il Comitato europeo per la protezione dei dati, il Garante europeo della protezione dei dati e la giurisprudenza della Corte di Giustizia Europea, che ritengono la regolamentazione una totale violazione dei diritti fondamentali delle persone quali il rispetto della privacy, la protezione dei dati e la libertà di espressione.

E le vittime di abusi? Le organizzazioni che si occupano di tutelare le vittime, cosa ne pensano? Ecco alcune testimonianze: 

«Essendo vittima di abusi, per me è importante che sia possibile una comunicazione basata sulla fiducia, ad esempio nei gruppi di auto-aiuto e con gli psicologi. Se la crittografia viene compromessa, si indeboliscono anche le possibilità per le vittime di abusi sessuali di cercare aiuto», oppure: «utilizzare il velo della moralità e la scusa di proteggere i più vulnerabili e amati nelle nostre società per introdurre questa potenziale iniziativa mostruosa è spregevole».

“Essendo stata io stessa vittima di violenza sessuale da bambina, sono convinta che l’unico modo per fare progressi su questo tema sia l’istruzione. La sorveglianza generalizzata delle comunicazioni non aiuterà i bambini a smettere di soffrire per questa violenza inaccettabile.”

E qui arriviamo al punto di tutta la questione: smettere di privilegiare sempre la punizione a discapito della prevenzione. Il modo migliore per proteggere i più vulnerabili della nostra società non è punire un atto che si è già manifestato, ma evitare che si manifesti dal principio. Le possibilità di intervento basate sulla prevenzione sono molteplici: formazione per le forze dell’ordine in materia di darkweb; tutela e soprattutto fondi per le organizzazioni che proteggono le vittime, linee di assistenza, centri di consulenza (che soffrono sempre di scarsi finanziamenti); soprattutto alfabetizzazione mediatica ed educazione sessuo-affettiva affinché i bambini stessi possano riconoscere i segnali di allarme. 

La Germania si oppone e la maggioranza salta

Venendo meno l’appoggio del gruppo CDU/CSU, la Germania – finora tra gli indecisi  – non potrà appoggiare la proposta, allontanando la quota dei favorevoli dalla maggioranza qualificata. L’8 ottobre infatti, il politico tedesco Jans Spahn ha affermato: “noi dell’Unione Cristiano Democratica ci opponiamo all’ingiustificato controllo delle chat. Sarebbe come aprire tutte le lettere come misura precauzionale per vedere se dentro c’è qualcosa di illegale. Questo non è accettabile e noi non lo permetteremo”. 

Un’ondata di email dal popolo, proteste di scienziati e organizzazioni hanno reso possibile questa vittoria, ma è estremamente importante non abbassare la guardia. Ce lo ricorda Patrick Breyer, ex membro del parlamento europeo che combatte per la libertà digitale: “questo dimostra che le proteste hanno il potere di fermare un sistema di sorveglianza totalitario, ma la minaccia non è arginata. I sostenitori di chat control non si arrenderanno così facilmente. Continueremo a combattere fin quando questa proposta sarà cancellata una volta per tutte e la privacy delle nostre vite digitali sarà assicurata”. 

“Freedom is only as valuable as our willingness to fight for it”

Patrick Breyer

Simona Settembrini 

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Simona Settembrini

Simona Settembrini, classe 2001, laureata in “Culture Digitali e della Comunicazione”. Per descrivermi al meglio, direi che l’amore, in qualunque sua forma, è sempre al primo posto nella mia vita. Scrivo perché mi aiuta a rendere il mondo meno confuso e per mettere nero su bianco le mie emozioni e quelle degli altri, perché in fondo sono tutte uguali.
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