Arte & CulturaPrimo Piano

Tutto ciò che resta è un tocco

“Mi lavo il viso viscido di lacrime, mi lavo le orecchie infilando le dita fin quasi al timpano, come faceva mia madre, quand’ero piccolo e mi faceva la doccia dentro al bidè.”


“Con quelle sue dita enormi che mi frugavano ovunque, anche dentro alle orecchie, e la imploravo di smettere, perché erano troppo grosse e mi facevano male.”

Frammenti di testo che scavano nella pelle e sembrano perforare la membrana sottile che separa il mondo esterno da quello interiore, l’anima errabonda che vi abita.

Esistono storie, come quella scritta da Piero Bellotto, che prendono il largo nella speranza di trasformarsi e di trasformare chi le legge. Cipria, romanzo pubblicato nel 2024 nella collana “Raccontami” della casa editrice Inknot, innesca il dispositivo romanzesco attraverso un senso troppo spesso dimenticato: il tatto.

Una sequenza di ricordi alterna continuamente i piani temporali: c’è il bambino emarginato che danza davanti alla televisione, e poi l’adolescente che fatica a esistere dentro un corpo percepito come inadatto — troppo magro, troppo femmineo, “troppo” lontano da un’estetica usa e getta in clima piccolo borghese torinese.
In una piccola città come Ivrea deve affrontare discriminazioni, silenzi, e le prime scoperte erotiche legate alla sua omosessualità. Fino a quando, al termine di una relazione perniciosa con Sally, decide di trasferirsi a Milano per poi perdersi, insieme a un compagno, nella babele di corpi, godimento sessuale e sostanze psicotrope, nel tentativo disperato di dare una direzione alla propria esistenza.

Il nucleo centrale che tiene insieme i molteplici piani narrativi è il superamento del lutto: la morte della madre, nemesi del protagonista, e insieme figura amatissima e odiata. Lula — o Mamau, il suo alter-ego demoniaco — è una donna di bellezza folgorante, rinchiusa nelle mura domestiche con un bicchiere di vino in mano, sempre pronta a schivare gli sguardi del marito, “duro come roccia”. Intorno a lei ruotano stati emotivi contrastanti, oscillanti tra bagliori di gioia e ombre profonde, come se bastasse un suo gesto o un’asserzione per passare da un’intimità bruciante con il figlio a una distanza siderale, “pesante”, invalidante.

Eppure, è proprio il tatto il senso che ricongiunge ogni azione del protagonista: il lutto passa attraverso la perdita di qualunque tocco, l’assenza della membrana dell’altro che si dissolve. Prima c’era, ora non c’è più. L’assenza della dimensione aptica è la dissoluzione del corpo. Senza tatto resta solo un mulinello di pensieri e ricordi che si accalcano, folli, nel tentativo di ricostruire un’esistenza, un rapporto spezzato e frammentario.

“Mi siedo accanto a lei e le prendo una mano tra le mie.
‘Che succede, Lula?’ Le lacrime erompono nuovamente, come un fiume in piena che sfonda un argine, distruggendolo per sempre.
‘Cosa mi stai chiedendo, Piero?’
‘Intendo… che cosa succede quando moriamo.’
‘Tu che pensi che succeda quando moriamo, Piero?’
Non lo so ancora, mamma. ‘Ricordi i pomeriggi in cucina? Io tornavo dai miei giri in bici e tu eri lì, ad aspettarmi. Eri sempre arrabbiata e io non so perché.’
‘Credo di averlo dimenticato.’”

Forse il senso è tutto lì: nella memoria di un gesto, nella luce che filtra tra i rami al tramonto. Il protagonista cerca costantemente la fisicità anche quando il corpo è assente, e i ricordi assumono una consistenza tattile: la rugiada sui petali di cartamo tra l’alba e l’arrivo del sole caldo del mattino, rugiada che ha la stessa densità delle lacrime sulla pelle. Non è un caso che dal cartamo essiccato si ricavino cosmetici, in particolare il rossetto: cipria, rossetto, cosmesi per lambire un corpo ferito, per ridargli una superficie. In questo senso l’intreccio del romanzo segue un dispositivo simile a quello del film d’animazione Pioggia di ricordi dello Studio Ghibli, dove, sullo sfondo della metropoli industriale di Tokyo e di un incantevole distretto rurale, si raccoglie il cartamo per produrre cosmetici mentre una donna tenta di ricostruire la propria esistenza al di fuori di modelli di vita rigidi e vetusti. Forse è proprio quella spinta vitale che è mancata a Lula, aggrovigliata in ruoli che non ha mai sentito davvero suoi: “madre”, “amante”. Anche per questo il romanzo si compone di diciassette capitoli, ognuno costruito attorno a un frammento centrale di ricordo — una “pioggia”, per l’appunto —: da “Ammazzavampiri”, che racconta la prima fuga a una festa a tema Buffy l’ammazzavampiri e il momento esatto in cui apprende il lutto, fino ad “Aghi di pino”, ultimo commiato a Trieste, dove il protagonista prende congedo dalle sue disavventure.

Il protagonista ama la madre, e nei rari momenti di amore corrisposto esplode il “senso dimenticato”. Come afferma il filosofo Pablo Maurette nell’omonimo saggio, l’aptico è l’unica forma di sensazione che non è localizzata in una parte o in un organo specifico del corpo: nasce nella nostra interiorità insondabile, opera in ogni muscolo, organo e legamento, scorre nel flusso sanguigno seguendo il ritmo del cuore e si diffonde nella pelle, mettendo radici nel nostro nucleo affettivo. È l’unico senso che può dispiegarsi da solo.

Ed è per questo che tutte le consapevolezze del protagonista passano attraverso il tocco: dagli amori non corrisposti al proprio volto che percepisce come un nemico, dal primo desiderio omoerotico suscitato dal corpo del migliore amico fino alle mani della madre Lula. «Sarebbe davvero bello, se la sapienza fosse in grado di scorrere dal più pieno al più vuoto di noi solo che ci mettessimo in contatto l’uno con l’altro», dice Socrate ad Agatone nel Simposio di Platone. Bellotto ci suggerisce che, invece, è proprio attraverso la membrana del corpo che arrivano i momenti folgoranti e illuminanti. I segreti della vita non possono passare che attraverso il linguaggio della tattilità: la massima Epifania possibile è un quasi toccare.

E se il lutto è la totale dissoluzione del tocco della persona che non c’è più, è forse attraverso un’accezione aptica più ampia che si può ricongiungersi alla totalità dei sensi.

«Io adesso sto solo tornando a casa, mamma. Sto tornando come una goccia di pioggia che ritorna a quel mare di cui ha sempre fatto parte. Tutto è parte di questo mare. Tu, io, la nonna e anche colui che dicevi fosse mio padre. Tutti gli uomini e tutte le donne che ho toccato […]».

E poi: «Adesso, in questo preciso istante, mi ricordo ogni cosa: non esiste nessuna tristezza, non esiste gioia, non esiste la vita, non esiste la morte. C’è solo la risacca: avanti e indietro senza sosta, come un pendolo sospeso su un accogliente nulla, ancora e ancora, all’infinito. Io sono questo, mamma: sono dentro a ogni onda, sono ogni minuscolo granello di sabbia. Io sono questo mare».

E allora viene naturale pensare che dietro ogni persona viva o morta che non c’è più, se chiudiamo gli occhi, possiamo ancora toccare la loro pelle, i loro fianchi, i loro nasi, il respiro caldo sul viso. E forse, come suggerisce Piero Bellotto, quando moriremo non diventeremo cenere, ma solo cipria: cipria per imbellettare il viso, per una pelle splendida, per una bellezza luminosa che non ha più paura di nulla, finalmente. Una bellezza che assapora la vita e anche la morte. La bellezza abbacinante che ognuno di noi possiede.

Forse, la vecchia credenza occidentale che colloca l’essenza di ciò che siamo all’interno del corpo, inaccessibile ai sensi, è falsa.

Forse la nostra natura si trova proprio sulla superficie: sulla pelle luminosa cosparsa di cipria.

Luigi Celardo

Leggi Anche : FOMO letteraria: quando l’ansia di perderci il prossimo capolavoro ci impedisce di goderci la lettura

Luigi Celardo

Uno dei primi ricordi di cui ho memoria è legato alla scelta del mio nome. Mia madre decise Luigi per il richiamo regale, per mio fratello scelse Teo. Insomma: Re e Dio (le aspettative erano basse!) Ho ereditato la follia familiare (non la megalomania, fortunatamente). Dopo una laurea in ingegneria delle telecomunicazioni, ho deciso di specializzarmi nella comunicazione umana in ogni sua forma (addio transistor e resistori!) Cerco di comprendere i segreti del linguaggio bazzicando romanzi post-moderni, saggi di sociologia, pellicole della Nouvelle Vague e serie-tv comiche.
Back to top button
Panoramica privacy

Questa Applicazione utilizza Strumenti di Tracciamento per consentire semplici interazioni e attivare funzionalità che permettono agli Utenti di accedere a determinate risorse del Servizio e semplificano la comunicazione con il Titolare del sito Web.