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Di buon passo – nell’Appennino che resiste: il progetto di viaggio in solitaria lungo l’Italia dello spopolamento

Non un servizio o un tour organizzato per singoli viaggiatori, Di buon passo è un progetto per esplorare e raccontare i territori dell’entroterra lungo l’Appennino. 

La partenza, per questo lungo viaggio alla scoperta di sé e dell’Appennino che resiste, è avvenuta il 7 maggio 2024. 5mila km lungo lo stivale: dalle Madonie in Sicilia sino alle Langhe piemontesi. Di buon passo è un esplorazione personale e culturale realizzata in solitaria su due ruote. L’obiettivo?

“Prima di partire per questo viaggio ho stellato un decalogo per me molto importante, un insieme di piccole massime che mi guideranno lungo il percorso e che mi sono ripromesso di seguire: raccoglierò testimonianze, non esprimerò giudizi; scriverò il diario come Sylvan Tesson: breve, conciso, essenziale; porterò a casa una conoscenza interstiziale dell’Appennino; mi atterrò ai fatti; metterò da parte i pregiudizi; viaggerò con il sorriso; ascolterò con entusiasmo le persone che incontrerò sul cammino; lascerò traccia del mio passaggio; sarò una voce fuori campo; mi affiderò all’istinto”

ha così presentato il suo progetto Capasso Salvatore, ciclo-viaggiatore, speleologo e camminatore.

Classe ’57 Salvatore Capasso, ideatore del progetto Di buon passo, è da sempre un appassionato di montagna e viaggi in bicicletta; nel 1985 insieme ad altri ha fondato il Gruppo Escursionisti del Matese e negli anni successivi ha fatto parte del Corpo Nazionale di Soccorso Alpino – Sezione Speleologica.

Verso la fine degli anni novanta nasce la mia passione per i viaggi in bicicletta; nel 1999 il mio primo viaggio attraverso tutta la Gran Bretagna. (…) Dopo il covid nasce il progetto “Di buon passo – Viaggio in bicicletta dalle Madonie alle Langhe nell’Appennino che resiste”.

In uno degli ultimi aggiornamenti – quello del 25 giugno 2025 – prima dello stop forzato, i chilometri percorsi erano circa 1500:

“Per portare innovazione nei luoghi di origine, per far nascere nuove idee, occorre viaggiare senza fare il turista. Per fare ricerca antropologica, sociale, economica e demografica delle aree interne appenniniche, l’unico mezzo è la bicicletta”.

Una scelta coraggiosa, ma che offre numerosi spunti di riflessione, sia simbolici che pratici. La bicicletta impone un ritmo lento, che consente di cogliere i dettagli del paesaggio e delle comunità.

Non è un mezzo invasivo: entra nei paesi senza rumore, senza barriere e favorisce l’osservazione etnografica e i rapporti umani autentici. Il mezzo scelto diventa messaggio: un atto di coerenza verso le aree marginali e i temi dell’ecologia sociale.

“Di buon passo non è un viaggio di piacere, né tantomeno turistico – anche se questi due aspetti, in un certo senso, sono sempre presenti, ma in tono minore. È un viaggio di ricerca, la cui priorità è incontrare persone che, con la loro tenacia, “resistono” e innovano nelle terre dell’Appennino”.

Il progetto Di buon passo non ha bisogno di illusioni romantiche: è importante interrogarsi sull’identità dei nostri paesi e valorizzare le comunità che resistono e innovano; le realtà dell’entroterra dell’Italia non sono mostrate romanzate, bensì come aree attive, seppur in costante difficoltà. E Salvatore Capasso, lo fa a modo suo, nell’unico modo che gli avrebbe permesso di osservare queste terre e raccogliere testimonianza, con la sua bicicletta, inseparabile amica e confidente. In un’epoca in cui tutto corre veloce e i territori marginali rischiano di scomparire dalla coscienza collettiva, il progetto Di buon passo va controcorrente: non un semplice attraversamento fisico dell’Appennino, ma un itinerario morale e politico.

Salvatore Capasso ci mostra l’importanza della memoria, della consapevolezza e della coscienza territoriale; ci insegna quanto importante sia farsi ascoltare anche attraverso il silenzio. I nostri territori, quelli ai limiti, quelli nel cuore del nostro paese, sono una risorsa preziosa: non solo campi, ma radici e futuro. Difendere le terre rurali significa investire in noi stessi e nella nostra identità.

Antonietta Della Femina 

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Photo credits profilo Facebook Salvatore Capasso

Antonietta Della Femina

Classe ’95; laureata in scienze giuridiche, è giornalista pubblicista. Ha imparato prima a leggere e scrivere e poi a parlare. Alcuni i riconoscimenti e le pubblicazioni, anche internazionali. Ripete a sé e al mondo: “meglio un uccello libero, che un re prigioniero”. L’arte è la sua fuga dal mondo.
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