Sessualità femminile: riscrivere il piacere in un mondo che ci ha negate

Per secoli, il piacere femminile è stato ignorato, negato, censurato. L’orgasmo delle donne è stato a lungo un mistero, nascosto dietro una cultura maschile fallocentrica. Il corpo delle donne è stato raccontato soprattutto come strumento di riproduzione, non come fonte di piacere e desiderio autonomo.
Il clitoride, centro pulsante del piacere, è stato invisibilizzato nella scienza e nell’educazione sessuale. Oggi, riscoprire il piacere è un atto politico e terapeutico. È un modo per liberarsi da narrazioni oppressive e per riconnettersi con il proprio corpo, la propria identità e i propri desideri.
Per secoli, l’orgasmo femminile è stato definito letteralmente “un mistero”, talmente fitto che persino la scienza medica si è arresa, relegandolo nel limbo delle “cose che succedono ma non si sa perché”.
Gli stessi scienziati che hanno mappato il DNA, che hanno mandato l’uomo sulla Luna e che hanno commercializzato il Viagra in tempo record si sono improvvisamente trovati spiazzati di fronte al clitoride. Come dire: “Sappiamo tutto dell’universo, ma questo piccolo organo ci confonde terribilmente”.
La verità è che il mistero non esiste, ma esisteva una volontà precisa di mantenere nell’ombra tutto ciò che riguarda l’autonomia sessuale femminile. Perché un piacere indipendente, autosufficiente, che non necessita di penetrazione per essere raggiunto, mette in discussione secoli di narrazioni patriarcali. È più comodo parlare di isteria piuttosto che riconoscere che le donne hanno diritto al piacere tanto quanto gli uomini.
Il clitoride ha 8000 terminazioni nervose, il glande maschile ne ha solo 4000. Eppure, fino al 1998 (l’anno in cui usciva Titanic e nasceva Google) non esisteva una rappresentazione anatomica completa di questo organo. Mentre il mondo si connetteva digitalmente, la medicina ignorava la vera struttura del piacere femminile. Non è un caso, è una scelta politica.
Per troppo tempo, il corpo femminile è stato raccontato come un contenitore. Un utero con le gambe, se vogliamo essere brutalmente onesti. La donna esiste per essere riempita di bambini e di aspettative altrui. Il piacere? Un lusso, un capriccio, qualcosa di superfluo e che distrae dal vero scopo: la riproduzione. Questa narrazione ha radici profonde nella storia e nella religione. Il cristianesimo ha fatto del corpo femminile un campo di battaglia tra purezza e peccato, dove il piacere era sempre e comunque una caduta. La medicina ha seguito a ruota, patologizzando il desiderio femminile. L’isteria, questa fantasiosa diagnosi che ha rovinato la vita a migliaia di donne, altro non era che la medicalizzazione del desiderio sessuale femminile, spesso non conforme.
Ma anche la psicanalisi, che pure ha rivoluzionato la comprensione della psiche umana, ha contribuito a perpetuare questa visione. Freud e i suoi seguaci hanno parlato di “orgasmo maturo” e “orgasmo immaturo”, relegando il piacere clitorideo a una forma di sessualità infantile. L’orgasmo “giusto” doveva essere vaginale, funzionale alla penetrazione maschile… che coincidenza!
Il risultato di secoli di questa narrazione è che molte donne hanno interiorizzato l’idea che il loro piacere sia secondario, opzionale, persino inappropriato. Quante di noi hanno sentito dire “Le donne non hanno bisogno del sesso come gli uomini”? Quante hanno imparato a fingere l’orgasmo piuttosto che a cercarlo davvero? Quante hanno scoperto la masturbazione in età adulta, dopo anni di ignoranza del proprio corpo?
Pensa anche all’educazione sessuale. O meglio, pensa a quella cosa che dovrebbe essere educazione sessuale e che invece è stata, per decenni, una lezione di anatomia riproduttiva con qualche accenno alle malattie sessualmente trasmissibili. Il piacere? Rimosso dal programma. L’orgasmo femminile? Un argomento troppo spinto per adolescenti che già sanno tutto di pornografia online.
È paradossale: viviamo nell’era dell’informazione, ma l’ignoranza sulla sessualità femminile è ancora abissale. Ragazze che arrivano a vent’anni senza sapere dove si trova il clitoride, donne che non sanno di avere due tipi di tessuto erettile, adolescenti che pensano che l’orgasmo sia quello che vedono nei film pornografici… E mentre si discute se sia appropriato parlare di masturbazione a scuola, i ragazzini crescono con l’idea che il sesso sia quello che vedono su Pornhub. Senza sapere cosa si intende con “consenso entusiastico”.
La mancanza di educazione sessuale è una forma di violenza. È negare alle donne gli strumenti per conoscere il proprio corpo, per riconoscere i propri desideri, per comunicare i propri bisogni. È lasciarle in balia di narrazioni tossiche che le vogliono passive, sempre disponibili e soprattutto mai protagoniste del proprio piacere.
E quando finalmente alcune donne iniziano a parlare apertamente di sessualità, a scrivere libri, a fare divulgazione, ecco che arrivano le critiche: “troppo esplicite”, “volgari” o “inappropriate”.
Parlare di clitoride è più scandaloso che parlare di guerra. Come se l’orgasmo femminile fosse più pericoloso della violenza che pervade i media.
IL TRAUMA CHE NON SI VEDE
Dietro la difficoltà di molte donne a vivere serenamente la propria sessualità c’è spesso un trauma invisibile; non sempre è un trauma drammatico, eclatante, ma spesso è un trauma sottile, fatto di messaggi interiorizzati, di aspettative disattese e di corpi che non si riconoscono nelle narrazioni dominanti.
È il trauma della bambina che si tocca e viene sgridata perché “non si fa”. È il trauma dell’adolescente che scopre la masturbazione e prova vergogna invece che piacere. È il trauma della giovane donna che ha il primo rapporto sessuale e scopre sulla pelle che non è come nei film, che lui ha finito e lei neanche iniziato.
È il trauma della donna che per anni finge l’orgasmo per non deludere il marito, fino a perdere il contatto con le proprie sensazioni. È il trauma di chi ha subito violenza e deve ricostruire il rapporto con il proprio corpo. È il trauma di chi ha partorito e si sente estranea nel proprio corpo.
Ma è anche il trauma più sottile di chi cresce in una cultura che le dice costantemente che il suo valore è legato alla sua capacità di piacere agli altri, non a se stessa. Che la sua sessualità è un regalo da fare, non un diritto da rivendicare. Che il suo piacere è un bonus, non una necessità.
Questo trauma si manifesta in mille modi: nella difficoltà a dire no, nell’incapacità a chiedere quello che si vuole a letto, nell’idea che il sesso sia qualcosa che si subisce piuttosto che qualcosa che si desidera. Si manifesta nella disconnessione dal proprio corpo, nella difficoltà a provare piacere, nell’orgasmo che non arriva mai o arriva solo in determinate circostanze.
LA RIVOLUZIONE DEL PIACERE
Qualcosa sta cambiando, le donne stanno riprendendo la parola, stanno riscrivendo la narrazione della propria sessualità. Stanno dicendo basta a secoli di silenzio e di negazione. E lo stanno facendo con gli strumenti del nostro tempo: libri, podcast, social media e app per la salute sessuale.
È una rivoluzione silenziosa ma potente. È fatta di donne ma anche di terapiste sessuali, come la sottoscritta, che aiutano le donne a riconnettersi con il proprio corpo, di ginecologhe che parlano di piacere oltre che di patologie, di educatrici sessuali che insegnano che l’orgasmo non è una performance ma un atto d’amore.
È fatta di ricercatrici che studiano il clitoride con la stessa serietà con cui si studia il cuore, di artiste che rappresentano la vulva senza censura, di scrittrici che raccontano la sessualità femminile senza filtri.
Questa rivoluzione è politica perché ridefinisce i rapporti di potere. Una donna che conosce il proprio corpo, che sa come procurarsi piacere, che non ha bisogno di fingere l’orgasmo, è una donna libera. È una donna che non può essere ricattata, manipolata o ridotta a oggetto.
Rivendicare il diritto al piacere non è un capriccio femminista. È rivendicare il diritto all’integrità psicofisica. È rivendicare il diritto alla salute, perché una sessualità appagante è parte integrante del benessere. È rivendicare il diritto all’uguaglianza, perché non c’è motivo per cui il piacere maschile debba essere più importante di quello femminile.
Il piacere femminile è un atto di resistenza in un mondo che ci vuole sempre al servizio di altri, ed è un modo per riprendersi il proprio corpo dalle narrazioni che ce lo hanno confiscato.
VERSO UNA NUOVA NARRAZIONE
Oggi abbiamo tutti gli strumenti per riscrivere la storia della sessualità femminile. Abbiamo la ricerca scientifica che ci dice che il clitoride è molto più di quello che pensavamo, abbiamo la tecnologia che ci permette di parlare apertamente di argomenti prima tabù e abbiamo una generazione di donne che non accetta più il silenzio.
Ma dobbiamo fare attenzione a non cadere nelle stesse trappole del passato. La nuova narrazione della sessualità femminile non può essere semplicemente l’opposto della vecchia, non può essere una narrazione che obbliga le donne a essere sempre desideranti, sempre disponibili e sempre orgasmiche. Non può essere una narrazione che sostituisce la vergogna del piacere con la vergogna della non-performance.
La vera rivoluzione è nella pluralità, sta nel riconoscere che esistono tante sessualità quante sono le donne. Ed è nel capire che il piacere ha mille forme e che tutte sono legittime, creando spazi sicuri dove ogni donna può esplorare la propria sessualità senza giudizio.
È nel ridefinire l’orgasmo non come obiettivo, ma come possibilità. È nel parlare di consenso non come assenza di no ma come presenza di sì.
In un mondo che per secoli ha negato, censurato e patologizzato il piacere femminile, riappropriarsene è un atto rivoluzionario. È un modo per dire che le donne non sono contenitori da riempire, ma soggetti desideranti con pieni diritti. È un modo per scardinare le basi di una cultura che ha costruito la propria identità sulla sottomissione femminile.
Il piacere femminile è politico perché mette in discussione le gerarchie. È terapeutico perché permette di riconnettersi con il proprio corpo. È liberatorio perché spezza le catene della vergogna e del silenzio.
Elisabetta Carbone
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