Quando il corpo si ribella: vaginismo e vulvodinia

Immagina di voler amare qualcuno, di desiderare un incontro intimo e di trovarti improvvisamente davanti a un muro di dolore. Non è esagerazione: è quello che provano molte donne.
Ma non se ne parla abbastanza.
C’è un ampio divario di conoscenze tra ciò che sappiamo sul corpo maschile e su quello femminile. Non è solo una questione di ricerche e dati, ma è la cronica mancanza di volontà da parte della medicina occidentale e del mondo medico maschile di voler studiare il corpo delle donne. Corpo ridotto ad una sola funzione, quella riproduttiva.
Il dolore femminile viene dimenticato e, spesso, minimizzato.
Uno studio del 2018 ha evidenziato come i medici considerino gli uomini che provano dolore cronico come “coraggiosi”, mentre le donne sono definite “emotive” o peggio ancora “isteriche”. Ma non basta: lo studio ha scoperto anche che i medici erano più propensi a trattare il dolore delle donne come il risultato di una condizione psichiatrica e non fisica.
Un esempio su tutti? È normale che le mestruazioni ti atterrino dal dolore (ovviamente, non è vero). Se ti lamenti, sei la solita esagerata.
Ma andiamo per gradi.
Immagina di voler amare qualcuno, di desiderare un incontro intimo, e di trovarti improvvisamente davanti a un muro di dolore. Non è fantasia, non è un romanzo horror e non è esagerazione: è la realtà per molte donne che soffrono di vaginismo e vulvodinia.
Queste tre condizioni – spesso invisibili e poco comprese – sono le vere vittime di stigma e medical gaslighting. Ma cosa sono esattamente?
Ho scoperto sulla mia pelle che spesso nemmeno le donne conoscono la propria anatomia genitale, per cui confondono vulva con vagina, due zone anatomicamente distinte.
La vulva è la parte esterna dei genitali femminili, visibile sotto il cosiddetto “monte di Venere”, ed è composta dalle grandi labbra (esterne), dalle piccole labbra (interne) e dal clitoride.
La vagina è invece un condotto muscolare, ed è la parte interna e nascosta dei genitali. Collega la vulva all’utero, collocato molto più in profondità nell’addome.
LA VULVODINIA
La vulvodinia è una condizione cronica, molto dolorosa, senza una causa apparentemente evidente. I suoi sintomi (bruciore, prurito, dolore lancinante) possono avere un impatto catastrofico sulla vita sessuale e relazionale di chi ne soffre. E ne soffrono in tante…
Si stima che circa 1 donna su 7, ossia il 15% della popolazione femminile, ne sia affetta – ed è un dolore cronico invalidante che può portare a depressione e ansia, influenzare l’autostima e generare un senso di colpevolizzazione. Ma l’aspetto più frustrante della vulvodinia è la difficoltà nell’ottenere una diagnosi. Molte donne la aspettano per anni a causa (soprattutto) della scarsa consapevolezza e formazione dei professionisti sanitari.
IL VAGINISMO
Il vaginismo, invece, è la contrazione involontaria e continua dei muscoli vaginali, che rendo dolorosa o impossibile la penetrazione (ma anche una visita ginecologica o l’utilizzo di un assorbente interno). Questa condizione riflette condizioni psicologiche represse, come la paura del dolore o del rapporto sessuale. I fattori scatenanti possono essere molto diversi tra loro, come aver subito abusi e violenze; associare l’atto sessuale a qualcosa di negativo, impuro o sporco; avere avuto una severa educazione religiosa; avere un attaccamento eccessivo verso i genitori e la paura di essere giudicate negativamente o avere paura di una gravidanza o di contrarre malattie.
NON BANALIZZIAMO IL NOSTRO DOLORE
Queste malattie non sono solo mediche: sono questioni sociali e politiche. Ma non se ne parla.
Non se ne parla perché manca la consapevolezza, l’informazione e non si accetta la sfera sessuale femminile come argomento da trattare apertamente.
La salute sessuale femminile – in particolare per quanto riguarda il dolore e le disfunzioni – è spesso avvolto da tabù e sorrisi imbarazzati, rendendo difficile per le donne parlarne apertamente con medici, partner o amici.
E sappiamo bene che le questioni di salute sessuale femminile tendono a ricevere meno attenzione e risorse rispetto a quelle maschili, contribuendo alla mancanza di consapevolezza.
Ed è proprio la mancanza di consapevolezza, unita alla minimizzazione del dolore, che rende queste patologie ancora un tabù. Ascoltare, informare e riconoscere è il primo passo per restituire dignità e cura a chi soffre.
Elisabetta Carbone
Rubrica SexTalk x Archetipe
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