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Oltre il riflesso della Gen Z 

L’essere umano ha un grande difetto: crede di sapere tutto, e, di conseguenza, di poter giudicare ogni cosa, anche ciò che in realtà non conosce.                                                                                         

Ansia, overthinking, paura di non essere in tempo, paura di fallire e di deludere le aspettative, non essere mai pienamente soddisfatti dei risultati raggiunti perché ‘’non è nulla di straordinario, poteva arrivarci chiunque’’. Questo e molto altro si nasconde nel cuore di migliaia di ragazzi, oltre il riflesso di una generazione che viene definita spesso ingrata e superficiale. 

Si parla spesso della Gen Z come la generazione degli eccessi, delle pretese, del ‘’voglio tutto e subito’’. Si dice che i ragazzi non sappiano cosa sia la fatica, perchè questa società li preserva da ogni male. Si dice che questa generazione non abbia voglia di lavorare, perchè –con giusta ragione, oserei dire- rifiutiamo di lavorare dieci ore al giorno, senza contratto, sei giorni su sette, per quattrocento euro al mese: mi chiedo da quanto questo si chiami ‘’lavoro’’ e non ‘’sfruttamento’’.

Che tutti indossiamo una maschera lo diceva già Pirandello e direi che alcune cose non cambiano mai. Sono migliaia le persone, soprattutto giovani e giovanissimi che nascondono il proprio malessere e non rispondono mai alla domanda ‘’come stai?’’ forse perché non la ricevono, forse perché non sanno come rispondere. Scrollando su instagram, sembra tutti abbiano una vita perfetta, felice: panorami mozzafiato, aperitivi, cene fuori, regali, viaggi, sorrisi, un video di massimo un minuto che suscita la curiosità di quanti si trovano dall’altro lato dello schermo e mostrano ammirazione attraverso un cuoricino; la realtà però è diversa e probabilmente, dietro a quel sorriso vicino al mare, c’è solo la voglia di capirsi ed imparare ad ascoltarsi. 

Il lavoro in Italia: una strada in salita

Trovare lavoro in Italia sta diventando una sfida impossibile. Il contratto diventa un miraggio, un part-time è solo la maschera di un orario pieno e il compenso è minimo. In sede di colloquio si parla di tutto: aspettative, formazione, conoscenze linguistiche ed informatiche (attenzione ad averne troppe, potresti essere ‘’troppo qualificato’’ e non andare bene per l’azienda!), alle donne viene addirittura chiesto se desiderano avere dei figli, ma mai che si parli di soldi, di stipendio. Non è una domanda da fare in quel momento, ‘’a questo ci pensiamo poi.’’ Alla precarietà lavorativa, si affianca una fragilità emotiva. Non riuscire a trovare lavoro, non avere una stabilità economica e di conseguenza, non riuscire a gettare le basi per un futuro lontano dal nido familiare, ci fa sentire fuori dalla società, fuori posto, come se fossimo delle comparse sul set, sospesi sullo sfondo in un tempo indefinito. ‘’ Io alla tua età avevo già una famiglia, un lavoro sicuro, una casa e un mutuo.’’ Ed è colpa mia se a trent’anni vivo ancora con i miei genitori? 

La scuola? L’università?

Neanche in questo campo ci sono solo rose e fiori. L’ansia di dover dare sempre il massimo e la paura di non essere mai abbastanza la fanno da padrone. Tantissimi ragazzi mentono riguardo i propri esami pur di non deludere le aspettative altrui, perché a volte è più facile mentire e dipingere un quadro perfetto, piuttosto che dimostrarsi fragili e vulnerabili in una società che ci vuole forti e risoluti, ma che allo stesso tempo non ci dà gli strumenti per provare ad esserlo.

Abbiamo deciso di analizzare tutto più da vicino, dando voce a questa Gen Z di cui tanto si parla, ma a cui poco si dà ascolto. Abbiamo parlato dell’argomento con diversi ragazzi e abbiamo posto una domanda: come ti senti?

Luca, studente 

La verità è che mi sento sempre sotto esame, come se ogni cosa che faccio dovesse essere giudicata da qualcuno. A volte sento il peso del mondo sulle spalle che, ahimè, la generazione antecedente alla nostra ha fatto arrivare in questo stato pietoso e credo inoltre che spesso i giovani siano sulla bocca di tutti ma nella mente di nessuno. Quello di cui abbiamo bisogno è saper provare più empatia. 

Chi scrive in questo momento, fa parte della Generazione Z, e sì, dovrei essere ferma e imparziale, ma in questo caso è giusto raccontarmi, perché qualcuno potrebbe rivedersi.

Ho iniziato anni fa un percorso universitario che non sentivo mio. L’ho fatto perché quello era il sogno della mia famiglia, era ciò che loro non avevano avuto la possibilità di fare e quindi mi sentivo in dovere di diventare un magistrato di successo. Neanche a dirlo, un anno in cui mi sono sentita completamente persa e fuori luogo. Ogni giorno aprivo i libri e studiavo, ma ciò che leggevo non mi suscitava nulla. Sono sempre stata una persona aperta, mi piace parlare con tutti, ma in quelle aule mi sentivo costantemente di troppo. Ho continuato, ho superato più di un esame ma non mi sono sentita mai soddisfatta, immaginavo il mio futuro ma non ero felice. Ho deciso di cambiare facoltà e fare ciò che davvero mi piace e ho capito cosa significa volersi un po’ di bene. Ho ‘’perso un anno’’, ma è stato comunque meglio che perdere me stessa. Mi sono sentita un fallimento: la studentessa modello, quella che a scuola eccelleva ed era brava in tutto, aveva ammesso di non farcela e di non voler realizzare il sogno della sua famiglia, ma appunto, quello non era il mio sogno. E’ passato un po’ di tempo e la ragazzina di diciotto anni che si sentiva in difetto, ora è felice e fa quello che le piace, anche se per gli standard della società, non è in tempo Io sono fortunata, perché ho più di qualcuno a sostenermi e per ogni ‘’non troverai mai lavoro’’ di qualche estraneo di passaggio, c’è un ‘’puoi farcela, sei brava’’ di qualcuno che conta, ma non è per tutti così, purtroppo. Ciò che voglio dire è che non sei solo/a e che sei in tempo per cambiare, sempre. Come puoi essere fuori tempo, se è la tua vita?

Dietro un ‘’va tutto bene’’ si nasconde tanto altro e questa generazione spesso non ascoltata, ne è la prova. Quelli che definite i super sensibili, gli ultimi romantici, quelli nel paese delle meraviglie, i sognatori, i poeti improvvisati, lo sono davvero. Ma non è una colpa, non è sbagliato.

‘’i ragazzi di oggi vanno tutti in terapia, è diventata una moda’’ e direi menomale.

Menomale che andiamo a sciogliere i nodi della mente e del cuore che qualcuno prima di noi si ostina a tenere legati forte, perché ‘’tanto è inutile.’’

Marianna Russo 

Copertina generata con AI

Leggi Anche : I giovani non hanno voglia di (vivere per) lavorare

Marianna Russo

Marianna, classe 2003. Inguaribile romantica, innamorata dei girasoli e sempre ottimista. Quando scrivo scompongo il mio cuore su carta, la scrittura mi salva sempre. “Solo se ti rende felice.”
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