La sostenibilità imperfetta: il valore delle scelte quotidiane e la casa che cambierà il nostro futuro

C’è un momento, nelle nostre giornate, in cui ci sembra di non fare mai abbastanza. La luce lasciata accesa, la raccolta differenziata fatta di fretta, il termostato mezzo grado più alto del previsto.
È la trappola della perfezione verde, quella convinzione che solo chi vive in una casa futuristica e a impatto zero possa parlare di sostenibilità. Eppure, come spesso accade, la realtà si muove su un piano molto più sfumato. Le rivoluzioni non nascono dalla purezza, ma dalla costanza dei gesti imperfetti. È lì che comincia il cambiamento.
Nel mondo dell’efficienza energetica questa consapevolezza sta diventando cruciale. L’Europa lo ripete da anni, e la nuova direttiva sulle Case Green lo scrive nero su bianco: non abbiamo bisogno di demolire il passato per reinventare il futuro. Abbiamo bisogno di riqualificare ciò che già esiste, con pazienza, visione e politiche che non oscillino tra divieti improvvisi e proroghe infinite. L’Italia, alle prese con la trasmissione del proprio piano nazionale di ristrutturazione, è ancora al punto di partenza. La scadenza di fine anno si avvicina e Bruxelles attende risposte chiare su tempi, obiettivi e strategie. Ma anche nelle incertezze normative si intravede un dato inequivocabile: entro dieci anni le nostre case non saranno più come oggi.
Molte trasformazioni avverranno in silenzio. Arriveranno prima nelle periferie, poi nelle città intermedie, poi negli appartamenti del centro, senza grandi annunci. Ci saranno edifici che inizieranno a dialogare con la rete elettrica, non più semplici consumatori ma nodi attivi di un sistema intelligente. Pannelli fotovoltaici più sottili delle tegole, batterie domestiche integrate nelle pareti, pompe di calore che sostituiranno definitivamente le vecchie caldaie a gas. Sarà un cambiamento graduale, a tratti imperfetto. Alcune città correranno, altre resteranno indietro, altre ancora sperimenteranno modelli propri. Ma la direzione sarà comune.
L’evoluzione non riguarderà solo la tecnologia. Riguarderà l’idea stessa di casa. Non più un luogo chiuso, ma un piccolo ecosistema che produce energia, la conserva, la scambia. Un sistema che si adatta alle stagioni, che riduce gli sprechi prima ancora di pensarci, che trasforma il calore in un alleato e la luce naturale in una risorsa primaria. Molti edifici del 2050 sono già stati costruiti: non dobbiamo reinventare le fondamenta, ma reimmaginare ciò che ci sta sopra.
Il vero nodo, come sempre, sarà nelle politiche. Gli incentivi non potranno più oscillare tra aperture e divieti, come è accaduto con le caldaie a gas e il Conto Termico. Serviranno piani stabili, norme chiare, percorsi accessibili a chi vive nelle case meno efficienti. Perché l’efficienza energetica non è una competizione estetica: è una questione sociale, economica, sanitaria. E riguarda tutti.
La sostenibilità, nelle nostre case, non sarà un traguardo scintillante ma un cammino fatto di compromessi. Non richiederà vite perfette, solo scelte migliori di ieri. Una coibentazione rifatta nel modo giusto, un impianto aggiornato, un serramento che impedisce alla notte di entrare. Minuscoli gesti, accumulati giorno dopo giorno, come gocce che si uniscono fino a formare un fiume.
Perché la verità è semplice: non serve essere perfetti per fare la differenza. Serve cominciare. E continuare, anche quando il cambiamento sembra impercettibile. È così che si trasformano le case. È così che si trasforma un Paese.
Riccardo Pallotta
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