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Avatar: Fuoco e Cenere, perché il nuovo film di James Cameron è un evento che va oltre il cinema

L’uscita di Avatar: Fuoco e Cenere, il terzo capitolo della solenne saga di James Cameron, suscita un’attesa che va oltre il semplice evento cinematografico. E no, non è perché si tratta del terzo tassello di un franchise di successo, ma semplicemente perché ogni nuovo Avatar rappresenta qualcosa di mai visto nel panorama contemporaneo: un film che richiede allo spettatore tempo, attenzione e abbandono totale. Una piena immersione su Pandora.

Il 17 Dicembre, Cameron torna su Pandora per espanderne i confini, ma anche per chiedersi quanto ancora il rapporto immagine, emozione e spettacolo funzioni. In un’industria spesso ripiegata su formule sicure e consumi rapidi, Avatar resta un progetto che richiede e pretende di essere vissuto e non semplicemente fruito.

Una saga che si fa sempre più severa

Avatar: Fuoco e Cenere, riprendere gli eventi successivi a La via dell’acqua, portando con sé il peso emotivo di una perdita che ha segnato profondamente la famiglia Sully. Jake e Neytiri non sono più soltanto figure eroiche, ma genitori feriti, costretti a ridefinire il loro ruolo in un mondo sempre più in evoluzione.

La temibile presenza – come in ogni film di fantascienza- sono i Na’vi del Fuoco, una tribù che vive nelle regioni vulcaniche di Pandora e che incarna un’idea di sopravvivenza più ardua, aggressiva e spietata.

Varang, interpretata da Oona Chaplin, è colei che guida i nuovi arrivati, che vogliono a tutti i costi ribaltare la visione idealizzata dei Na’vi già nota nei primi capitoli, mostrando così un lato più conflittuale di Pandora.

Qui vediamo come il terzo capitolo Fuoco e Cenere compie un grande passo: non è solo l’espansione del world-building, ma l’approfondimento dello scontro interno, delle divisioni culturali e della morale che attraversano anche coloro che vivono in una armonia, apparente, con la natura.

Le prime reazioni

Dal punto di vista tecnico e visivo, il regista continua a muoversi su un terreno quasi irraggiungibile. Le immagini si dice siano ipnotiche, potenti, capaci ancora una volta di ridefinire il concetto dell’immersione, questo grazie all’uso del 3D, che Cameron continua a trattare come un vero e proprio linguaggio cinematografico.

Alcuni commentatori definiscono il film “travolgente” che cattura fin da subito lo spettatore e lo accompagna in un viaggio sensoriale di grande intensità. Al tempo stesso, non mancano osservazioni su una struttura narrativa che sembra assumere i contorni di un capitolo di passaggio, più orientato a costruire tensioni e tematiche che a chiuderle definitivamente.

Scelta che appare quanto più coerente possibile con l’ambizione di Cameron: raccontare di Pandora come in continua evoluzione, piuttosto che una successione di storie che si autoconcludono.

Il cinema di Cameron come esperienza fisica ed emotiva.

Più dell’evento atteso in sé, ciò che scaturisce curiosità è come James Cameron concepisce il cinema: i suoi film non puntano solo al racconto di una trama, ma portano lo spettatore a respirare, sentire, tremare in un mondo che vive di acqua, fuoco e carne.

Solo così Avatar rimane uno di quei progetti che difendono l’idea del grande schermo come luogo di esperienza, non replicabile in nessun’altra parte. Si sente dunque quel “ritorno” ogni volta come un rituale, un cinema che ancora parla un linguaggio primordiale fatto di immagini e sensazioni prima ancora del dialogo.

Perché Avatar: Fuoco e Cenere conta davvero

A prescindere da come il pubblico accoglierà il terzo capitolo, sembra che ci sia già un posto centrale nel dibattito sul cinema contemporaneo. Non solo come blockbuster, ma come quel progetto che continua a chiedersi cos’è oggi lo spettacolo cinematografico, in un’epoca ormai di fruizione frammentata e distratta.

Cameron torna su Pandora non per ripetersi, ma per spingersi sempre oltre, rischiando ovviamente, dividendosi tra chi ama e chi odia e mettendo in gioco un’idea di cinema che non cerca approvazione immediata, ma l’immersione profonda.

Ed è proprio per questo che Avatar: Fuoco e Cenere sembra già qualcosa di più di un semplice sequel.

Arianna D’Angelo

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Arianna D’Angelo

Arianna, classe ‘98. Mi piacciono le arti visive e musicali. Per me scrivere è esternare il mio mondo interno raccontando ciò che mi appassiona. L’Arianna del mito greco liberò Minosse con il suo filo e io con la mia scrittura libero il mio mondo e ve lo racconto.
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