Vittime di violenza, quando lo psicologo non basta

Le vittime di violenza sessuale sono “condannate” a vita. Tutto continua, tutto scorre normalmente, tutto circola senza impedimenti, ma chi è stato abusato sa che dovrà ricostruire la propria esistenza. Chi è stato vittima di violenza è consapevole che quel dolore non andrà mai via, quel senso di umiliazione farà sempre parte del proprio bagaglio emozionale.
Per imparare a convivere con un macigno così pesante quanto potente, esistono percorsi terapeutici con psicologi e psichiatri, che rendono “meno dolorosa” l’accettazione di quanto è successo.
Lo psicologo spesso aiuta ma non sempre è così, non è detto che funzioni e a volte dopo poche sedute si rinuncia. Non sempre infatti, gli incontri con un professionista del settore riescono a dare tutto ciò di cui si necessita.
Una persona che subisce violenza sarà costretta a vivere con quel senso di paura che l’accompagnerà per sempre… indipendentemente da qualsiasi percorso segua. Lo psicologo è una figura che dà una mano a mettere a posto i pezzi, a ricucire le ferite, ma in realtà il dolore sarà sempre lì.
Durante il percorso si parlerà, tra le altre cose, dell’elaborazione del dolore. Facile a dirsi, una tortura che porta a ricostruire puntualmente quanto si è vissuto. All’elaborazione seguono tecniche che dovrebbero allontanare la paura, il senso di vuoto, il senso di smarrimento, che in realtà li camuffano soltanto.
Ovviamente non è mia intenzione sminuire il lavoro di un terapeuta, anni e anni di formazione accademica, ma la dura verità è che dinnanzi a certi traumi, nessuno può.
Delle volte sento un peso allo bocca dello stomaco che è talmente forte da bloccarmi il respiro. Penso: la psicologa mi ha detto di respirare profondamente quando accade, e per un po’ sto bene. Ma poi, dopo qualche minuto sono di nuovo al punto di partenza.
Mi siedo, provo a concentrarmi sulla cosiddetta respirazione diaframmatica e riesco ad allontanare quei brutti pensieri. Per un po’ di tempo… una specie di tregua, seppur breve.
Questi sono solo alcuni esempi pratici di come ci si sente. In realtà il dolore non può essere descritto con le parole. Quando subisci violenza è come se qualcuno ti smembrasse poco a poco, togliendo mano mano una parte di te. Senti le mani, senti il respiro affannoso, senti il peso del corpo sul tuo, gridi, ti dimeni, ma pian piano perdi forza e per fortuna perdi anche la cognizione della realtà. Una cosa che mi ha spiegato la psicologa, in quel momento si riesce a sopravvivere perché la mente si dissocia. Sei lì, ma la tua mente non è con te. Non è presente. E per fortuna esiste questo “meccanismo” che scatta automaticamente in situazioni gravi come la violenza sessuale.
Di una cosa si è consapevoli, non sarai mai piu quella di prima, se solo qualcuno oserà guardarti più a lungo, il tuo cuore inizierà a battere all’impazzata… e no, non per l’emozione, per paura.
Se solo qualcuno sfiorerà la tua pelle, anche involontariamente, sentirai un brivido che attraverserà tutto il corpo, paura mista a tensione. In questi casi, come la psicologia insegna, esistono dei metodi per andare avanti, per vivere una vita normale in un’esistenza che di tale non ha proprio niente.
Al di là di ogni percorso terapeutico, la verità è che ogni sera, poggiando la testa sul cuscino, chiudendo gli occhi, arriveranno chiare e nitide le immagini che la tua mente prova ad allontanare. Il respiro diventerà più affannoso, il cuore batterà velocemente. Ogni battito scandisce la paura che portiamo dentro.
Anonimo
Parole anonime per il progetto “Violenza di genere”, volto all’empatia.



