Arte & CulturaPrimo Piano

Religione e Supremazia nell’Occidente. Fede o potere?

La religione non nasce per amore né per compassione. Nasce per ordine. È l’arma che l’Occidente ha usato per addomesticare l’ignoto e disciplinare intere comunità. Dietro ogni preghiera c’è un comando preciso così come dietro ogni rito, una catena invisibile.
Non è la fede il problema, quella è intima, irriducibile. Il problema è quando la fede diventa religione organizzata, quando pretende di parlare a nome di tutti, travestendosi da verità universale. È lì che diventa supremazia.

Dal Vangelo secondo la storia all’Impero giustificato

Basta guardare la storia. Nel 313 con l’Editto di Milano il cristianesimo ottiene libertà di culto. Nel 380, con l’Editto di Tessalonica, diventa religione di Stato. Da minoranza perseguitata a dogma di legge in meno di un secolo. BAM! Non è più solo un credo, è vero e proprio strumento di governo. Chi non si allinea è eretico, deviante e quindi da punire. Secoli dopo il meccanismo si ripete. Le bolle papali del Quattrocento autorizzano i conquistadores a occupare terre e convertire popoli ritenuti infedeli. La chiamano dottrina della scoperta: croci e spade insieme, fede e dominio intrecciati per concludere cancellando intere culture con un decreto “sacro”. Una religione si proclama misura universale dell’umano, tutto il resto diventa superstizione, paganesimo, barbarie.

Il cattolicesimo occidentale non ha solo conquistato popoli, ha costruito un modello di genere, una sorta di gabbia che ancora oggi imprigiona. Il sacerdozio maschile è un proclama politico, definisce chiaramente che l’autorità appartiene agli uomini, le donne possono al massimo servire, curare, mai guidare. È una teologia che si traveste da dogma ma è, in realtà, il manifesto di un patriarcato millenario.

Le figure femminili della Bibbia non sono liberazione. Eva come colpa originaria, marchiata per sempre come responsabile della caduta. Maria come obbedienza assoluta, silenziosa, piegata. Maddalena come peccatrice pentita, mai semplicemente donna. Tre icone, tre gabbie: peccatrice, santa, penitente. Nessuna possibilità di scelta autonoma. Nessuna uscita dal binario. Archetipi tossici che, anche se mascherati da spiritualità, restano vivi nella cultura contemporanea, insinuandosi nei ruoli sociali, nelle aspettative e perfino nei linguaggi quotidiani.

E in Italia questo peso è ancora più soffocante. I Patti Lateranensi del 1929 hanno reso il cattolicesimo religione di Stato, un privilegio che nemmeno la revisione del Concordato del 1984 ha cancellato. Oggi la Chiesa continua a sedere come giudice invisibile nelle istituzioni. Parroci che parlano al posto di medici, vescovi che influenzano le agende politiche, tribunali morali che condizionano scelte intime. Crocifissi appesi nelle aule non come segno di fede, ma come ammonimento silenzioso. Qui si giudica secondo una sola verità.

I corpi, soprattutto quelli femminili, sono diventati il campo di battaglia preferito. L’aborto è un diritto solo sulla carta, perché negato da un esercito di obiettori di coscienza che trasformano la legge in finzione. La procreazione medicalmente assistita è nata come norma che trattava le donne come contenitori, e solo grazie a decenni di ricorsi è stata corretta. Ogni volta che si discute di sessualità, di contraccezione, di autodeterminazione, la morale cattolica si traveste da norma civile e impone la sua ombra su decisioni che dovrebbero appartenere soltanto alle singole persone.

Ma il potere religioso non si limita alle leggi, è ancora più insidioso nei simboli, nei riti quotidiani che si fingono “naturali”. Il crocifisso appeso in classe “per tradizione”, come se fosse neutro. Le festività cattoliche erette a calendario nazionale, mentre le ricorrenze di altre fedi sono confinate nel privato, liquidate come folklore. Halloween? Dipinto come rito satanico, minaccia per i bambini. L’Islam? Rappresentato come pericolo costante, serbatoio di paure e sospetti. L’ebraismo ancora oggi caricaturato, a tratti demonizzato. L’induismo ridotto a mucche sacre e incensi da bancarella. Il buddhismo piegato in citazioni da centro benessere.

È questa la supremazia. Non serve gridare, basta ridicolizzare. Non occorre proibire, basta marginalizzare. È così che l’Occidente cattolico ha costruito il suo dominio, facendo sembrare naturale la croce e innaturale tutto il resto. E il risultato è che milioni di persone crescono senza accorgersi che vivono in un mondo in cui un solo simbolo è riconosciuto come universale e tutti gli altri come deviazioni.

Perché oggi siamo ancora fortemente coinvolti 

Non parliamo di archeologia. Non è un passato lontano, è il presente che respiriamo ogni giorno. Non prendiamoci in giro. 

In Italia, nel 2025, la morale cattolica continua a dettare legge anche senza scriverla nei codici, la voce della Chiesa non è una voce tra le altre, è il sottofondo costante che condiziona le decisioni pubbliche. In tempi di crisi sociale, economica e politica, questo meccanismo si rafforza. Più la società vacilla, più cresce la fame di risposte assolute, ed ecco che la religione torna a presentarsi come ancora di salvezza, come “voce unica” capace di offrire certezze. Ma a quale prezzo? La certezza di chi, se significa cancellare pluralità, diritti e corpi?

La religione in Occidente continua a funzionare come dispositivo di supremazia perché sfrutta le paure del presente, promette ordine, ma lo fa imponendo disciplina. Promette senso, ma lo costruisce sul sacrificio di chi deve tacere, obbedire, rinunciare. 

La religione può creare comunità, reti, solidarietà. Ma quando pretende di stabilire chi siamo e come dobbiamo vivere, diventa un altro trono che schiaccia, il più subdolo. 

La sfida vera, per una società plurale, non è abolire la fede, ma strapparla dal potere. Accettare che nessuna religione valga come misura universale dell’umano. La fede resta legittima solo se resta scelta. Tutto il resto è dominio. Patriarcale, politico, culturale.

Serena Parascandolo 

Leggi Anche : Quando una religione anticipa la scienza: la fisica nelle filosofie orientali

Serena Parascandolo

Serena Parascandolo, classe ’89, napulegna cresciuta tra vicoli, sottoculture di locali underground e sogni infranti. Scrivo di moda, politica e sottoculture con una penna affilata e un cuore malinconico e sorridente, come un ossimoro. Femminista, queer, terrona, mamma. Studio e imparo ancora, perché la strada è lunga e il mondo troppo complicato per accontentarsi. La mia scrittura prova a essere un atto d’amore e una piccola rivolta.
Back to top button
Panoramica privacy

Questa Applicazione utilizza Strumenti di Tracciamento per consentire semplici interazioni e attivare funzionalità che permettono agli Utenti di accedere a determinate risorse del Servizio e semplificano la comunicazione con il Titolare del sito Web.