La fame del suo cuore di Antonella Ossorio

Un titolo che suggerisce già molto: fame non di pane, ma di qualcosa di più profondo, silenzioso e urgente. Questo romanzo non racconta solo un fatto, ma una voragine interiore, una brama di cambiamento, di dignità, di fuga da un destino che sembrava segnato
Ambientato in una Russia zarista fatta di silenzi, steppa e soprusi, il romanzo narra la vicenda della misteriosa figura della Alexe Popova — “Madame Popova”, che secondo la leggenda uccise circa trecento uomini violenti per salvare donne indifese.
Ma più che la Popova, la voce narrante è quella di Nadežda Ivanova Sorokina, giovane moglie e madre, intrappolata in un matrimonio di violenza, impaurita, isolata fino all’incontro che cambia la sua vita.
Così abbiamo due donne: l’una simbolo, l’altro sguardo quotidiano su una verità brutale. Non un’agiografia, ma un racconto che sfida la morale comune, interrogando i limiti fra giustizia e vendetta, salvezza e condanna.
La scrittura di Ossorio è potente, sì: diretta ma mai banale, capace di mescolare la crudezza della violenza con la tenerezza della complicità femminile.
Alcune scelte linguistiche — come l’uso di registri contemporanei in un contesto storico — possono risultare in lieve dissonanza; tuttavia questa stessa dissonanza può essere letta come scelta letteraria: rendere quel dolore “nostro”.
I grandi temi che attraversano il romanzo
Violenza domestica e dipendenza femminile: Nadežda è donna di villaggio, senza strumenti, senza voce — la sua fuga, la sua paura di uscire dalla casa, il marito alcolizzato e violento sono rappresentazione di un dramma che ha radici storiche ma risuona ancora oggi.
Sorellanza, liberazione, riscatto: L’incontro con Popova (e il suo circolo di donne) è l’inizio della libertà non solo fisica ma anche interiore. Ma attenzione: la liberazione non è presentata come trionfo netto, ma come processo tormentato, ambivalente.
Giustizia, morale, ambiguità: Popova uccide per difendere; ma diventa “assassina” secondo la legge. E qui emerge il nodo centrale del racconto: chi decide cosa è giusto? Cosa è vendetta? Cosa è salvezza? Il bene e il male si toccano.
Voce narrante femminile e autodeterminazione: Ossorio sceglie di raccontare con la voce di chi ha vissuto la paura, la perdita, la speranza. Questo rende il romanzo intimo e autentico, più che un’epica storica distante.
Il romanzo “scorre” bene perché l’ambientazione è solida: la Russia dei primi del ’900, un villaggio povero, la città sul Volga — tutto contribuisce a una sensazione di luogo, di epoca, di oppressione.
Inoltre i personaggi sono ben delineati: Nadežda entra in scena come figura fragile, ma cresce; Popova resta ambigua, potente, magnetica.
E poi il ritmo narrativo alterna silenzi, tensioni, momenti di speranza, colpi di scena. Non è un romanzo “leggero” ma avvolge e cattura.
La figura storica della Popova (o presunta tale) è centrale poiché dà spessore al racconto: rappresenta l’aderenza al reale e l’uso della leggenda.
Chi si aspettasse un racconto focalizzato esclusivamente sulla “vendicatrice” Popova potrebbe restare un po’ sorpreso: gran parte della narrazione segue Nadežda, e Popova circola come presenza potente ma non sempre in primo piano.
Il finale — inevitabilmente ambiguo — può lasciare un senso di “non chiuso”: ciò è coerente col tema, ma può essere percepito come mancato compimento per lettori che vogliono risposte nette.
Se ti interessa una storia che non si accontenta di tratteggiare vittime e carnefici, ma vuole scavare nelle “zone grigie” dell’anima — se ti affascina la letteratura che unisce memoria, femminismo non urlato, storia e romanzo — allora “La fame del suo cuore” è perfetto.
Inoltre, è una riflessione assai attuale: le donne che subiscono, che fingono, che si liberano; le leggi che proteggono a malapena; le solitudini che esplodono in gesti estremi. Leggendolo risuona la domanda: quanta libertà ancora manca? E che prezzo ha la liberazione?
L’autrice, Antonella Ossorio, non ci regala consolazione, ma ci offre un’esperienza: entrare in quel villaggio, in quella casa, in quella mente e uscire cambiati, forse meno certi, certamente più consapevoli.
Lucia Russo
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