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Cura e resistenza: un’intervista a Marco Rossano

In questi giorni, dal 5 al 9 novembre, la coscienza collettiva di Napoli accende una luce sulla salute mentale con il Premio Fausto Rossano, che quest’anno festeggia la sua undicesima edizione.

Ho avuto il privilegio di intervistare Marco Rossano, il figlio di Fausto Rossano e la mente brillante da cui è nato questo progetto. Ad oggi Marco è un sociologo documentarista e un giornalista, ma è anche un docente, lavoro a cui è arrivato quasi “per caso” durante il periodo del Covid.

Prima di toccare con mano concreta il Festival, ci tengo a farvi conoscere Marco, che mi ha raccontato un po’ di sé e del suo percorso di vita fino a qui.

Marco si racconta

Marco si è definito “orgogliosamente ibrido”, mostrandosi contrario alla violenza che la società esercita sugli individui costringendoli ad incasellarsi in un’etichetta precisa e rigida per tutta la vita. Marco ha fatto tante cose, Marco è stato tante cose nel corso degli anni, ed è stato per me uno spunto di riflessione anche personale ascoltarlo mentre mi parlava delle sue avventure di vita, contro quella da lui stesso definita “iperspecializzazione”.

Il suo percorso formativo inizia con una laurea in giurisprudenza, verso cui nutriva poco interesse e che descrive come il risultato di una decisione presa a diciott’anni, quando ci si sente persi e in balìa delle onde, e spesso ci si butta in percorsi in cui non ci si identifica solo per paura, o per convenienza, o per una marea di altri motivi.

Ma Marco non se ne pente, dice che studiare giurisprudenza all’università di Napoli Federico II è stata per lui “una scuola di vita” da cui ha tratto insegnamenti che ha portato con sé, anche dopo aver preso la laurea e immediatamente cambiato strada, proseguendo verso il linguaggio del cinema e del teatro che da sempre lo affascinavano, e infatti ricorda con affetto la sua prima esperienza teatrale al Teatro Elicantropo di Napoli.

Dopo la laurea Marco si trasferisce in Spagna per studiare cinema, e per i tre anni seguenti si occupa di regia cinematografica. Gli ho chiesto se avesse avuto paura di fare un passo nell’ignoto, di attraversare un cambiamento così improvviso. Mi ha risposto di no, perchè i genitori lo supportavano nelle sue scelte e lui aveva tantissima voglia di esplorare finalmente un mondo da cui si era sempre sentito attratto.

“Paura no, forse un po’ di timore ma tantissima curiosità”, ha detto, ricalcando anche l’importanza e il privilegio di aver avuto gli strumenti giusti, e la possibilità che abbiamo oggi di poter raggiungere chi amiamo prendendo un aereo o grazie alla tecnologia che ci fa sentire vicini anche quando siamo lontani.

Sempre ricordando i suoi genitori, Marco condivide con me ciò che gli hanno trasmesso nel corso della sua vita. Entrambi figure importanti nel campo della salute mentale, Marco è cresciuto vedendo intorno a sé tenacia, amore e lotta per le proprie idee, onestà, spirito di empatia e ascolto per l’altro. Più di tutto, Marco si concentra su come i genitori gli abbiano mostrato quanto sia inutile forzare e imporre e quanto invece sia utile fare spazio, lasciare che l’altro semplicemente sia.

In Spagna Marco consegue anche un dottorato in sociologia visuale ed è così che trova la strada che veramente vuole percorrere: i documentari. I primi li realizza in un centro di salute mentale a Marcianise, negli anni successivi continua a lavorare tra Italia e Spagna, unendo sempre di più l’aspetto teatrale con quello cinematografico.

Tra i suoi migliori lavori da sociologo documentarista troviamo Napoletani a Barcelona (2014), Sulla Via dei Mille con Mio Padre (2016) e Come una Ruota che Gira (2023).

Il Premio Fausto Rossano

È proprio attraverso il documentario Come una Ruota che Gira che Marco mi inizia a parlare dello spirito del Festival. Il documentario vede come protagonista Luigi, capitano della squadra nazionale di pallanuoto paralimpica, che ha perso l’uso delle gambe oltre venti anni fa a causa di un incidente stradale.

Quando Marco conosce Luigi, gli sembra la persona più forte del mondo. La grinta, la tenacia, la determinazione, la forza, l’empatia, lo spirito combattente. La luce che emana. Il modo in cui aiuta gli altri. La gioia che lo sport gli porta, e quella che lui riversa nel mondo.
E allora Marco si chiede perchè la società invece considera Luigi, e tutte le persone con una disabilità (sia essa fisica e/o mentale) come deboli e vulnerabili, come inferiori e spesso da nascondere.

È questa la narrativa che il Premio Fausto Rossano vuole cambiare.

Il festival nasce dal desiderio di Marco di onorare e ricordare attraverso qualcosa di suo la figura e il lavoro di suo padre, lo psichiatra e psicanalista junghiano Fausto Rossano. Mi dice che il ricordo privato di suo padre lo tiene per sé, lo celebra insieme alla mamma e al fratello, nella dolcezza e nostalgia del ricordo e nel dolore della perdita, avvenuta nel 2012. Pubblicamente vuole portare avanti l’intento del padre e trasformarlo sempre di più in un’idea culturale: restituire ai pazienti, e alle persone tutte, la dignità di esseri umani. Difatti, Fausto Rossano ha tracciato un nuovo approccio assistenziale basato sulla libertà di riappropriarsi della propria vita e soprattutto della propria identità, al di fuori della degenza manicomiale contro cui si è battuto per anni, riuscendo anche ad ottenere la dismissione dell’ex ospedale psichiatrico Leonardo Bianchi di Napoli.

Attraverso le arti audiovisive, il Festival Fausto Rossano si propone di:

“Sensibilizzare la coscienza sociale alla lotta contro lo stigma e i pregiudizi che circondano la sofferenza psichica nelle sue più svariate accezioni, e di promuovere la centralità delle persone nei contesti concreti della loro vita. Incontri, eventi, iniziative, proiezioni, dibattiti, il Premio Fausto Rossano, si è affermato negli anni a livello nazionale ed internazionale, come un punto di riferimento importante di carattere sociale e culturale, per accendere i riflettori della coscienza sociale, sui temi più urgenti e pressanti di attualità e rilevanza, meritevoli di essere discussi, promossi ed affrontati dalla nostra società, sempre più cinicamente assuefatta dalle proprie contraddittorie storture”.

Il Premio Fausto Rossano è rivolto a tutte le autrici e autori di opere audiovisive di tutti i generi, purché trattino uno dei tanti aspetti della sofferenza psichica e della salute mentale, intesa non soltanto secondo una prospettiva individuale ma anche collettiva, nel senso di benessere psichico, fisico e sociale.

È con grande emozione che vi presento l’undicesima edizione di questo meraviglioso progetto, che quest’anno prende il nome di UmanaMente, “per ritornare all’umanità che stiamo perdendo sempre di più come società”, afferma Marco.

Ben 400 film candidati. Solo 30 finalisti per 6 categorie. Da una riflessione sui disturbi del comportamento alimentare al genocidio in Palestina, i temi trattati saranno moltissimi. Più siamo, maggiori saranno la sensibilizzazione e l’informazione sulla salute mentale, affinché ogni persona possa godere del pieno diritto alla salute, senza se e senza ma. Senza più ostacoli.

Quello che Marco porta avanti è un meraviglioso atto d’amore verso il suo papà, ma è anche una necessaria e bellissima forma di resistenza.

In una società che ci vuole incasellati, schiacciati e oppressi, Marco crea un fiume di libertà, lotta, cura e autodeterminazione.

L’ultima cosa che Marco mi ha detto, prima di concludere la nostra intervista, riguarda un episodio molto spiacevole di cui è stato vittima allo Stadio Maradona di Napoli durante la partita Napoli-Genoa. Sette poliziotti contro Marco, armato non di fucile ma di una sciarpa palestinese, l’hanno minacciato affinché la togliesse o se ne andasse. 

Costretto dai poliziotti, nonostante le sue proteste, a togliere la sciarpa e lasciarla su un muretto, Marco mi dice di aver ricevuto il giorno dopo una foto. Una ragazza aveva trovato la sciarpa, l’aveva raccolta e poi indossata prima di entrare allo stadio.

Io quasi mi commuovo, e penso che fortunatamente la resistenza non si ferma. E poi Marco mi dice, leggendomi nel pensiero:

Possono anche minacciarci con la violenza ma non possono uccidere le nostre idee”.

Grazie, Marco, per le tue forme di resistenza. Stai restituendo al mondo un pezzettino di luce.

Per consultare l’intero programma del Festival Fausto Rossano: Home Page – premiofaustorossano

Marcella Cacciapuoti

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Marcella Cacciapuoti

Classe 2001. Laureata in lettere moderne e studentessa di filologia moderna. Scrivo, leggo, e sogno un dottorato in linguistica. Mi chiamo Marcella e sono in continua evoluzione. Innamorata delle parole e affamata di pace. Racconto le storie degli altri per trovare la mia.
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