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Autonomia differenziata: perché il dibattito divide il Paese

Negli ultimi mesi il tema dell’autonomia differenziata è tornato al centro del confronto politico, soprattutto dopo la decisione attuata del Ministro Calderoli di esortare alcune delle regioni nordiche a firmare nuove richieste di competenze. Contrari, per ovvie ragioni, osservatori ed attivisti meridionali poiché ciò aumenterebbe il divario storico tra Nord e Sud.

Qual è il punto più discusso?

Cosa sta succedendo davvero? Il Governo porta avanti alleanze per l’autonomia, non considerando però la sentenza n 192/2024 della Corte Costituzionale, che pone due limiti chiari:

  1. Il progetto non è solo una riforma amministrativa, ma potrebbe comportare squilibrio tra i rapporti regionali, penalizzando quelle più svantaggiate.
  2. i LEP ( Livelli Essenziali delle Prestazioni) – ossia gli standard minimi di quelli che sono i servizi garantiti ad ogni cittadino – devono essere definiti dal Parlamento, non per accordi politici o decreti dell’esecutivo.

Cosa significa questo? Che non possono esistere “trattative private” e non devono sussistere su diritti fondamentali come sanità, protezione civile, fondi previdenziali o altri servizi pubblici essenziali.

Il rischio di nuovi divari territoriali

Immaginiamo che una riforma impostata in questo modo venga ratificata: le ragioni con maggiori risorse – fiscali ed economiche – sarebbero più in grado di offrire servizi migliori solo ed unicamente perché tratterebbero più fondi. E i territori fragili? Semplice, con meno risorse non potrebbero garantire gli stessi diritti ai cittadini.

Risultato?

Una spaccatura ancora più profonda, con un Italia sempre più “a due velocità”.

Il contesto politico

Il tour di promozione dell’autonomia nelle regioni del Settentrione ha acceso ancor di più polemiche. In Veneto, ad esempio, il tema viene esposto apertamente come un’opportunità di vantaggio economico. In Campania, invece , la questione viene spesso evitata, perché è chiaro che le conseguenze sarebbero opposte e pesantemente negative.

In un territorio l’autonomia viene sbandierata come fosse un dono; nell’altro si traduce in un potenziale impoverimento. Il problema è che, in teoria, ci riferiamo ad un unico Paese.

Un battaglia che riguarda tutti

Attivisti e divulgatori sottolineando un punto cruciale: la riforma non riguarda solo i bilanci regolari, ma il diritto di tutti i cittadini ad avere servizi pubblici pari e adeguati, indipendentemente dal codice di avviamento postale.

Nel difendere il Sud – dicono- si difende la coesione nazionale, la solidale unione tra territori e la stessa tenuta democratica del Paese.

Informazione, consapevolezza e partecipazione

La discussione pubblica sull’autonomia differenziata cresce grazie e soprattutto alla diffusione social. Condividere le informazioni, far circolare analisi e far capire cosa davvero cambia è pressoché fondamentale. La sfida sta proprio qui: istituzioni composte da persone che sono realmente consapevoli dell’effetto delle loro scelte, e che siano in grado di difendere gli interessi dei cittadini che rappresentano.

Oggi più che mai informazione, consapevolezza e partecipazione attiva sono strumenti decisivi.

Solo con cittadini informati e rappresentanti preparati possiamo evitare che riforme come questa finiscano per compromettere la coesione nazionale. Equità dei diritti, che non vuol dire opporsi al cambiamento, ma garantire che tale trasformazione rispetti i principi costituzionali senza lasciare indietro nessuno.

Arianna D’Angelo

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Arianna D’Angelo

Arianna, classe ‘98. Mi piacciono le arti visive e musicali. Per me scrivere è esternare il mio mondo interno raccontando ciò che mi appassiona. L’Arianna del mito greco liberò Minosse con il suo filo e io con la mia scrittura libero il mio mondo e ve lo racconto.
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