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Restauro e nuove tecnologie: IA e 3D

Cosa ci viene in mente quando pensiamo al restauro? Sicuramente, la prima immagine che ci viene in mente è quella delle mani di chi, con bisturi e pennelli sottili, ridà vita a superfici fragili. È un’immagine vera, ma da qualche tempo risulta anche incompleta. 

Oggi, la manualità del restauratore trova il supporto della tecnologia, come scanner 3D, algoritmi di intelligenza artificiale, sistemi GIS (Geographic Information System) e piattaforme H-BIM, per la creazione accurata di modelli 3D di edifici storici, basati su rilievi come laser scanner e fotogrammetria. Tutta una serie di tecnologie ormai fondamentali per la conservazione del patrimonio. 

Non si tratta di strumenti alternativi che sostituiscono la persona, ma sono complementari in quanto aiutano a conoscere meglio ciò che si restaura, a ridurre i rischi di errore, e soprattutto permettono di pensare al patrimonio come qualcosa di vivo da monitorare nel tempo. 

Intelligenza artificiale

Negli ultimi l’intelligenza artificiale ha mostrato tutto il suo potenziale nel sostegno alle opere di restauro e recupero del patrimonio artistico e architettonico. Attraverso il machine learning è possibile addestrare gli algoritmi a riconoscere schemi e anomalie in migliaia di immagini multispettrali. Cosa comporta questo? Per esempio, è possibile riconoscere microfessure all’interno di un affresco prima che diventino danni visibili, oppure distinguere un pigmento originale da una ridipintura recente. 

Tra tanti esempi, potremmo citare la Cappella degli Scrovegni a Padova, dover i sistemi di acquisizione e analisi digitale hanno permesso di mappare l’evoluzione delle crepe e delle variazioni cromatiche dovute all’umidità e/o inquinamento. L’Ia non potrà mai sostituire un occhio umano esperto, ma può integrarlo, diventando un occhio che osserva senza sosta e restituisce informazioni fondamentali per restauro e conservazione. 

Modelli 3D e GIS

Le tecniche di rilievo tridimensionale garantiscono che nulla “vada perduto”: laser scanner e fotogrammetria creano nuvole di punti ad altissima intensità che, elaborate, diventano modelli 3D accurati di statue, edifici, apparati decorativi. Questi modelli permettono le realizzazioni di simulazioni statiche, di analizzare come una struttura reagirebbe ad un sisma, oppure studiare ipotesi di ricostruzione. Questi modelli permettono visite virtuali, come al Foro di Traiano a Roma, ricostruito digitalmente e fruibile attraverso esperienze immersive che raccontano al visitatore la sua forma originaria. 

Il Geographic Information System consente di collocare un bene in un contesto territoriale preciso. Ogni informazione, dai dati climatici al rischio idrogeologico, può essere georeferenziata e collegata allo stato di conservazione. Un caso interessante è quello della Valle dei Templi di Agrigento: qui le informazioni topografiche e ambientali vengono integrate in un sistema di monitoraggio costante sugli effetti dell’erosione e dei cambiamenti climatici. In questo modo è possibile intervenire non solo su un singolo tempio, ma sull’intero paesaggio culturale. 

H-BIM: il fulcro della rivoluzione digitale

Un passo ulteriore è rappresentato dal BIM, in particolare dall’H-BIM (Heritage Building Information Model), un sistema nato per l’edilizia contemporanea, consistente nella creazione di un modello digitale intelligente che associa ogni elemento geometrico a una serie di dati: materiali, cronologie, costi, fasi di cantiere. L’H-BIM adatta questo metodo al patrimonio storico con tutte le sue problematiche: le irregolarità geometriche, le stratificazioni, le modifiche nel tempo. Il risultato è un modello non semplicemente tridimensionale ma informativo: una sorta di “gemello digitale” dell’edificio, aggiornabile e consultabile da più figure professionali. 

La Basilica di Collemaggio all’Aquila, distrutta dal terremoto del 2009, è stata uno dei primi gfrandi cantieri a sperimentare l’H-BIM, dopo un rilievo integrato con laser scanner e fotogrammetria, è stato costruito un modello digitale che non si limitava a riprodurre archi e colonne, ma conteneva informazioni strutturali, diagnostiche e storiche. Questo modello è stato utilissimo nella stima di costi e tempi e nella coordinazione delle squadre di lavoro. Un “laboratorio digitale” che ha permesso alla basilica di rinascere con maggiore consapevolezza e sicurezza.

Per il Duomo di Milano il passaggio all’H-BIM è stato “naturale”. È stato creato un modello informativo che permette di monitorare lo stato di ogni elemento. L’H-BIM è stato integrato con i sistemi GIS che registrano i danni ambientali come le piogge acide, smog ed erosione. In questo modo i restauratori possono prevedere dove il marmo sarà più esposto e programmare interventi prima che il danno diventi critico. 

A Santa Maria del Fiore, invece, l’attenzione si è concentrata sulla catena lignea che abbraccia la cupola del Brunelleschi e ne garantisce la stabilità. Un sistema per secoli nascosto, conosciuto solo dai dotti della materia, ma ora monitorato in modo sistematico. Questa catena è stata digitalizzata, trasformata in oggetti parametrici dotati di attributi: materiale, stato di conservazione, cronologia degli interventi. Non ci si limita più a restaurare quando serve, ma si programma una manutenzione predittiva basata su dati scientifici. 

Conclusione 

Tutte queste esperienze mostrano un netto cambio di paradigma: il restauro non è più visto come un intervento emergenziale, ma come un qualcosa di preventivo e programmato. Tuttavia, la complessità delle geometrie storiche rende spesso difficile la modellazione parametrica. La quantità di dati generati richiede sempre nuovi strumenti e competenze e soprattutto serve una vera cultura multidisciplinare che metta attorno allo stesso tavolo restauratori, storici, ingegneri e informatici. 

Lungi dal sostituire la manualità e la sensibilità del restauratore, queste tecnologie ci affiancano e rendono il lavoro più sicuro ed efficace. Ogni affresco, ogni chiesa, ogni scultura, può avere una doppia vita: quella materiale e quella digitale ed è proprio questa doppia vita a poterne garantire il futuro. Custodire il patrimonio non significa solo salvarlo dal tempo, ma anche renderlo accessibile, comprensibile e fruibile. 

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Roberto Spanò

Classe 1995, sono laureato in Scienze Storiche e Orientalistiche (con focus su gender studies, colonial and post-colonial studies). Ho conseguito un Master in Gestione dell’arte e dei Beni Culturali. Fin dall’inizio dei miei studi sono sempre stato convinto che materie come storia, sociologia, antropologia e filosofia non possano essere considerate come dei comparti stagni, credo nella multidisciplinarietà ed è la caratteristica che ho sempre cercato di dare alle mie pubblicazioni. Credo fortemente che la storia non ci serva semplicemente per ricordare a memoria date ed eventi, ma ci serve per capire i perché del mondo di oggi, ci serve per smontare falsi miti, per rispondere a chi propaganda fake news e tesi campate in aria. Il mio scopo è quello di rendere comprensibili temi complessi, di far appassionare chi pensava, magari a causa di un cattivo insegnate alle superiori, che la storia sia noiosa e inutile.
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