Marketing esperienziale e metaverso, il libretto istruzioni IKEA

IKEA non è solo una catena di negozi di arredamento e accessori casa, ma un vero e proprio caso di studio globale di marketing esperienziale.
La mission non è solo venderti un mobile e arrivederci, il vero colpo di genio è creare un percorso di consumo immersivo, che parte dalla sedia da scrivania, passa per le polpette con la salsa, e oggi arriva fino al metaverso.
Una specie di ecosistema costruito a tavolino (anzi a piantina, rigorosamente piegata male dentro il carrello insieme alle millemila matite e metri). Dai mobili alle candele profumate, fino allo spazio su Roblox, ogni dettaglio è pensato per farti vivere un’esperienza totale. Non è un caso che IKEA venga studiata nelle università di marketing.
Il Neuromarketing, come agisce?
Tranquilli, nessun microchip o roba varia. Il neuromarketing è l’applicazione delle neuroscienze al consumo. Detto maccheronicamente studia come il nostro cervello reagisce a pubblicità, scaffali, colori, prezzi e perfino a un vassoio di dolcetti.
Il neuromarketing è quell’amico che studia ogni tua mossa, non si limita a chiederti se ti piace questa sedia, va a fondo, analizza i micro-segnali, le emozioni inconsapevoli, le piccole trappole cognitive che decidono al posto nostro. È una scienza governata da emozioni, percezioni e… senso di colpa per aver comprato l’ennesima pianta finta.
Il labirinto che ti muove (e nemmeno te ne accorgi)
Eccolo! Il segreto più evidente: il layout a labirinto. Non puoi andare dritto al reparto che ti serve, sei costretto a fare tutto il giro (si pure quando vai di fretta e pure se tagli per le cucine comunque una parte lo devi percorrere)
Risultato? Entri convinto di prendere solo una sedia, esci con bicchieri, set di piatti, una piantina finta (che morirà comunque) e candele sufficienti per un rito esoterico di luna gialla rossa o quello che è. Non è magia, non ci stanno fregando e non cielodiconoooo!!!!111 – Si tratta solo di strategia, più tempo passi nel labirinto più il tuo carrello (o busta blu) si gonfia.
Prezzi che sembrano più bassi (anche quando non lo sono)
Qui entriamo nell’arte dell’ancoraggio dei prezzi. IKEA va oltre il 3×2 anni 90, ti piazza subito, appena entri un divano da 799 euro, tu sei lì per le candele e quel divano ti sembra un salasso. Poi ti propone una poltrona a 199 e allora pensi “vabbè ecco già è meglio, è un affare!” Infine la lampada a 29 euro sembra quasi una donazione benefica, per non parlare poi della tazzina a 5 euro che ormai la compri in stile baratto.
La verità è che il tuo cervello fa i conti da solo. Il confronto col prezzo alto ti ha ingannato. Non è convenienza, è totale psicologia. IKEA ti da l’illusione costante di aver risparmiato, quella illusione di chi prende il caffè col dolcificante dopo il pranzo della domenica a Napoli.
Il tempo sembra fermarsi
Hai mai notato che dentro IKEA non ci sono finestre, orologi o uscite visibili? Non è un difetto di design, è un’altra scelta chirurgica. Senza riferimenti temporali, perdi la nozione delle ore. Così il “passo solo per mezz’ora” diventa tre ore di vagabondaggio tra cucine da sogno e letti matrimoniali che manco in un hotel a cinque stelle. È la stessa logica dei casinò di Las Vegas, se non sai che ore sono, continui a giocare.
L’Effetto IKEA. Quando il montaggio diventa amore (e odio)
C’è persino un nome scientifico: Effetto IKEA. Montare un mobile con le tue mani lo rende automaticamente più prezioso ai tuoi occhi. Non importa se hai bestemmiato in aramaico per tre ore davanti a una vite di legno che non si infila nel buco, il cervello registra fatica quindi valore. In più, zero resi. Restituire significa smontare, e dopo quella guerra con le viti nessuno ha voglia di ricominciare. Così un comodino storto diventa il tuo piccolo Frankenstein domestico, da difendere fino alla morte pure se l’amico ti dirà che è orribile, per te è meraviglioso. Solo tu sai quanta fatica nel sceglierlo, caricarlo in macchina, portarlo a casa, montarlo. Chi lo restituisce? CHI?! Un colpo di genio insomma, trasformare il montaggio da incubo a atto d’amore (tossico in alcuni casi)
Il neuromarketing che tocca il senso del gusto
Poi c’è la trappola finale: il ristorante. Non è un servizio extra, è un’altra arma di marketing. Le polpette svedesi sono più famose del tavolo Lack, gli hot dog a un euro ti fanno dimenticare la coda alle casse, il gelato a 50 cent è il premio consolatorio. Prezzi ridicoli, margini bassissimi, non servono a fare profitto, ma a ribadire che da IKEA “conviene sempre”.
E subito dopo, come se non bastasse, ti trovi davanti al minimarket svedese. Non è casuale, qui trovi gli stessi identici prodotti del ristorante – dalle polpette surgelate alla marmellata di mirtilli, fino alla salsa che hai appena provato. Strategia geniale, perché trasforma tutto in un ricordo come un prolungamento dell’esperienza. trasformare un pranzo veloce in un ricordo gastronomico da portare a casa. E ovviamente, vale sempre la regola principale: più resti, più compri. Perché il classico “Facciamo una pausa e poi ripartiamo” si traduce sempre in “Torniamo dentro e aggiungiamo altre candele al carrello”.
La pubblicità IKEA tra ironia e inclusione
Anche la pubblicità di IKEA è diventata un punto di riferimento. Da campagne emozionali come “Where Life Happens”, che raccontano scene di vita quotidiana autentica, fino all’instant marketing capace di cavalcare eventi globali o nazionali con ironia e leggerezza. La forza è sempre la stessa, comunicare senza gridare, usando un linguaggio vicino, inclusivo, che ti fa sentire parte di una comunità. IKEA non ti parla come un brand distante, ma come un amico che ti consiglia un nuovo modo di vivere la tua casa, accogliente come le sue coperte e i suoi divanoni.
IKEA nel metaverso: il caso Roblox
Negli ultimi mesi IKEA ha fatto un passo ulteriore, l’ingresso nel metaverso di Roblox. Per i profani, Roblox è un gioco online dove gli utenti possono arredare spazi virtuali, lavorare come dipendenti digitali e guadagnare valuta da spendere all’interno del gioco. Non è un semplice divertimento, è un’operazione di engagement con la Gen Alpha, ma anche una mossa di employer branding che presenta IKEA come datore di lavoro innovativo e vicino alle nuove generazioni. Infatti permette addirittura agli utenti di guadagnare se lavorano presso IKEA Roblox, guadagnare in Rubox vabbè ma è il pensiero che conta. In questo modo IKEA guadagna punti pure con la Generazione Alpha che insomma non è che salta di gioia quando gli si propone un meraviglioso pomeriggio tra le forchette e le piantine.
Conclusione, un ecosistema parallelo
Alla fine della visita, magari torni a casa stanco, con un carrello pieno di oggetti che non avevi programmato di comprare e con la pancia piena di polpette. Eppure, sei convinto di aver fatto un affare, e tutto sommato si è stati anche bene. È questo il vero colpo di genio di IKEA, trasformare il consumo in un’esperienza totale, dove ogni dettaglio – dal prezzo alla pubblicità, dal montaggio al cibo – è pensato per farti sentire parte di un mondo che è accessibile a tutte e tutti, perché è pensato per le famiglie, ma non ha genere. Ha percorsi per disabili ma senza distinguere, ha prezzi democratici per tutte le tasche, permette pagamenti di ogni tipo, carte regalo, resi pure per gli stracci da cucina. Ha da sempre rispettato l’ambiente nei limiti del possibile con riciclo, sostenibilità autentica. Non un negozio di mobili, ma un ecosistema di vita quotidiana, certo, resta capitalismo puro, impacchettato sotto comfort zone, ma è un capitalismo che funziona, perché ci fa sentire parte di un mondo semplice, accessibile e tutto sommato rassicurante.
Un mondo dove, alla fine, siamo noi stessi a dire che va bene così e montiamoci pure questa illusione.
Serena Parascandolo
Leggi Anche: IKEA mon amour