Il crinale innovativo delle rivolte in Nepal

La rivoluzione dei giovani in Nepal è destinata a lasciare un marchio impresso nella storia non solo per l’esito che ha provocato – un cambio di regime e l’avvento di una nuova era politica nel paese, con la prima premier donna, l’ex presidente della Corte Suprema Sushila Karki, chiamata a guidare il governo di transizione fino alle elezioni del prossimo marzo – bensì per il suo animo innovativo e profondamente autentico.
Non è stata una rivolta di palazzo o fomentata da potenze esterne, né arrivata al culmine di una logorante guerra civile. Piuttosto, ha dimostrato la forza d’animo e l’intento comune di una popolazione con differenze culturali, etniche e religiose (in Nepal convivono oltre 100 gruppi etnici differenti, comunità di fede buddista, islamica sia di componente sciita che sunnita, sincretista) di garantirsi un futuro migliore. Non solo, la rivolta nepalese ha una caratteristica senza precedenti: in netta maggioranza, l’hanno compiuta i giovani della Gen Z e non sfruttando sigle politiche o comunità riconducibile a singole leadership, ma dando una pura linfa ideologica a simboli ed idee.
Tra queste, il patriottismo, declinato senza un intento prevaricatore, nazionalista o espansionistico, piuttosto capace di evidenziare l’intento di aprire un capitolo nuovo nella storia del Nepal attingendo alla sua storia fiera. Stato dal passato rivoluzionario, ha attraversato fasi istituzionali complesse sfociate già in movimenti rivoluzionari ma che, al proprio culmine, non avevano inciso una spinta riformatrice sul crinale politico.
Soprattutto, per la volontà dei vertici istituzionali di centralizzare il potere ed attuare repressione verso le opposizioni, soprattutto popolari. In questo caso la bandiera ha assunto una declinazione sociologica oltre che simbolica: è stata sventolata con fierezza durante tutti i giorni, anche in prossimità dei luoghi del potere dati alle fiamme o distrutti.
Dietro al suo utilizzo, tuttavia, l’intento primario dei giovani nepalesi era però dividere l’idea di difesa della patria dall’affiliazione con uno status quo politico corrotto ed invalidante per ogni prospettiva democratica potenziale, che il regime aveva consolidato. Pur contestando sempre l’utilizzo della violenza quale metodo di risoluzione delle controversie politiche, è impossibile negare come la rivolta armata nepalese sia contraddistinta da tratti differenti rispetto a quelle già conosciute: ha visto l’elezione della nuova premier tramite la piattaforma Discord, trasmesso esempio di coraggio e caparbietà di una generazione giovane che desidera l’indipendenza, in uno stato asiatico conteso tra l’imperialismo cinese e la volontà indiana di mantenere una sfera di influenza negli stati limitrofi.
Quale futuro politico potrà dare ad un paese da ricostruire sul crinale istituzionale? E quanto collega i suoi tratti a caratteristiche di libertà, sociologiche e culturali a cui in Europa dovremmo prestare maggiore attenzione?
Il solo averci portato a porci la seconda domanda, è un risultato che le rivolte in Nepal hanno conseguito e può spingerci a riflettere.
TOMMASO ALESSANDRO DE FILIPPO
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