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Riforma (e controriforma) della commedia in Italia nel ‘600

A partire dalla seconda metà del ‘600, l’Europa vede una vera e propria crisi della commedia dell’arte, causata innanzitutto da un cambio di interessi delle corti, sempre più interessate al melodramma e costringendo le compagnie a spostarsi. 

Ma non è solo un cambio di interessi: tra i motivi della profonda crisi vi sono anche la pressante censura morale e religiosa, ma anche la mancanza di personalità di rilievo, come gli attori-autori che avevano caratterizzato il secolo precedente.

La commedia dell’arte si era trasformata in uno spettacolo ripetitivo di scenari scontati con effetti comici banali, indirizzato ad un pubblico dai gusti semplici e poco esigente. Insomma, più il successo era facile da ottenere meglio era. 

Ma non a tutti andava bene tutto ciò.

Per far fronte alla crisi, un gruppo di drammaturghi toscani cercarono di introdurre nelle proprie commedie un intreccio chiaro e compatto, con motivi e personaggi legati alla tradizione comica toscana e alla vivacità della lingua, ma purtroppo ciò rimase confinato agli ambienti letterari e non riuscì a raggiungere le compagnie.

In quel periodo ci fu un nome tra tutti che mise in atto una vera e propria riforma del teatro: Carlo Goldoni

La riforma del teatro di Carlo Goldoni

Carlo Goldoni ha da sempre lavorato nel mondo del teatro, inizialmente affiancando la sua attività teatrale – che era saltuaria – a quella di avvocato, ma dal 1748 diventa autore legato per contratto ad una compagnia o a un teatro ai quali deve fornire in ogni stagione teatrale un certo numero di copioni affinché sostengano gli incassi della formazione.

Spesso certi tipi di contratti lo obbligavano ad andare in tournée con la compagnia, ed è in questo modo che iniziò ad acquisire una profonda conoscenza dei meccanismi teatrali, dal modo in cui lavoravano gli attori alle logiche della produzione scenica.

Il tempo passa e Goldoni si appassiona sempre di più al mondo teatrale, arrivando a collaborare con la compagnia del capocomico della commedia dell’arte Giuseppe Imer, con cui iniziò a sperimentare nuove tipologie di scrittura comica che prevedevano una parte scritta solo per il protagonista e una parte dedicata all’improvvisazione degli attori, arrivando più tardi alla prima commedia interamente scritta dall’autore con La donna di garbo (1743).

Dopo un periodo di allontanamento dal teatro, in cui si è dedicato alla professione da avvocato, ritorna nel 1747 con una vera e propria svolta: Cesare D’Arbes, attore della commedia dell’arte, chiede allo scrittore veneziano di scrivere per lui una nuova commedia ed è in questo momento che Goldoni si allontana definitivamente dall’avvocatura, spinto dalla compagnia di Girolamo Medebach.

Il capocomico Medebach propone a Goldoni un regolare contratto di autore per la composizione di un nuovo repertorio, contratto che accetta, trovandosi con una compagnia di recente formazione e versatile, disposta alle sperimentazioni, trovando terreno fertile per l’inizio della propria riforma teatrale.

I testi scritti per la compagnia si caratterizzano per l’impostazione realistica delle vicende, ispirate alla vita contemporanea e con un’ambientazione spesso veneziana, anche se continuano ad apparire alcuni elementi tipici della commedia dell’arte come travestimenti, scambi di persone e gang comiche.

Nel giro di pochi anni Goldoni, con una serie di successi, riesce a modificare gradualmente le abitudini della scrittura comica proponendo un modello di teatro che egli stesso definisce “riformato”, senza sconvolgere il pubblico ma accompagnandolo al cambiamento.

Il suo contributo impone al teatro la supremazia del testo interamente scritto e il passaggio dalla recitazione improvvisata alla tecnica premeditata, basata sullo studio della parte, esaltando il talento dell’attore. La commedia riformata va di pari passo con la società contemporanea, fondata sui due pilastri ispiratori del Mondo e del Teatro.

Per Mondo si intende l’ispirazione diretta alla vita contemporanea con le sue dinamiche sociali e il suo sistema di valori, che viene filtrata dal Teatro, cioè dalle tecniche e procedimenti artigianali che adattano al linguaggio e alle convenzioni della scena i contenuti, rendendoli attrattivi per il pubblico.

La controriforma di Carlo Gozzi

Goldoni, durante la sua attività teatrale, si crea anche dei nemici, tra i quali troviamo Carlo Gozzi. L’ostilità verso Goldoni inizia a manifestarsi soprattutto verso la metà degli anni Cinquanta del Settecento nel contesto veneziano, dove il dibattito sul teatro è assai acceso e mosso da ragioni commerciali, culturali e letterarie.

Ma l’attacco di Gozzi è connotato dalle sue profonde radici antilluministiche: riconosce il valore innovativo del teatro di Goldoni, ma lo giudica un pericoloso attacco alla tradizione e alla stessa struttura della società veneziana. Inoltre, lo accusa di venalità, ironizzando sulla sua facile popolarità che ha ottenuto con strumenti volgari, accusandolo di ignoranza della lingua italiana e delle regole della composizione letteraria.

Decide, così, di attuare una controriforma teatrale all’inizio degli anni Sessanta, riprendendo nei testi i migliori stilemi della commedia dell’arte, che sono ancora in grado di entusiasmare il pubblico.

Grazie al suo primo esperimento, composto da L’amore delle tre melarance (1761), Gozzi si convince a diventare autore dilettante e a titolo gratuito, con un repertorio di testi basati su vicende di impianto esotico e fiabesco, dove sono introdotti i personaggi tipici della commedia dell’arte, con effetti scenici, trasformazioni, magie e incantesimi che, tramite alcune macchine da teatro barocco, talvolta si svolgono sulla scena.

Il teatro di Gozzi ha intento ludico, di intrattenimento, ma che prevedono anche l’esaltazione dei valori della tradizione, il rispetto delle autorità, delle gerarchie, della religione, e il ripristino dello status quo. 

Gradualmente inizia a passare dalla commedia dell’arte a un nuovo filone di teatro romanzesco, ispirato ai modelli del teatro spagnolo: si tratta dei cosiddetti “drammi spagnoleschi”, composti da trame articolate e personaggi funzionali a rispettare precisi ruoli in commedia, garantendo, dopo fantastiche peripezie, uno scioglimento consolatorio con il ripristino dei rapporti gerarchici e dell’ordine costituito.

Irene Ippolito

Iris Ippolito

Sono Irene “Iris” Ippolito, classe 2002 nata e cresciuta a Napoli. Tra un libro ed un altro, ho scoperto di voler lavorare nel mondo dello spettacolo e della scrittura. La mia passione per lo spettacolo è nata grazie anche al laboratorio teatrale ScugnizzArt, che mi ha accompagnato alla scoperta di me stessa per ben 3 anni. Lo sport è quel mondo che mi ha dato la spinta di mettermi in gioco nella scrittura, diventando il mio migliore amico.
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