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“Persepolis” di Marjane Satrapi è un grido di resistenza che attraversa il tempo

“È il 2000 e in Francia sta per scoppiare il caso editoriale del decennio: il fumetto di una giovane autrice iraniana invade le librerie e conquista in breve tempo il mercato mondiale”.

Si tratta di Persepolis, il fumetto storico autobiografico scritto e disegnato dall’autrice iraniana Marjane Satrapi di cui discuteremo ad Archetipe, il bookclub transfemminista che stavolta si mescolerà con le magnifiche iniziative del Campania libri festival.

Il fumetto racconta in maniera semplice, appassionante e talvolta ironica temi complessi come l’oppressione femminile in Iran conseguente all’estremismo religioso della Repubblica islamica; l’ordinarietà della vita, che tra paura e resistenza procede sospesa anche in un sistema extra-ordinario come quello della guerra; l’emigrazione e il vortice della depressione; la manipolazione dell’informazione e delle menti del popolo iraniano. Alterna vignette che portano avanti la narrazione ad altre puramente informative in cui la piccola Marjane si rivolge al lettore con il dito alzato in fare da maestra.

L’opera narra infatti la vita dell’autrice a partire dall’infanzia fino all’età adulta. È il 1979, Marjane ha dieci anni e vive a Teheran, in Iran. È cresciuta in un paese laico che ama, si veste come vuole e frequenta una scuola mista bilingue, dove impara anche il francese. Vive con una mamma e un papà progressisti che le hanno insegnato a far sentire la sua voce e a proteggere sempre la sua libertà. Fino all’arrivo della rivoluzione. Nata per rovesciare la monarchia autoritaria dello Scià, questa porterà all’instaurarsi della Repubblica Islamica e alla rapida ascesa dell’estremismo religioso. Il nuovo governo impone leggi patriarcali e restrittive soprattutto nei confronti delle donne, obbligate a coprirsi il capo e il corpo in pubblico per evitare che la vista delle loro curve o dei loro capelli possa “eccitare gli uomini”. Per lo stesso motivo, è vietato parlare con qualsiasi uomo che non sia un marito o un parente, truccarsi, bere, acquistare prodotti occidentali che possano agitare le coscienze e distogliere dai “principi religiosi”. Le scuole straniere vengono chiuse e le classi miste abolite per garantire la separazione tra i sessi. 

“Il regime aveva capito che una persona che usciva di casa domandandosi: avrò i pantaloni abbastanza lunghi? Sarà a posto il foulard? Si noterà che sono un po’ truccata? Mi frusteranno? Non si chiedeva più: Dov’è andata a finire la mia libertà di pensiero? Potrò mai esprimermi liberamente? Vale la pena continuare a vivere? Cosa fanno ai prigionieri politici?”

Persepolis, Marjane Satrapi

Sullo sfondo della rivoluzione e della conseguente guerra tra Iran e Iraq, Persepolis racconta la resistenza di Marjane e di tutta la sua famiglia, prima attraverso gli occhi di una bambina, patriottica e incosciente ma innamorata del suo paese, che si intrufola alle manifestazioni di nascosto con i capelli mai del tutto velati; e poi attraverso quelli di una donna, più consapevole degli orrori della guerra, che si oppone alle restrizioni del regime con arguzia e determinazione, ma sempre con qualche ciocca lasciata al vento.

L’autrice disegna Marjane e tutta la sua famiglia intenta a leggere, a guardare la televisione, a discutere di politica, persino ad organizzare feste clandestine in casa con amici e parenti, balli e alcol. Per sopravvivere ma anche per resistere. Ci mostra ciò che lascia sempre sbigottiti tutti quelli che sono nati dalla parte “giusta” del mondo. Che c’è vita dentro la guerra. Che anche “mostrare il polso, ridere forte, avere un walkman..” possono diventare piccoli gesti di resistenza quotidiana. 

Ma ci racconta anche della necessità di emigrare, di lasciare la propria terra con il cuore pesante, tra le macerie dei palazzi e il ricordo di come era prima. 

Per farla sfuggire alla guerra e per difendere le libertà della loro unica figlia, i genitori di Marjane la mandano a studiare in Austria. L’Occidente è affascinante, è la meta della musica senza limiti, delle scarpe alla moda, dell’indipendenza e della tanto desiderata libertà di autodeterminarsi. 

Stare lontana da Teheran però non è come pensava. I conflitti del suo paese – che adesso può seguire solo attraverso i media occidentali – si intrecciano con il crescere di quelli interiori. Marjane viveva per la sua terra, ma non amava più come questa la obbligava a vivere. Dal canto suo, l’Occidente la affascina e la sconvolge. Qui è una donna libera, ma è anche un’emarginata e un’immigrata. Ed è proprio qui che si accorge di aver interiorizzato molti degli insegnamenti di quella società pudica e punitiva da cui è fuggita. La libertà sessuale della sua amica Julie, la padronanza del proprio corpo, il consumo smodato di alcol e droghe, le fanno vivere un vero e proprio shock culturale. Quella società le scorre nelle vene anche quando prova a tagliarsele. Le intossica il sangue anche se la sua famiglia ha sempre provato a tenerla integra e fedele alle sue convinzioni. Le orecchie ricordano il rumore delle bombe anche se non lo sentono più. L’amore per l’Iran si trasforma in senso di colpa.

Per questo la sua lotta al patriarcato è così autentica e potente: perché la combatte fuori e dentro. Si decostruisce, si smonta, si guarda, e quando tutto crolla, quando finalmente può essere davvero chi desidera essere, non lo sa più. 

La svolta arriva quando, di nuovo in terra natia e accanto alla sua famiglia, Marjane comincia a studiare arte all’università locale. I vestiti che indossa sono uguali a quelli che le donne del suo paese indossavano quando se n’è andata ed anche il velo in testa è tornato. Ma adesso sa bene che può occupare molto più spazio di quanto viene concesso alle donne iraniane e lo usa per dar voce anche a loro. 

Oppure, talvolta, per aprir loro gli occhi.

“Avrei potuto dirle anche di più: che era una frustrata perché era ancora vergine a ventisette anni! Che mi vietava ciò che in verità era vietato a lei! Che sposare uno sconosciuto, soltanto per denaro, era una forma di prostituzione. Che, nonostante le sue labbra rosse e i suoi colpi di sole, era l’incarnazione del potere.”

Persepolis, Marjane Satrapi

Il potere degli uomini iraniani sulle donne iraniane. Ma non solo. Marjane scrive e disegna più di trecento pagine per raccontare il patriarcato iraniano e la Repubblica islamica depurando la narrazione dai pregiudizi sull’Iran e sulla sua gente, mostrando la realtà complessa e contraddittoria di entrambi. Ma le basta una pagina soltanto per racchiudere il senso, forse, di tutto quanto. Per configurare l’oppressione come un male che valica le frontiere.

“La libertà ha sempre un prezzo”. È la frase che segna la fine dell’opera. È l’eco che giunge fino a noi, che infrange i vetri delle stazioni durante le rivoluzioni. Persepolis è un grido di resistenza che attraversa il tempo e arriva fino ai nostri giorni, in un momento storico in cui, più che mai, è necessario sia gridare, che resistere.

Contro l’oppressione dei governi, degli uomini che tappano la bocca, delle tirannie tutte.

Ci vediamo ad Archetipe ad ottobre, nel Palazzo Reale di Napoli, per discuterne insieme. 

Simona Settembrini

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Simona Settembrini

Simona Settembrini, classe 2001, laureata in “Culture Digitali e della Comunicazione”. Per descrivermi al meglio, direi che l’amore, in qualunque sua forma, è sempre al primo posto nella mia vita. Scrivo perché mi aiuta a rendere il mondo meno confuso e per mettere nero su bianco le mie emozioni e quelle degli altri, perché in fondo sono tutte uguali.
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